- La ripresa del Paese e l’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza, così come della programmazione europea 2021-2027, dipendono in larga misura dalla capacità di azione delle amministrazioni.
- Purtroppo però i concorsi pubblici sono troppo lunghi, ci vogliono infatti in media 18/24 mesi dal bando alla graduatoria finale, a volte richiedono più di quattro anni.
- Ma fare concorsi efficaci, in grado di scegliere i migliori e farlo in poco tempo, anche in meno di tre mesi, è possibile. Basta copiare dai migliori, gli esempi ci sono già, in Italia.
E’ sotto gli occhi di tutti che l’amministrazione pubblica, “il volto della Repubblica” con le parole del presidente Mattarella riprese dal ministro Brunetta, sia oggi gravemente impoverita di lavoratori e lavoratrici (quasi 400mila in meno negli ultimi 13 anni) e di competenze tecniche e che sia stata a lungo trascurata.
Altrettanto chiaro è che la ripresa del Paese e l’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza, così come della programmazione europea 2021-2027, dipendono in larga misura dalla capacità di azione delle amministrazioni.
Con Forum Disuguaglianze Diversità, ForumPA e Movimenta abbiamo da tempo indicato urgenza e modi di un’azione di rigenerazione che permetta di rafforzarle con più giovani forze, con profili professionali innovativi e con modelli organizzativi adeguati. Ora che il tema è stato messo al centro, dobbiamo sapere che non è troppo tardi per affrontarlo bene, senza scorciatoie straordinarie, anzi costruendo un nuovo “ordinario”. Si può fare.
La strada maestra per l’assunzione nella PA è quella dei concorsi, dettata dalla Costituzione all’art. 97.
Purtroppo però i concorsi pubblici godono di pessima reputazione, per altro giustificata. Sono troppo lunghi, ci vogliono infatti in media 18/24 mesi dal bando alla graduatoria finale, con non rari casi di durate superiori a quattro anni; e sono spesso organizzati più per evitare ricorsi e responsabilità eccessive per le commissioni che per scegliere i migliori.
Le promesse tradite
Si discrimina quindi in base a quanto il candidato ha studiato le norme (in generale il diritto amministrativo), ma si trascurano aspetti psico-attitudinali e di problem solving.
Si definiscono poco e male i profili attesi e si descrivono solo sommariamente le capacità organizzative, gestionali e di autonomia necessarie, così come le competenze attitudinali, né ci si attrezza per verificarle nelle prove.
Nonostante le linee di indirizzo ministeriali innovative emesse nel 2017 e 2018, la prassi dei concorsi è rimasta spesso quella di decenni fa. E così, sono premiati più i diligenti che gli innovatori, più i divoratori di testi stampati ad hoc che le ampie e vaste culture e le ricche esperienze di vita, più la tenacia dell’esercizio nei test che la capacità di analisi dei dati e del contesto o quella di progettazione e pianificazione nell’uso delle risorse.
E allora? Due sono le possibili risposte. Scantonare dal problema, aggirandolo “all’italiana” con strade straordinarie, norme in deroga, veloci e temporanee assunzioni extra-concorsuali.
Oppure, percorrere velocemente e bene le strade ordinarie, ma in modo nuovo. Perché svolgere concorsi efficaci, in grado di scegliere i migliori e farlo in poco tempo, anche in meno di tre mesi, è possibile. Basta copiare dai migliori.
Copiamo i migliori
L’ha fatto il Comune di Milano che ha selezionato una tornata di dirigenti attraverso prove selettive basate sulla simulazione di situazioni problematiche. L’ha fatto la città Metropolitana di Bologna che ha svolto concorsi in 68 giorni curando al massimo la definizione iniziale dei profili richiesti. L’ha fatto la regione Lazio che ha chiesto, per definire i profili necessari per i servizi dell’impiego, la collaborazione delle Università, della Confindustria, delle forze sociali.
L’ha fatto la regione Emilia-Romagna che, anche per scegliere profili tradizionali, come quelli amministrativi, ha scelto prove basate su problemi e non nozioni. L’ha fatto il ministero dell’Economia che ha sostituito, per alte professionalità, la prova scritta con l’esame dei titoli e con una lettera motivazionale che rivelasse il profilo a tutto tondo del candidato.
Una volta assunti i migliori, si tratterà di non versare il vino nuovo in botti vecchie, ma di combinare una coraggiosa azione di formazione di tutti i lavoratori pubblici a un percorso di accompagnamento dei “nuovi” che valorizzi l’esperienza di chi nell’ente lavora da anni, utilizzando strumenti di accompagnamento che aiutino a costruire identità e spirito di squadra. Si può fare. Viene fatto.
Si costruisce così un itinerario virtuoso che ha un perno fondamentale nella corretta analisi dei fabbisogni, prosegue con bandi di concorso ben scritti e mirati e con prove selettive in grado di far emergere le persone più adatte, e culmina con l’inserimento dei selezionati in un’organizzazione viva che permetta di imparare continuamente e di crescere. Vale per tutto il personale, anche per le posizioni di vertice.
Certo che queste posizioni vanno rinnovate e integrate. Certo che bisogna anche mirare a prendere figure dal settore privato. Ma a loro va offerto, non il “soggiorno in un luogo esotico” dove magari si prende più di ciò che si dà, quanto la “straordinaria opportunità di usare le proprie capacità per realizzare una missione pubblica”. E’ questa la motivazione in base a cui selezionarli.
Noi di Forum Disuguaglianze Diversità, FPA e Movimenta, a seguito anche del nostro appello del 25 novembre scorso, a cui hanno aderito personalità di politica, istituzioni, società civile, impresa, lavoro e cittadinanza attiva, siamo convinti che le difficoltà e i problemi vadano e possano essere risolti e non scavalcati con scorciatoie che ci manderebbero fuori strada.
Stiamo raccogliendo le migliori esperienze italiane per produrre un vademecum operativo, che possa fungere da cassetta degli attrezzi per le amministrazioni che decidano di assumere presto e bene. Da ora.
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