Dopo la sentenza della Cassazione che sancisce la prescrizione per il depistaggio, la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, ripercorre su Domani il calvario giudiziario e la battaglia per la verità. E spiega come si è arrivati alla decisione di oggi
Roberto Mandolini, il comandante del manipolo di carabinieri che hanno arrestato Stefano Cucchi il 15 ottobre del 2009, oggi è stato riconosciuto responsabile dei reati commessi ma dichiarato prescritto. Due di quei carabinieri pestarono a morte mio fratello. Il terzo, Tedesco, intervenne e lo chiamò inutilmente.
Mandolini li protesse, depistando, cancellando, scrivendo e deponendo il falso. Il suo comportamento fece sì che venissero processati altri al posto di quegli assassini: gli agenti di Polizia penitenziaria che presero in custodia Stefano in Tribunale, dopo un’udienza di convalida dove nessuno, tranne la cancelliera, si accorse di quel corpo magro che denunciava i segni di una feroce violenza che gli era stata inflitta.
Mandolini testimoniò, sorridente, il falso che resistette per sette lunghissimi anni durante un processo che venne poi definito dal pm Musarò “kafkiano”. I colpevoli vi recitarono la parte dei testimoni mentre gli innocenti venivano accusati ingiustamente. Grazie a questi comportamenti il signor Mandolini si è guadagnato, passo dopo passo, la prescrizione salvifica. Fu aiutato, certo, dai suoi superiori e coperto anch’egli.
14 anni di processi. 16 gradi di giudizio e oltre 160 udienze.
Una maratona di dolore e umiliazioni per i miei genitori che vi si sono ammalati. Mia madre e morta. Mio padre si è gravemente ammalato divorato dai sensi di colpa per aver avuto fiducia nello Stato che aveva in custodia la vita del figlio. Per aver dilapidato tutto il nostro patrimonio famigliare presente e futuro nella disperata ricerca della verità per ridare dignità al corpo martoriato di suo figlio. E tutto questo senza aver mai smesso di insultare, offendere e dileggiare Stefano e tutti noi. Lo sta facendo anche in questi giorni.
«Chi trascende ad atti disonesti e ingiuriosi, mosso da una meschinità non meno riprovevole della malvagità e dalla sicurezza di farla franca», ha una definizione che leggo sul dizionario: Vigliacco.
Mandolini è tutto questo. Un vigliacco.
Mandolini scrive sui social che io non sarei degna di ricoprire il ruolo che ho oggi.
Detto da lui è per me una medaglia.
Ora mi aspetto che l’Arma gli tolga quella divisa che sporca.
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