Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, si possono pubblicare anche informazioni di «origine opinabile» se, per le circostanze del caso concreto, il diritto di cronaca prevalga su doveri e responsabilità del giornalista. La giurisprudenza della Corte di Cassazione non è univoca sul punto.
L’interesse che in questi giorni l’opinione pubblica manifesta per i limiti del diritto di cronaca induce a verificare come i giudici europei e nazionali, in particolare quelli di ultima istanza, valutino gli atti che i giornalisti talora pongono in essere per procurarsi le notizie.
Una premessa. La libertà di informazione – intesa come diritto di informare e di essere informati (art. 21 Cost.) – è uno dei cardini degli ordinamenti democratici. Perciò l’attività giornalistica gode di un regime derogatorio alla disciplina ordinaria a tutela della privacy delle persone, specie se note o se esercitano funzioni pubbliche, nel rispetto della essenzialità dell’informazione e di altri principi. Inoltre, nel bilanciamento tra il diritto di cronaca – che non è mai assoluto – e altri diritti è necessario rispettare talune condizioni: che la notizia sia vera o verosimile; che sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti; che l’esposizione sia continente. In questi casi, il diritto di cronaca può costituire una scriminante – cioè una giustificazione – per gli eventuali reati commessi con la pubblicazione della notizia, escludendo la punibilità di chi li ha posti in essere.
La Corte europea dei diritti dell’uomo
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), all’art. 10, tutela la libertà d'espressione, intesa come libertà di opinione e informazione, senza ingerenze da parte delle autorità pubbliche, salvo quanto previsto dalla legge.
Una sentenza che si segnala riguardo all’art. 10 è quella della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu) del 1999 (Fressoz et Roire c. Francia). Il caso riguardava il direttore e un giornalista di un settimanale francese che per la pubblicazione di un articolo avevano utilizzato documenti ottenuti da un terzo su cui gravava un obbligo di segreto. La Corte ha osservato che la fase del procacciamento delle notizie è solo formalmente distinta dalla fase di diffusione delle stesse. La prima è presupposto indefettibile della seconda.
Di conseguenza, quando – a seguito di bilanciamento – il diritto di cronaca prevalga su doveri e responsabilità del giornalista che entrano in gioco sia nella fase del procacciamento delle notizie che in quella della loro diffusione, l'effetto “salvifico” della scriminante del diritto di cronaca esclude la punibilità del giornalista pure per gli atti con cui si è procurato l’informazione. In questi casi, sarebbe consentita la pubblicazione anche di informazioni di «origine opinabile».
Nel caso del 2019, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che non andassero condannati i giornalisti che si erano procacciati informazioni con un atto di ricettazione, anche tenuto conto che le stesse informazioni erano disponibili ai cittadini in base alla legge francese. Va tuttavia detto che, nella maggior parte dei casi, la Corte Edu ha risolto il bilanciamento in senso favorevole all’interesse contrapposto a quello di cronaca (ad esempio, ordine pubblico o buon andamento delle relazioni diplomatiche). Parimenti, resta escluso dall’esimente del diritto di cronaca il caso in cui il giornalista partecipi della condotta criminosa di chi gli procuri la notizia, ad esempio mediante istigazione.
La Cassazione
Fino al 2019 la Corte di Cassazione ha ritenuto pacificamente che la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca operasse «solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia, e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima» (n. 27984/2016). Ma nel 2019, in una importante pronuncia, la Corte ha mutato orientamento e, richiamando i principi espressi dalla Corte Edu nella sentenza citata, ha deciso – in un caso di ricettazione - che la scriminante del diritto di cronaca può operare riguardo agli illeciti commessi non solo con la pubblicazione della notizia, ma anche per acquisirla, qualora tale diritto pesi di più di altri coinvolti (n. 38277/19). Lo stesso principio è stato ribadito nel 2022 (n. 49113), sempre per un caso di ricettazione, ma nel 2023 una nuova pronuncia (n. 36407/23) è tornata all’orientamento precedente: la scriminante del diritto di cronaca non giustifica le condotte illecite poste in essere dal giornalista per procacciarsi la notizia.
In concreto, se sull’ipotesi di ricettazione sono stati aperti dei varchi per la scriminante, essa non opera mai ad esempio in casi di minacce, violazioni di domicilio e similari. Detto ciò, una cosa è certa: il diritto di cronaca va maneggiato con cura, da ogni parte. E serve parlarne con cognizione di causa, sulla base di principi di diritto, nonché al di sopra di qualunque connotazione politica. Insomma, l’opposto di ciò che spesso accade.
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