- Categorie tradizionali sono sempre più difficili da applicare a soggetti politici come i Cinque stelle, i nuovi partiti verdi in Germania e Francia ma anche a leader come Emmabuel Macron.
- Chi cerca uno spazio di centro tra i due estremi resta regolarmente deluso, anche perché i leader che vorrebbero occuparlo – come Matteo Reni e Carlo Calenda – cercano i voti dei moderati ma non usano toni o contenuti moderati.
- Tutte le esperienze di sinistra radicale non riescono a crescere nei consensi, nonostante il tentativo di cavalcare fenomeni internazionali come Black Lives Matter.Le Sardine hanno dimostrato invece un senso del limite.
Destra e sinistra: la politica italiana ancora discute di tale scansione e lo fa con le categorie novecentesche (popolari, socialisti, liberali e via dicendo). La realtà ha chiarito da anni che tale faglia non è più così netta come un tempo. La prova più evidente è il fatto di non saper collocare i Cinque stelle: sono di destra o di sinistra? Oppure di centro? Nessuno riesce a inquadrarli e per questo vengono ignorati o respinti in un’area di rimozione psico-politica. Medesime osservazioni si potrebbero fare per i gilet gialli o la République en marche di Emmanuel Macron: di destra o di sinistra? E i verdi tedeschi o francesi sono di sinistra, di centro, estremisti? Anche il sovranismo si tinge di ambiguità: ne esistono diversi, anche uno di destra e uno di sinistra, occasionalmente alleati in economia. Si veda la polemica permanente in tutta Europa sugli investimenti diretti esteri: tutti li invocano considerandoli sintomo di buona salute dell’economia nazionale capace di attrarre. Poi, alla prova dei fatti, quando arrivano davvero vengono respinti con polemiche sulla “vendita allo straniero” di questo o quel campione nazionale.
La ricerca del “centro politico” (quello che in gergo viene chiamato “la prateria”, sempre immensa e sempre vuota) diviene in Italia un semiserio confronto tra vecchie culture ormai tramontate. C’è chi dice che si tratta di un centro “moderato” ma gli analisti osservano che i partiti che vi dovrebbero afferire (Azione, Italia viva, +Europa ecc.) sono condotti da leader che di moderato non hanno proprio nulla, sia nei toni che nei contenuti. Non sono adatti a quel tipo di elettorato che chiede soltanto di essere rassicurato. Così i medesimi analisti alla fine spiegano il paradosso nazionale: all’italiano “moderato” paiono molto più rasserenanti Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Lo stesso si può dire per chi è alla ricerca di un centro autonomo (cioè non alleato né con il Pd né con Lega e Fratelli d’Italia). Una bizzarria da modernariato, anche perché allo stesso tempo si afferma di «non voler far rinascere la Democrazia cristiana». Certo lo scudocrociato non va più di moda ma anche la realtà è cambiata: il terzo polo già esiste, è il Movimento 5 stelle. L’alleanza dei grillini prima con la Lega e poi con il Pd lo dimostra.
Ecologisti liquidi
Pigramente non si vogliono leggere i cambiamenti sociologici (e socio-economici) in atto a causa della globalizzazione e della conseguente liquefazione delle appartenenze e delle lealtà politiche. Una parte dell’ecologismo, quello più aggressivo dei ripetuti no a tutto e del Nimby (“non nel mio giardino”), aveva già abbandonato l’estrema sinistra per rifugiarsi tra i Cinquestelle. No-Tav, No-Tap e simili erano fanatici del Movimento, almeno fino all’arrivo al governo. Poi il pragmatismo dell’urto con la realtà ha raffreddato gli entusiasmi da decrescita felice.
Ora la frangia ambientale estremista non sa più cosa fare: non vuole rientrare con l’estrema sinistra (anche perché pure LeU è al governo, ormai) né vuole ripetere l’esperienza di Sinistra ecologia e libertà con i Coraggiosi di Elly Schlein. Forse l’unica strada che le resta è la scissione tra Cinquestelle. Intanto i Verdi Europei (cioè gli ambientalisti del Sì) si alleano coi cattolici di Democrazia Solidale in nome dell’enciclica Laudato Sì’, aprendo una strada nuova in termini di cultura politica, riconoscibile sul piano del messaggio senza perdere tempo nella ricerca di definizioni identitarie.
Nemmeno tra le infinite sigle della sinistra radicale emergono novità apparenti: malgrado lusinghieri risultati personali neanche in Emilia si è superata la solita barra del 3-3,5 per cento tutto compreso. Giusto guardare con occhi sognanti le manifestazioni che esplodono nel mondo (da Occupy qualcosa a Greta o al Black Lives Matter). Ma non si guarda mai alla società civile organizzata, quella sotto casa, composta di donne e uomini concreti: quel tipo di associazionismo è complicato, severo, pragmatico e non incline alle ricerche ideologiche. Un tipo di associazionismo reale che richiede risposte concrete.
Una parte della sinistra radicale ha addirittura sabotato l’ultima regolarizzazione di migranti, con la scusa che era troppo poco. E’ cosa buona e giusta inneggiare alla capitana Carola Rackete che salva persone in mare, ma seguire tutti coloro che si occupano degli immigrati sul territorio ogni giorno è tutt’altra cosa. Quando nei provvedimenti emergenziali contro il Covid erano stati inizialmente dimenticati terzo settore e associazioni mentre si decideva di istituzionalizzare ogni tipo di aiuto senza creare un legame con chi già stava sul territorio, da parte della sinistra radicale non si è levata alcuna voce.
Il paese reale
Una cosa va detta con chiarezza alla politica e ai media: sostenibilità, terzo settore, volontariato, ong, ecologia integrale, accoglienza, integrazione, associazionismo ecc. non sono idee o programmi, non sono un’ideologia o un colore, non sono un nuovo vento di dottrina, non sono alla ricerca di leader. Sono una realtà quotidiana che già esiste e che non chiede che di essere ascoltata e adottata. Sono un tessuto efficace steso sul territorio che non ha aspettato nessuno per operare e che vuole essere preso sul serio.
E’ la ragione per la quale le Sardine non si trasformano in partito politico ma scelgono le loro battaglie e decidono chi sostenere di volta in volta: un senso del limite e una lettura della situazione attuale che fa loro onore. Hanno una coscienza sociologica molto più acuta dei vari esperimenti di extra-sinistra.
Qualcosa di simile si può dire della destra che cerca di manipolare i valori cattolici (rosari ecc.) e che si rivolge a quel mondo per rassicurarlo. Se questo può avere un successo temporaneo anche a causa dell’irresolutezza della sinistra, non può durare. Che i cattolici siano divisi tra quelli del sociale e quelli della morale non è più una novità e si sta riassorbendo ma entrambi i gruppi sanno che farsi manipolare non li aiuta. La dispersione del voto cattolico diviso tra vari schieramenti li ha resi meno protagonisti della lotta politica. Ma la lezione di papa Francesco sta facendo la sua strada, malgrado i critici.
Come sempre in questi casi i risultati si vedranno più tardi: nella chiesa l’onda è sempre lunga. Tuttavia il suo sottolineare con forza la diseguaglianza, l’ecologia integrale, la necessità di cambio di modello economico, la violenza dello sfruttamento, il dialogo e la carità, sta avendo il suo impatto nella cultura globale. Chi non starà attento non coglierà i cambiamenti.
A sinistra non basta più criticare il Pd per avere la coscienza a posto; a destra non è più sufficiente gridare contro gli immigrati per celare la contraddizione tra liberalismo e sovranismo di colorazione neo-fascista.
La società è cambiata da tempo e la politica non può limitarsi alle rincorse demagogiche ed emozionali a breve termine. L’arrivo dei fondi del piano Next Generation Ue ci impone decisioni strategiche su cosa dovrà essere l’Italia di domani. Per cercare di commettere meno errori possibile, tale ragionamento richiede una conoscenza della società che oggi manca.
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