L’insegnante punito con un provvedimento amministrativo per le frasi pronunciate contro il ministro Valditara durante un evento politico: con tale metro sarebbero perseguibili anche le manifestazioni sindacali
Ferve da qualche tempo il dibattito se in Italia si sia installato un regime, non dicasi “fascista” (perché secondo tanti autorevoli commentatori esso sarebbe morto con il suo creatore nei pressi di un muretto a Giulino di Mezzegra nel 1945) ma almeno “autoritario”.
Se ne è detto convinto tra gli ultimi Francesco Guccini in una bella intervista al Fatto e il dibattito è sicuramente destinato a crescere nei prossimi mesi specie dopo il dilagare dapprima in Europa e ora negli Usa dell’estrema destra da Orbán a Trump, quest’ultimo promosso da mero accidente della storia a rifondatore del mito dell’eccezionalismo americano.
In Italia diversi segnali si possono cogliere con una certa preoccupante frequenza. Dalla legislazione sulla sicurezza che punisce manifestazioni di dissenso e raduni musicali, ai provvedimenti sui migranti, ai magistrati bullizzati sulle emittenti retequattriste.
Solo in questi ultimi giorni ci è toccato assistere ad un’anomala convocazione a Palazzo Chigi del vice -presidente del Csm per non chiarite ragioni, ma in coincidenza di ulteriori provvedimenti di giudici di disapplicazione di leggi governative. Ed è ora freschissima la notizia della sospensione dal lavoro con relativa decurtazione dello stipendio dello scrittore ed insegnante Christian Raimo.
Questi a settembre in una manifestazione esclusivamente politica si è abbandonato ad un’ardita metafora contro il “suo” ministro Valditara, rappresentato come la “Morte nera” di Star Wars e dunque meritevole di «essere colpito» (con una manifestazione, beninteso) «perché tutto ciò che dice è… arrogante, cialtrone, lurido».
La mente va anche agli attacchi indirizzati ai magistrati Albano e Paternello colpevoli di aver esternato anch’essi in un convegno e in una chat chiusa delle proprie opinioni sull’azione politica del governo Meloni con termini certamente più contenuti ed anch’essi minacciati di sanzioni.
Non voglio dibatterne qui, se non altro per mancanza di spazio sulla tutela della libertà di opinione, che la Costituzione e una nutrita giurisprudenza garantiscono anche nelle forme estreme.
Come noto, di recente un giudice ha ritenuto meramente allegorico il riferimento ai genitali operato da Gianluigi Bersani riguardo al pensiero del generale Vannacci.
Il punto non è solo questo nel caso Raimo, ma c’è un aspetto ancora più grave e inaccettabile.
Il ministro Valditara si è detto offeso, ma invece di adire legittimamente un giudice lamentando a torto o ragione l’offesa, forse nel timore di incappare in una “toga rossa”, ha preferito fare giustizia da sé ed ha attivato un procedimento disciplinare interno.
Il problema è che egli ha usato in modo improprio una normativa (il regolamento di comportamento dei pubblici dipendenti) destinata a colpire non le parole pronunciate in una manifestazione politica ma casi di abuso della propria funzione da parte di un funzionario.
Le contestazioni mosse a Raimo puniscono ipotesi del tutto diverse di uso improprio della propria funzione e di mezzi di informazione, per «ottenere utilità» o per nuocere agli «interessi o all’immagine della pubblica amministrazione».
Sono ipotesi strettamente connesse all’esercizio della propria pubblica funzione mentre è pacifico che Raimo si sia espresso non in quanto dipendente del ministero di Valditara ma come privato cittadino commentando un intervento del “superiore”.
Sfugge al ministro e a chi ha comminato la sanzione che con tale metro sarebbero perseguibili anche le manifestazioni sindacali. O invece il punto è proprio la repressione del dissenso, una sorta di tic isterico come la risata del Joker?
Le norme e i regolamenti interni non si usano come manganelli: essi tutelano beni e valori di pubblico interesse come il principio costituzionale dell’imparzialità e del buon funzionamento della pubblica amministrazione, non la personale suscettibilità di un burocrate permaloso.
Altrimenti ci troveremmo di fronte al tentativo di mettere idealmente l’orbace al pubblico dipendente, all’oppositore politico, al dissidente come si usava un secolo fa con i pubblici funzionari. È questo il modello? Giusto per sapere, ministro.
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