Debito e spesa per interessi sottraggono risorse preziose per una crescita più inclusiva che richiede investimenti pubblici a sostegno dell’innovazione e del capitale umano
Ci risiamo. Superata la fase straordinaria della pandemia, si ripresentano i tradizionali nodi che strozzano l’economia italiana e allontanano l’obiettivo di uno sviluppo più solido e inclusivo. È evidente che ci troviamo in un circolo vizioso. Un debito pubblico molto elevato.
Debito e spesa per interessi sottraggono risorse preziose per una crescita più inclusiva che richiede investimenti pubblici a sostegno dell’innovazione e del capitale umano. La bassa crescita rende a sua volta più pesante il fardello del debito.
È chiaro che questo circolo vizioso è stato ereditato dal governo in carica. Tuttavia, è lecito chiedersi se esso sarà in grado di contrastarlo, tenuto anche conto dell’ampia maggioranza e della potenziale durata per l’intera legislatura. Se si prendono in considerazione le basi sociali del consenso per la compagine governativa, emergono forti dubbi sulle possibilità di successo.
Una nuova destra
Il governo Meloni è tra quelli dove è più forte la presenza di una nuova destra radicale che ha preso le distanze, in Europa come negli Stati Uniti, dai partiti conservatori tradizionali. I gruppi sociali che sostengono la nuova destra sono costituiti in prevalenza da lavoratori autonomi, piccoli imprenditori (categorie particolarmente presenti In Italia), operai, lavoratori precari.
Questi ultimi (i salariati dell’industria e dei servizi) sono spesso provenienti dalla sinistra, o comunque non si identificano con essa, perché non si sentono più rappresentati dalle sue politiche economiche e sociali. Diverse ricerche sulle democrazie avanzate hanno mostrato che il cemento di questa coalizione è costituito dall’identità culturale: la condivisione di valori tradizionali nei riguardi della famiglia, delle donne, degli omosessuali.
Le diverse componenti sono poi soprattutto accomunate da un orientamento fortemente contrario all’immigrazione. Abili imprenditori politici hanno lavorato su questa identità culturale, focalizzando la loro offerta anzitutto sul tema della lotta all’immigrazione; nell’ambito di un più generale orientamento segnato dal rigetto della politica tradizionale e dei poteri forti (la finanza), e dalla critica alla Ue.
Questa coalizione elettorale si distingue però anche per un’altra caratteristica: la forte eterogeneità delle preferenze economiche dei gruppi che la compongono. Operai e salariati in genere sono più interessati a un intervento redistributivo dello stato (pensioni, riduzione dei contributi sociali, sostegno alle famiglie). Lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, invece, vogliono soprattutto meno tasse e più deregolazione.
La coalizione
Come gestisce la nuova destra una coalizione così eterogenea? Occorre distinguere tra competizione elettorale e azione di governo. Nella ricerca della vittoria elettorale si è cercato di porre maggiormente l’attenzione sulla dimensione culturale, che unisce di più, e in particolare sull’immigrazione ma anche su temi etici, compresa la lotta ai “fannulloni del reddito di cittadinanza”. Gli interessi percepiti non possono però essere del tutto trascurati.
Da qui l’offerta tipicamente populista di meno tasse e più deregolazione, da un lato, a vantaggio di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi (incluse le ben note ‘partite iva’) e dall’altro la promessa di condizioni più vantaggiose per gli operai (in particolare pensioni) e per le famiglie più disagiate.
Ma si sa, vincere le elezioni è più facile che governare. Il governo si trova ora a misurarsi con il circolo vizioso del debito e della bassa crescita. Giorgia Meloni si è resa ben presto conto della necessità di stabilire un rapporto più cooperativo con Bruxelles, anche in vista del ripristino del Patto di stabilità.
In coppia con il suo ministro leghista che teme i mercati, si appresta a presentare una legge di bilancio dagli obiettivi modesti che permetterà di galleggiare ma non certo di cominciare a affrontare con decisione il circolo vizioso. Tiene dunque a freno la spinta populista, riproposta da Salvini che non ha mai smesso di essere in campagna elettorale.
E così rinvia flat tax e pensioni, e cerca di spostare più possibile l’agenda politica sul tema dell’immigrazione che ricompatta la sua coalizione elettorale. Ben difficilmente si affermerà la Melonomics ispirata all’economia di Reagan di cui parla nel recente libro-intervista. La sua non è e non potrà essere una politica economica neo-liberista fatta di “tassa di meno e spendi di meno”.
La sua coalizione elettorale , e la concorrenza di Salvini, le consentono di muoversi nella prospettiva populista dello “spendi di più e tassa di meno”, un sentiero che non solo non è in grado di aggredire il circolo vizioso dell’economia italiana, ma se percorso effettivamente rischia di aggravarlo, isolandoci in Europa.
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