Le manifestazioni “per l’Europa” del 15 marzo si terranno curiosamente nell’anniversario del primo sciopero globale per il clima, il 15 marzo 2019. Con manifestazioni in contemporanea in oltre 150 paesi, è la data che, se riusciremo a limitare il collasso climatico, verrà ricordata come l’inizio della più grande ondata di mobilitazioni ecologiste della storia.

L’onda Fridays For Future e una nuova consapevolezza ambientale segnarono le elezioni europee del maggio di quell’anno, con risultati straordinari dei partiti verdi e una Commissione, la von der Leyen I, motivata a portare avanti il Green Deal. Se i temi caratterizzanti di quel mandato erano la transizione ecologica e digitale, quelli dell’attuale Commissione sono indubbiamente le politiche securitarie e il riarmo, verso cui vengono reindirizzati fondi per il clima e la coesione.

Negli ultimi giorni, von der Leyen II ha fatto capire di voler ulteriormente innalzare le mura della Fortezza Europa su entrambi i fronti, promuovendo una nuova stretta per le espulsioni unificate delle persone migranti e lanciando l’eloquente piano ReArm Europe.

Solo che entrambi i provvedimenti sono insensati. Il primo aumenterà le sofferenze delle persone migranti e non ne diminuirà gli arrivi. Il secondo va nella direzione opposta di una difesa comune, che è auspicabile dal momento che già oggi i 27 stati membri sommati spendono in armi più della Russia, e avrà come principale risultato l’aumento dei già mostruosi profitti delle aziende belliche.

Migliorare l’Unione europea

Quello su cui l’Unione europea si fonda, affonda. Ma l’Europa è la nostra casa, e noi la vogliamo migliore. Dal libro “Per molti anni da domani” (Bollati Boringhieri), che racchiude le voci di 27 attivisti/e, uno/a da ciascun paese dell’Unione, emerge che sono tre le istanze che uniscono un’intera generazione di europei e le sfide su cui il destino dell’Europa si debba compiere: la richiesta di pace, la lotta per i diritti - delle donne, della comunità Lgbtqia+, delle persone migranti - e la sfida climatica, con una transizione ecologica che non faccia l’errore delle recenti politiche europee: lasciare indietro gli operai e i più vulnerabili.

La crisi ambientale è allo stesso tempo anticamera di una crisi sociale, economica e sanitaria, ma anche piattaforma di ogni cambiamento possibile. Questi temi sono centrali per la costruzione di un'Unione europea diversa e noi giovani - se ci viene concesso un po’ di spazio - siamo disposti a farcene portatori. La mia generazione è incastrata in un percorso che non ha scelto, e che se ne avesse avuto la possibilità non avrebbe mai percorso.

La repressione in atto è anche questo, non dare una scelta. La nostra scelta è di non abbassare la testa. Di non scendere a patti, di scendere in piazza. In quale piazza, dunque? A Roma, nella Piazza (del Popolo, ore 15) ideata da Michele Serra o in quella “disarmata” (Piazza Barberini, ore 15) lanciata, tra gli altri, da Ginevra Bompiani, Raniero La Valle e Yilmaz Orkan? A Torino, nella Piazza (Palazzo di Città, ore 16:30) supportata da 40 organizzazioni contro lo spaventoso ddl sicurezza o nella Piazza (CLN, ore 16) “perché l’Europa faccia qualcosa”?

La risposta è in tutte quelle piazze in cui è possibile portare questi temi: sì alla pace, no a questo liberi tutti sul riarmo; sì alla transizione ecologica, no alla “retromarcia verde” della Commissione europea; sì ai diritti, no alla repressione del governo italiano. Ricordando che la complessità e la diversità hanno un valore, mentre la frammentazione no.

Portate una bandiera dell’Unione europea, portate una bandiera della pace, portate anche un ombrello. Di fronte al diluvio in corso, stare insieme è il miglior modo per metterci al riparo.


"Per molti anni da domani. Ventisette attivisti europei scrivono di clima, pace e diritti” (Bollati Boringhieri) verrà presentato a Bruxelles l’8 aprile.

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