- L’attuale piano vaccinale è in buona parte demandato al livello regionale. Alle Regioni è stata altresì rimessa finora l’esatta determinazione del perimetro delle categorie da vaccinare, come quella degli «altri servizi essenziali», in cui sono state incluse persone in maniera discrezionale e poco chiara.
- Erano previsti controlli per garantire coerenza tra piano nazionale e piani regionali. Eppure le Regioni finora hanno proceduto in ordine sparso, anche con differenze di efficienza. Il Commissario per l’emergenza potrebbe esercitare poteri sostitutivi, ma finora non l’ha fatto.
- L’aggiornamento del piano vaccinale prevede, tra l’altro, una più puntuale definizione delle categorie «estremamente vulnerabili», l’eliminazione la generica dicitura «altri servizi essenziali» e la possibilità di vaccinare all'interno dei posti di lavoro.
Nel fine settimana è atteso un aggiornamento del piano nazionale delle vaccinazioni. Nel mentre, sembra necessario fare il punto della situazione, anche per capire come cambieranno le cose.
Il 12 dicembre scorso il ministero della Salute ha elaborato il Piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2. Il Piano è stato poi adottato formalmente con decreto del Ministro della Salute il 2 gennaio, a seguito della legge di Bilancio (art. 1, c. 457), e aggiornato l’8 febbraio con “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19”.
Ai sensi del piano, il potere centrale definisce «le procedure, gli standard operativi e il layout degli spazi per l'accettazione, la somministrazione e la sorveglianza degli eventuali effetti a breve termine», mentre il resto (localizzazione dei siti, coordinamento operativo degli addetti ecc.), cioè una buona parte, è demandato al livello regionale.
Il potere delle regioni
Alle regioni è rimessa l’esatta determinazione delle categorie da vaccinare, alcune delle quali rimaste parzialmente indefinite nel piano nazionale. Dall’ampiezza dei compiti lasciati alle regioni, senza definizione da parte del governo di criteri vincolanti ai quali esse siano tenute ad adeguarsi, è scaturita una disomogeneità della situazione regionale, quanto a soggetti vaccinati, efficienza nella somministrazione e altro.
Con l’arrivo del vaccino AstraZeneca, inizialmente destinato solo a soggetti con meno di 55 anni, e poi di 65 anni, l’ordine di somministrazione previsto nel piano è stato modificato.
Le regioni – in conformità a quanto previsto nel documento elaborato nella Conferenza Stato-regioni del 3 febbraio scorso - hanno proceduto con i vaccini Pfizer e Moderna secondo il criterio dell’età e della “estrema vulnerabilità” (categoria 1), e in parallelo con l’AstraZeneca secondo ambiti professionali (categoria 6): personale scolastico ed universitario, Forze Armate, Polizia, Guardia di Finanza ecc.; Polizia penitenziaria, personale carcerario, detenuti; luoghi di comunità; altri servizi essenziali.
Altri servizi essenziali
Per diverse tipologie di soggetti da vaccinare si sono posti dubbi circa la precisa estensione. Ma quella dei soggetti appartenenti ad «altri servizi essenziali» ha suscitato le perplessità maggiori: non si comprende da chi sia composta.
Eppure, nonostante l’ambigua espressione usata nel piano nazionale, che rende indeterminabili i componenti della categoria, c’è una stima numerica esatta degli appartenenti alla stessa: 2.167.200. Questa è la cifra che si legge nel documento della Conferenza Stato-regioni sopra citato, ove si precisa che tale numero, come altri, è stato stimato su «dati Istat, ministeri competenti, associazioni di categoria».
In altre parole, un numero così preciso farebbe ritenere che il perimetro delle persone ricomprese negli «altri servizi essenziali» sia esattamente definito. Sono forse i lavoratori essenziali previsti dalla normativa sul diritto di sciopero? O quelli che svolgevano attività funzionanti anche durante il lockdown, ai sensi di Dpcm? Non è dato sapere.
Ciò ha fatto sì che le persone incluse nella categoria siano state individuate in maniera discrezionale e diversa dalle varie regioni: avvocati, magistrati, giornalisti ecc..
Qualcuno lo ha definito “corporativismo vaccinale”. La conseguenza è che, non essendoci alcuna chiarezza e trasparenza sugli «altri servizi essenziali» né potendosi sapere quali sono i criteri per definirne il perimetro, non sono stati effettuati i controlli necessari circa i destinatari delle vaccinazioni effettuate. A proposito di controlli, va fatta qualche precisazione.
I controlli
Il piano vaccinale nazionale prevede alcune azioni a livello centrale, altre a livello regionale. Era disposto, tuttavia, che l’attività «a livello regionale e a livello locale» fosse monitorata mediante «referenti che risponderanno direttamente alla struttura di coordinamento nazionale e si interfacceranno con gli attori del territorio, quali i Dipartimenti di Prevenzione, per garantire l’implementazione dei piani regionali di vaccinazione e il loro raccordo con il Piano Nazionale di Vaccinazione».
Dunque, i controlli previsti dovevano garantire coerenza tra quanto sancito a livello nazionale e quanto attuato nelle varie parti del paese, com’era corretto che fosse anche sul piano giuridico.
Infatti, la vaccinazione rientra nelle competenze statali in quanto, da un lato, attiene alla dimensione collettiva della salute (art. 32 Cost.), dall’altro lato, alla profilassi internazionale (art. 117, c. 2, lett. q, Cost.). E non solo: la legge di Bilancio (art. 1, comma 458) prevede anche il potere del Commissario straordinario per l’emergenza di sostituirsi alle regioni (art. 120 Cost.) «in caso di mancata attuazione del piano o di ritardo».
Tuttavia, la notevole disparità fra regioni in termini di efficienza e copertura vaccinale dimostra che non è stata garantita alcuna omogeneità sul territorio nazionale. E chi ne aveva i poteri non si è preoccupato di ovviare alle carenze locali.
L’aggiornamento del piano vaccinale
A parte l’aggiornamento del numero di dosi vaccinali in arrivo, nelle nuove “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione” c’è una più puntuale e ampia definizione delle categorie «estremamente fragili», l’eliminazione della generica dicitura «altri servizi essenziali», che aveva creato le distorsioni sopra rilevate, e soprattutto la possibilità, «qualora le dosi di vaccino disponibili lo permettano», di «vaccinare all'interno dei posti di lavoro, a prescindere dall'età, fatto salvo che la vaccinazione venga realizzata in sede, da parte di sanitari ivi disponibili, al fine di realizzare un notevole guadagno in termini di tempestività, efficacia e livello di adesione».
Ma ciò non basterà, se non saranno messe in campo tutte le forze disponibili perché i ritmi della vaccinazione siano più veloci di quelli ai quali procedono i contagi, anche a causa delle varianti.
Spetterà alle strutture indicate dal governo il compito di garantire che le somministrazioni procedano in tutte le regioni come e quanto serve.
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