Sbagliano coloro che, indifferentemente, sovrappongono Milano a Orvieto. Se si considerano le più cruciali issues – politica estera, politica costituzionale, politica economica – grandi sono le distanze tra liberal(i) e cattolici democratici.
Due contestuali iniziative politiche fissate per il 18 gennaio prossimo rispettivamente promosse da ex Popolari (a Milano) e liberal per lo più ex Ds (a Orvieto) hanno dato la stura a una discussione che, in vario modo, concerne la dinamica interna al major party del centrosinistra, perno di un’alternativa alla destra al potere. Merita seguirlo.
Le chiavi di lettura
Semplificando, si possono dare tre chiavi di lettura delle due iniziative, che non di necessità si escludono tra loro. Quella offerta da Renzi: «L’inaugurazione di giochini mirati a fare fuori Schlein», lettura palesemente forzata e malevola di chi non è riuscito nell’impresa che si propose all’atto della sua rottura con il Pd.
Una seconda, francamente pigra, superficiale e interessata (wishful thinking) in capo a opinionisti legati all’establishment che, inclini al pregiudizio se non all’ostilità per tutto ciò che evoca la sinistra, accumunano indistintamente le due iniziative sotto la voce di un centrismo moderato ostile alla linea e alla leadership del Pd.
Una terza, infine, più benevola e positiva, che legge la cosa come sintomo di una vivacità interna a un partito che, pur con tutti i suoi limiti, più di altri si configura come partito, cioè come soggetto collettivo nel quale si discute e che non si risolve in una leadership personale.
Un segnale (quasi) positivo per Schlein
Ripeto: i tre approcci non si escludono e tuttavia mi piace privilegiare la terza lettura. Onde evitare tuttavia una certa confusione, penso sia utile fissare tre punti. Il primo: i liberal di Libertà Eguale sono oggettivamente i più distanti dalla linea oggi incarnata da Schlein e tuttavia non sono permeabili alla tentazione di occhieggiare a un centro moderato e autonomo fuori dal Pd.
Non a caso, essi, pur a suo tempo schieratissimi sulla linea Renzi segretario Pd, non lo seguirono nella sua scissione. Per visione e per cultura, essi si ispirano a una democrazia maggioritaria e governante, al bipolarismo, a una concezione del sistema politico imperniata su grandi partiti plurali e dunque sulla programmatica cooperazione tra laici e cattolici.
Una visione che coerentemente, in tema di leadership dell’intero campo progressista, li conduce a optare per Schlein, pur da loro così diversa, in quanto alla testa del major party.
Secondo: sbagliano coloro che, indifferentemente, sovrappongono Milano a Orvieto. Se si considerano le più cruciali issues – politica estera, politica costituzionale, politica economica – grandi sono le distanze tra liberal(i) e cattolici democratici. Questi ultimi inclini a un atlantismo più temperato, a un modello istituzionale più proporzionale e rappresentativo, nonché critici verso un impianto liberale-liberista.
Un dettaglio: significativa anche una idea positiva del fisco, quasi alla Padoa Schioppa, quale perno del patto sociale cui esemplarmente ha dato voce Ernesto Ruffini (tra i protagonisti a Milano) con le sue polemiche dimissioni e che difficilmente sposerebbe il dogma, il mantra ideologico della riduzione fiscale indiscriminata. Più di un dettaglio invece è l’ispirazione, per i cattolici democratici, del magistero di Francesco su pace, guerra, economia, migrazione. Non agevolmente compatibile con un moderatismo veterodemocristiano.
Terzo, infine: Prodi, che interverrà anch’egli a Milano, certo non può essere sospetto di nostalgie identitarie per un “partito cattolico”. Egli ideò e capeggiò l’Ulivo concepito sull’asse laici-cattolici; come “cattolico adulto” diede un dispiacere al suo ex amico cardinale Ruini sancendo la fine dell’unità politica del cattolici, con l’aggravante della convergenza con gli ex Pci; in dialettica con Berlusconi, incarnò la stagione della democrazia dell’alternanza imperniata su larghe coalizioni. Associare Prodi a operazioni regressive e velleitarie da nuova Dc in miniatura è del tutto fuori luogo.
Tre messe a punto che suggeriscono cautela rispetto a letture superficiali, che possono essere considerate in positivo persino rispetto a una leadership, quella di Schlein, rivelatasi meno precaria e fragile di quanto alcuni immaginassero e che dunque autorizza e stimola un fermento e un dibattito, in entrambi i casi, bon gre mal gre, non mirato a sostituirla.
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