La destra usa il volto di un uomo giudicato assassino, estradato da un carcere in Florida, per colpire gli elettori con l’immagine di una leader a cui tutto riesce. Accade mentre il nostro paese non aderisce alla dichiarazione Ue per politiche di uguaglianza e rispetto dei diritti della comunità LGBT+. Un messaggio politico: l'Italia sta con i Paesi dell'ex blocco sovietico. Il paese fondatore dell’Ue non c’è più
L’Europa è lontana. Valicare le Alpi con le idee è un’impresa titanica. Anche in questo caso, come per i viaggi, la parte del leone la fa il low-cost. Politica spazzatura. La propaganda di destra in questi giorni usa il volto di un uomo giudicato assassino, estradato da un carcere della Florida a una prigione italiana (un detenuto doc, vista la sua vicinanza ideologica al governo). Un evento, l’arrivo del detenuto a Fiumicino, con tanto di fanfara, come se fosse un capo di Stato.
L’immagine è quella di Giorgia Meloni grande statista a cui tutto riesce – senza dire che il governatore della Florida, Ron DeSantis, è un italo-americano di provata destra, avversario di Joe Biden e sbeffeggiato dal contendente di partito Donald Trump che lo ha liquidato strapazzandone il cognome (“Santorum”). Con le elezioni europee tutto ciò non ha nulla a che fare, ovviamente. Ma il messaggio della leader che gioca sulle due sponde dell’Atlantico come se fossero quelle di una bocciofila romana deve colpire l’immaginario degli elettori. La politica trash è il palinsesto asfissiante di RaiMediaset. Dell’Europa, poco o nulla.
Che idea di Europa ha la destra-destra? Alcune idee sono note da tempo: estendere l’ideologia etno-nazionalista al continente (lo diceva già il primo punto del programma elettorale di FdI per il 2022) e difendere l’identità giudaico-cristiana e antislamica. Per la destra questo è il fondamento della politica estera europea: sigillare le frontiere con campi di concentramento (alcuni per procura) per gli immigrati clandestini.
In relativa continuità con le politiche nazionali ed europee adottate dai governi precedenti, non necessariamente di destra. Niente di nuovo, dunque. Perché allarmarsi? Ma non è così. La destra vuole accreditarsi in Europa come assolutamente in sintonia con la tradizione europeista. Tuttavia, i segnali che manda parlano un linguaggio molto diverso e irricevibile.
La destra non ha una cultura dei diritti. Anzi, asseconda l’idea che i diritti appartengano a qualcuno, per cui la maggioranza ha il diritto di decidere se e quali sostenere. In altre parole, i diritti dei trans* sarebbero diritti per e di coloro che non sono “normali”; pertanto, è legittimo che il governo stia dalla parte della maggioranza “normale”. Ecco quindi che, mentre Meloni dice in tv che il suo governo si batte contro le discriminazioni, l’Italia non aderisce alla dichiarazione del Consiglio dell’Unione europea per promuovere nei Paesi membri politiche di uguaglianza e rispetto dei diritti umani nei confronti delle persone della comunità LGBT+.
La dichiarazione è stata proposta dalla presidenza belga in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. In Italia si insiste nel dire che il documento ha “solo” un valore simbolico. Così non è. Perché gli effetti comportamentali non sono affatto simbolici. Un esempio: l’ospedale fiorentino di Careggi è bersaglio di un’azione punitiva che nega ai ricoverati con varianza di genere l’accesso ai farmaci salvavita. Il clima scatenato dalla destra ha l’effetto di provocare minacce ai familiari e ai medici che assistono questi pazienti.
Minimizzare la scelta dell’Italia di non aderire al documento europeo dicendo che è simbolico è cattiva informazione. Rifiutando quel documento si invia un chiaro messaggio politico: sui diritti, l’Italia di destra si schiera con i paesi dell’ex blocco sovietico e limitrofi: Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
L’Italia di Ventotene, che fu tra i fondatori dell’Unione, qui non c’è.
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