- Nella top ten delle realtà che stanno subendo il peso dei mutamenti in atto troviamo il Messico (75 per cento), l’Ungheria e la Turchia (74), la Colombia (72), la Spagna (71), l’Italia (70)
- Nei prossimi 10 anni i cambiamenti climatici avranno effetti gravi o molto gravi per il proprio paese. In vetta a questa classifica troviamo i portoghesi (88 per cento), seguiti da messicani e ungheresi (86), turchi e cileni (85).
- Più di un terzo della popolazione globale ritiene che con buone probabilità, nei prossimi 25 anni, sarà costretta a traslocare dalla propria abitazione a causa dei mutamenti climatici
Mentre a Sharm el Sheikh va in onda l’ennesima conferenza sul clima in cui i passi in avanti nella lotta ai cambiamenti climatici sono narcotizzati dagli interessi economici e lobbistici, tra i cittadini dei principali paesi del mondo cresce l’apprensione per le dinamiche del clima e la richiesta di interventi reali e concreti.
L’indagine realizzata a settembre 2022 da Ipsos Global Advisor in 34 nazioni è emblematica dello iato presente tra i governi e le attese dei cittadini nei diversi paesi. In media il 56 per cento dell’opinione pubblica mondiale sostiene che gli effetti dei mutamenti intervenuti nel clima sono già oggi gravi nella zona in cui vive.
Chi si preoccupa
Nella top ten delle realtà che stanno subendo il peso dei mutamenti in atto troviamo il Messico (75 per cento), l’Ungheria e la Turchia (74), la Colombia (72), la Spagna (71), l’Italia (70), l’India e il Cile (69), la Francia (68), la Romania (64), il Brasile (63), l’Arabia Saudita e, infine, il Perù (62).
Anche negli Stati Uniti il dato è alto, con quasi metà della popolazione (48 per cento) che avverte gli effetti della crisi climatica. I dati più allarmanti, tuttavia, sono quelli relativi alle previsioni future.
Il 71 per cento dell’opinione pubblica dei 34 paesi monitorati ritiene che nei prossimi 10 anni i cambiamenti climatici avranno effetti gravi o molto gravi per il proprio paese.
In vetta a questa classifica troviamo i portoghesi (88 per cento), seguiti da messicani e ungheresi (86), turchi e cileni (85), sud coreani e spagnoli (83), italiani francesi e rumeni (rispettivamente all’81 per cento i primi e all’80 gli altri due), colombiani, indiani e peruviani (76), nonché i sud africani (75 per cento). Sono convinti che ci saranno gravi ripercussioni anche il 63 per cento degli americani, il 70 per cento dei tedeschi e il 67 per cento degli inglesi.
In tutti i paesi più della metà della popolazione è convinta che i cambiamenti climatici porteranno seri danni al territorio, all’economia e alla loro vita quotidiana. Non solo.
Più di un terzo della popolazione globale ritiene che con buone probabilità, nei prossimi 25 anni, sarà costretta a traslocare dalla propria abitazione a causa dei mutamenti climatici.
A segnalare questo rischio sono, innanzitutto, il 65 per cento di quanti vivono in India. Il tema coinvolge anche ampie fasce della popolazione della Turchia (64 per cento).
La possibilità di dover abbandonare la propria casa per colpa del clima colpisce, inoltre, il 49 per cento dei residenti in Malesia e Brasile; il 46 per cento degli spagnoli e il 45 degli abitanti del Sud Africa.
Sotto i colpi del clima hanno paura di perdere la casa anche il 44 per cento di indonesiani, il 41 per cento dei thailandesi, dei residenti negli Emirati Arabi Uniti e in Cina. Più contenuto questo rischio per chi vive in Svezia (17 per cento), Argentina e Olanda (21 per cento).
Italiani inquieti
La quota di italiani che avverte il rischio di dover abbandonare la propria casa a causa degli effetti nefasti del clima assomma al 33 per cento. Una percentuale analoga la troviamo negli Stati Uniti, mentre in Francia e Gran Bretagna la possibilità tocca il 30 per cento dei residenti.
In Germania, infine, coinvolge il 25 per cento. Al grido di allarme lanciato dal segretario generale dell’Onu Guterres («Stiamo perdendo. Le temperature globali continuano a salire. E il nostro pianeta si sta avvicinando rapidamente a punti critici che renderanno il caos climatico irreversibile»), fanno eco le apprensioni, le paure e le preoccupazioni dei cittadini.
La sordità dei leader e i limitati risultati delle Conferenze delle Parti (Cop) mostrano quanto le dinamiche del capitalismo neoliberista, dei suoi interessi monopolistici e lobbistici, stiano mettendo a repentaglio il futuro del pianeta.
Mettono in luce anche la mancanza di una vera leadership ambientalista, di una cultura di salvaguardia del pianeta e delle persone, di una vision profittevole non solo in termini economici, ma anche e soprattutto in termini sociali, ambientali e cooperativi.
Nonostante i danni e i disastri già arrecati dai mutamenti climatici, le migliaia di vittime, i milioni di profughi e di persone in fuga da desertificazioni, alluvioni, incendi ecc, la logica neoliberista domina ancora, ma alla alla lunga non ci può essere profitto senza equità, sostenibilità e cooperazione.
Non si può solo depredare e estrarre: per avere un’economia sana e in crescita occorre pensare al futuro in termini di un vero neo-ambientalismo sociale e cooperativo non perseverando con un neo-liberismo individualista ed egoista.
© Riproduzione riservata