- I partiti sono a corto di idee, a meno di un anno dalle elezioni litigano su provvedimenti simbolici e promettono soltanto bonus o grandi sconti fiscali a debito.
- Per questo Domani inizia, con il congruo anticipo in vista del voto 2023, a raccogliere ed elaborare spunti concreti per un programma a disposizione di tutti i partiti che vorranno farlo proprio.
- Le proposte che raccogliamo devono essere dettagliate, realizzabili, e orientate ad aumentare la sostenibilità e l’equità, anche e soprattutto attraverso una maggiore crescita inclusiva. Per partecipare a questo dibattito, scrivete a lettori@editorialedomani.it
I partiti sono a corto di idee, a meno di un anno dalle elezioni litigano su provvedimenti simbolici e promettono soltanto bonus o grandi sconti fiscali a debito. Per questo Domani inizia, con il congruo anticipo in vista del voto 2023, a raccogliere ed elaborare spunti concreti per un programma a disposizione di tutti i partiti che vorranno farlo proprio.
Il contrasto della povertà educativa è una questione che deve essere assunta come priorità dalla politica nazionale e locale. I minori in povertà assoluta e relativa sono 3.200.000. L’abbandono precoce dal percorso di studi raggiunge il 14 per cento. Circa un quarto degli studenti italiani, pur terminando le scuole superiori, è in condizione di fallimento formativo. Il tasso di occupazione giovanile in Italia é di circa quattro punti sotto alla media europea. Se la dispersione esplicita si attesa intorno al dieci per cento nel Centro Nord, nelle regioni del Sud si attesta sopra il 15 per cento. E nella quasi totalità dei casi a essere coinvolti in tali criticità sono le figlie e i figli dei poveri o quelli con abilità differenti o con background migratorio.
Per tutte queste ragioni il Forum disuguaglianze e diversità ha deciso di aprire un percorso di ricerca azione su questi temi, mettendo al centro le alleanze educative che in diversi contesti locali hanno reagito alla crisi educativa, trovando nel duplice intreccio, scuola/territorio, curriculare/extra-curriculare la chiave della loro capacità di impatto sui problemi e sulle fragilità.
Molte di queste alleanze hanno scelto di guardare ai “patti educativi di comunità” come possibile sbocco del loro fare comune.
I “patti” hanno bisogno di una scuola pubblica forte e al centro delle politiche su cui si investa, per rafforzarne gli organici, per superare la precarietà, per investire sulla formazione e per migliorare e mettere in sicurezza gli edifici scolastici. Tutte queste esperienze continuano a essere sperimentazioni, non riescono a diventare politiche del paese perché non incontrano politiche capaci di riconoscerle, ascoltarle e accompagnarle.
La proposta
Per questo il Forum Disuguaglianze e Diversità, insieme alla rete “educAzioni”, ha portato nel confronto aperto con le Agorà del Pd una proposta per rendere i patti educativi di comunità una politica ordinaria di contrasto della povertà educativa. In primis, va definito un sistema di governance integrata nazionale (cabina di regia presso il ministero) e locale (uffici scolastici regionali e ambiti territoriali previsti dalla legge 328) con il compito di promuovere e accompagnare la costruzione dei patti educativi e di declinare l’uso delle risorse a livello locale. Per secondo serve un cambio di paradigma nelle procedure e negli strumenti di erogazione delle risorse finanziarie. Dal bando competitivo ai percorsi di coprogrammazione e coprogettazione, per superare la logica dei finanziamenti a pioggia e dei progetti precari, che alla fine se va bene riparano ma non determinano cambiamento perché non agiscono sui fattori che alimentano dispersione implicita ed esplicita.
Per terzo un rafforzamento delle risorse a disposizione dei patti educativi attraverso la costituzione di un fondo nazionale ordinario per i Patti educativi di comunità che agisca in sinergia con il Fondo nazionale di contrasto della povertà educativa.
L’ideazione e la realizzazione di percorsi di formazione comune rivolti a tutti gli attori coinvolti dal patto per consolidare un metodo di lavoro basato sulla coprogettazione.
Se la proposta ha trovato consenso nel confronto delle Agorà e nell’intervento del segretario Enrico Letta, purtroppo oggi non sembra che lo stesso accada in ambito ministeriale. Come dimostra anche l’ultimo decreto di riparto che ha distribuito tra alcune scuole della secondarie di primo e secondo grado, circa 500 milioni della misura 1.4 del Pnrr. Una distribuzione che, pur nel positivo superamento della logica del bando, non individuando linee guida e processi di accompagnamento per l’uso delle risorse rivolti alle scuole destinatarie rischia di iscriversi ai tanti interventi di debole impatto, con incongruenze forti nell’individuazione delle scuole scelte con indicatori parziali e non ponderati. Il fatto che le risorse siano quelle del Pnrr apre un ulteriore paradosso. Perché tali risorse non sono un regalo ma un debito che oggi assumiamo nei confronti della Ue e che quindi si configura come un’ipoteca che stiamo caricando sulle spalle dei nostri figli e delle nostre figlie. Spenderli male significa fare dell’Italia non solo uno dei paesi più vecchi al mondo ma anche tra i più egoisti.
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