- Il prossimo anno, fino alle europee, sarà decisivo per verificare la maturazione di un riformismo di governo radicale.
- Sarebbe anche un cambiamento essenziale per tentare di recuperare la rappresentanza dei gruppi sociali più disagiati, perduta dal Pd per l’esodo verso l’astensione e verso forze politiche variamente segnate dalla protesta e dal populismo.
- Contrariamente a quanto pensano gli esponenti dell’area "riformista” del Pd questa svolta non porterebbe necessariamente a rinchiudersi in una condizione minoritaria e “massimalista”.
Oggi l’assemblea del Pd sancirà l’insediamento di Elly Schlein. Che cosa cambierà effettivamente con la sua guida?
Il prossimo anno, fino alle europee, sarà decisivo per verificare la maturazione di un riformismo di governo radicale, ispirato dalle migliori esperienze della socialdemocrazia, di cui ci sarebbe bisogno e che finora è mancato.
Si tratterebbe di una svolta storica per il paese, al fine di contrastare insieme le difficoltà di crescita dell’economia e disuguaglianze tra le più alte.
E sarebbe anche un cambiamento essenziale per tentare di recuperare la rappresentanza dei gruppi sociali più disagiati, perduta dal Pd per l’esodo verso l’astensione e verso forze politiche variamente segnate dalla protesta e dal populismo.
Contrariamente a quanto pensano gli esponenti dell’area "riformista” del Pd -sostenuti da molti opinionisti - questa svolta non porterebbe necessariamente a rinchiudersi in una condizione minoritaria e “massimalista”.
Potrebbe essere invece il terreno per costruire una coalizione ampia, aperta alle componenti più progressiste della società italiana.
La possibilità di coniugare redistribuzione, crescita e modernizzazione culturale non è una chimera ma trova riscontro nelle esperienze più recenti della socialdemocrazia che mostrano alcuni caratteri comuni.
Il welfare non solo come protezione sociale e sostegno dei redditi, ma anche come "investimento sociale”, con la qualificazione e riqualificazione del capitale umano e la promozione dell’occupazione femminile.
Un welfare universalistico, centrato sui servizi e non sui bonus e le mance, e finanziato con una pressione fiscale elevata ma realmente progressiva.
Inoltre, relazioni industriali e rapporti tra i sindacati e il governo valorizzati, non solo come strumento di difesa della qualità del lavoro, di sostegno del reddito e di riduzione delle disparità salariali, ma anche come mezzo per accrescere la produttività delle imprese coinvolgendo i lavoratori.
E ancora, politiche dell’innovazione che "compensano” i maggiori costi regolativi per le imprese con l’offerta di servizi, infrastrutture e sostegno alla ricerca, più che con i soli incentivi di dubbia efficacia. E in tal modo le incoraggiano a seguire una “via alta” di crescita con salari elevati, capace di sostenere un welfare esteso e un’elevata tassazione.
C’è dunque nelle esperienze socialdemocratiche uno stretto legame positivo - spesso da noi non riconosciuto - tra redistribuzione e innovazione.
E ci sono esempi significativi di redistribuzione non meramente assistenziale e minacciosa per i conti pubblici.
Non sappiamo se un progetto di questo tipo, certo più coerente con la ragione sociale di un partito di sinistra, sarà sviluppato dal Pd, ma il cambiamento passa a volte da strade impreviste.
Come quella che si è aperta con l’affermazione a sorpresa di Elly Schlein.
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