- La Corte suprema degli Stati Uniti sembra intenzionata a ribaltare la sua precedente giurisprudenza che, a partire dal 1973, aveva garantito il diritto all’aborto.
- Tuttavia il materiale che abbiamo a disposizione non consente un’analisi effettiva dell’eventuale posizione della maggioranza della Corte. Le 98 pagine pubblicate rappresentano solo il punto di partenza di una discussione e di una negoziazione che proseguirà nelle prossime settimane.
- Secondo la procedura di decisione della Corte è proprio dopo la discussione orale che si tiene un voto preliminare interno alla Corte, utile a individuare una possibile maggioranza e il giudice estensore della sentenza.
La Corte suprema degli Stati Uniti sembra intenzionata a ribaltare la sua precedente giurisprudenza che, a partire dal 1973, aveva garantito il diritto all’aborto. È quanto emerge dalla bozza di decisione della sentenza nel caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization resa pubblica dalla testata Politico.
Nella bozza di decisione, redatta dal giudice Samuel Alito, si esprime una condanna «totale e ferma» della decisione Roe v. Wade che, con integrazioni successive, aveva garantito la tutela federale del diritto all’aborto. Nell’opinione di maggioranza si sostiene che Roe avesse «terribilmente torto fin dall’inizio: è tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti dal popolo».
Tuttavia il materiale che abbiamo a disposizione non consente un’analisi effettiva dell’eventuale posizione della maggioranza della Corte. Le 98 pagine pubblicate rappresentano solo il punto di partenza di una discussione e di una negoziazione che proseguirà nelle prossime settimane. È ipotizzabile che, all’eventuale opinione di maggioranza, potranno affiancarsi delle opinioni concorrenti e delle opinioni dissenzienti.
Probabilmente il testo della decisione potrà diventare molto più articolato, con implicazioni giuridiche che non è possibile prevedere e valutare in questa fase. Non è tecnicamente escluso che possa addirittura formarsi una nuova maggioranza con dei cambi di opinione da parte di alcuni giudici.
L’esito della controversia che si annuncia non dovrebbe sorprendere. Era già apparso chiaro, durante la discussione orale dello scorso dicembre, che vi fosse un tentativo di John Roberts jr., presidente della Corte, di arrivare a un compromesso che avrebbe potuto portare a diminuire il numero di settimane dalla gravidanza entro cui sarebbe stato possibile ricorrere all’aborto. Tuttavia, gli altri membri della maggioranza conservatrice della Corte (Thomas, Gorsuch, Kavanaugh, Coney Barrett), già qualche mese fa, sembravano ormai decisi a ribaltare la giurisprudenza precedente.
Soluzione “federalista”
Secondo la procedura di decisione della Corte è proprio dopo la discussione orale che si tiene un voto preliminare interno alla Corte, utile a individuare una possibile maggioranza e il giudice estensore della sentenza. La decisione sul giudice estensore è presa dal presidente della Corte nel caso in cui si trovi in maggioranza oppure, in caso contrario, dal più anziano dei giudici in servizio.
Il testo della bozza dell’opinione di maggioranza entra quindi potentemente nel dibattito politico e culturale statunitense. Dal punto di vista giuridico, il paragrafo finale suggerisce una soluzione “federalista”: sarebbero i singoli stati a dover decidere che livello di tutela garantire al diritto all’aborto. Non sarebbe quindi la fine dell’aborto in tutti gli stati.
Restano le implicazioni enormi, politiche e culturali, della pubblicazione della bozza di decisione che andranno valutate a partire dai prossimi giorni. Sarà infatti importante comprendere se tale evento determinerà qualche mutamento d’opinione in seno alla Corte e che impatto potrà avere sulla portata delle opinioni concorrenti e dissenzienti.
Proprio in queste ore abbiamo visto manifestanti accalcarsi davanti alla Corte suprema per protestare contro la probabile decisione che si annuncia.
Non possono non tornare alla mente le parole che il giudice Antonin Scalia aveva utilizzato nella sua opinione dissenziente nel caso Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey «circa le “pressioni sociali” rivolte alla Corte: le marce, le lettere, le proteste che mirano a farci cambiare opinione. Come è fastidioso che così tanti fra i nostri cittadini pensino che noi giudici dovremmo tenere in considerazione le loro opinioni come se fossimo coinvolti non nell’applicazione di leggi oggettive, ma nel determinare una sorta di consenso sociale».
La campagna per il midterm
L’opinione di Alito sembra essere ispirata da queste parole scritte nell’ormai lontano 1992. Sul medio e lungo periodo, la pubblicazione della bozza di decisione lancia la campagna elettorale per le elezioni di midterm e può avere come effetto quello di cementare e donare nuova vitalità alle istanze dei gruppi progressisti che, dietro la bandiera della resistenza all’avanzata della Corte a maggioranza conservatrice, potrebbero costruire la narrazione della loro campagna elettorale.
Più che la decisione è la pubblicazione della bozza che dovrebbe far riflettere. Non è il primo caso in cui documenti interni alla Corte vengono rivelati alla stampa. Ad esempio, nel 1972 il giudice Douglas aveva scritto una nota per i suoi colleghi nelle more della decisione del caso Roe v. Wade. Tale nota è stata poi pubblicata dal Washington Post. Sempre nel caso Roe v. Wade, Time Magazine aveva anticipato l’esito della decisione della Corte. Circostanza che aveva fatto infuriare l’allora presidente Warren Earl Burger. La pubblicazione di questi giorni assume i caratteri di una bomba scagliata contro la cosa più cara all’attuale presidente: la tenuta del profilo istituzionale della Corte. Con questa azione il supremo organo giudiziario viene calato nell’agone politico su una delle questioni dirimenti rispetto alla polarizzazione del dibattito pubblico e dello scenario politico statunitense. E se a dicembre John Roberts jr. aveva provato a trovare un compromesso che evitasse di ribaltare la giurisprudenza precedente e tenesse insieme la maggioranza conservatrice, oggi a essere a rischio il ruolo della Corte nel sistema della democrazia statunitense.
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