Ora che la riforma del Codice della strada è in vigore e ne sono state assimilate le più rilevanti novità, può essere utile evidenziare alcune incongruenze. Rilevanti anch’esse, ma forse meno conosciute. È sufficiente risultare positivi al test salivare antidroga (cannabis, oppiacei, benzodiazepine, ecc.) per essere puniti con multe fino a 6.000 euro, l’arresto fino a un anno, il ritiro immediato della patente, la sospensione della stessa fino a due anni e l’eventuale revoca per tre anni.

Non si sanziona più, com’era in precedenza, il fatto di essersi messi alla guida in uno stato di “alterazione psicofisica”, ponendo a rischio la sicurezza propria e altrui. Si sanziona, invece, l’assunzione di sostanze psicotrope di per sé. E non con una norma inserita nel Testo unico delle leggi in materia di stupefacenti, ma con una prescrizione del Codice della strada.

La norma è a rischio di illegittimità. La mera positività ai test, che rilevano cannabinoidi fino a molti giorni dopo il consumo, non implica l’essere un pericolo sulle strade. Quindi, non ha alcun senso sancire nel Codice della strada un divieto di guida per l’assunzione di sostanze magari avvenuta diversi giorni prima. E non è tutto. La disposizione attualmente punisce anche chi, provvisto di prescrizione medica, usi farmaci che contengono sostanze oggetto di test.

Dopo la sua emanazione, il ministro dei Trasporti (Mit), Matteo Salvini, vuole istituire un tavolo di lavoro per definire deroghe alla sanzionabilità in questi casi. Perché non farlo prima? La deroga, comunque, dimostra che l’obiettivo non è garantire la sicurezza stradale, ma solo colpire chi fa uso di droghe a scopo ricreativo, anche in situazioni in cui l’effetto alterante sia passato.

Un altro profilo di incongruenza si rinviene nella norma in base a cui se entro un’ora si prendono più multe per eccesso di velocità nello stesso tratto stradale, di competenza del medesimo ente, non si cumulano le sanzioni: se ne paga una sola, quella più grave, aumentata di un terzo. Ciò significa che, mediante un corrispettivo finanziario fisso, ci si può permettere il “lusso” di violare più volte la legge. Lo stesso vale per chi circola abusivamente all’interno di una zona a traffico limitato: in caso di più entrate in una Ztl, non si potrà ricevere più di una multa al giorno. Si paga per poter reiterare un illecito nell’arco di 24h.

Da parte del legislatore ciò è oltremodo diseducativo. La formulazione di alcune norme, poi, è tale da vanificarle. Basti pensare a quella che prevede che i ciclisti possano essere sorpassati mantenendo una distanza di sicurezza di un metro e mezzo «ove le condizioni della strada lo consentano». Ciò significa inficiare la regola. Si sarebbe dovuto prescrivere chiaramente che, se la distanza è minore, è vietato superare.

Invece, la norma sembra dire che, se non si può rispettare tale distanza, è consentito comunque sorpassare. Lo stesso vale per la disposizione del decreto ministeriale Autovelox, adottato nel maggio scorso, in base a cui l’istallazione di apparecchi fissi è vietata in zone urbane con limiti di velocità inferiori ai 50 chilometri all’ora.

Ciò rende di fatto inefficaci le cosiddette Zone 30, non potendosi verificare con autovelox che tale limite sia rispettato. Del resto, dette zone erano state già ostacolate da una direttiva del Mit, che consente ai comuni di istituirle solo in presenza di “peculiari condizioni”, come la vicinanza a scuole, ospedali, aree verdi ecc. Ci si aspettava che il governo puntasse più sulla prevenzione che sulla repressione.

È vero che la partecipazione di studenti delle scuole secondarie superiori a corsi extracurricolari di educazione stradale attribuisce loro un credito di due punti all’atto di rilascio della patente. Ma, affinché la norma possa operare, servirà un decreto attuativo del ministero dell’Istruzione, di concerto con quelli dei Trasporti e dell’Interno. E, siccome i termini per l’adozione della normativa secondaria spesso non sono rispettati, ciò significa che la prevenzione potrà attendere.

A fronte delle criticità rilevate, qualcuno potrà osservare che fare almeno qualcosa in tema di sicurezza stradale è sempre meglio che niente. Tuttavia, se questo “qualcosa” si dimostra addirittura dannoso, perché non ne sono stimati preventivamente gli effetti, i problemi continuano a trascinarsi nel tempo. Se invece ciò che conta è solo la propaganda, allora va bene tutto.

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