- Tra poche settimane l’Italia potrebbe trovarsi in una situazione inedita, cioè con un governo di centrodestra i cui due maggiori partiti fanno parte di gruppi euroscettici.
- Il passato di Lega e Fratelli d’Italia non può essere cancellato, anche se i leghisti hanno sostenuto Mario Draghi e Giorgia Meloni ha intrapreso una strategia di accreditamento sul piano internazionale.
- La crisi energetica offre una opportunità alla destra italiana sul piano politico. I suoi leader dovrebbero dichiarare subito di essere disposti a collaborare con tutti per trovare una soluzione in Europa al problema energetico.
Tra poche settimane l’Italia potrebbe trovarsi in una situazione inedita, cioè con un governo di centrodestra i cui due maggiori partiti fanno parte di gruppi euroscettici. Non è un dato da sottovalutare perché questo significa che un eventuale governo Meloni partirà con uno svantaggio diplomatico.
Il passato di Lega e Fratelli d’Italia non può essere cancellato, anche se i leghisti hanno sostenuto Mario Draghi e Giorgia Meloni ha intrapreso una strategia di accreditamento sul piano internazionale, soprattutto attraverso i media stranieri e il sostegno all’Ucraina.
Connivenze con Mosca
Le incognite di questa nuova destra, però, restano numerose. La prima e più grave sul piano internazionale è la contiguità tra la Lega e Russia Unita, in uno scenario euro-atlantico che, dopo l’invasione russa, non ammette più ambiguità e connivenze con Mosca.
Eppure Salvini ha continuato a coltivare il filo-putinismo sia nelle sue dichiarazioni critiche sulle sanzioni sia con le titubanze rispetto all’invio di armi. Fratelli d’Italia, il partito che si avvia a diventare dominante, è meno esposto, ma dovrà comunque governare con la Lega e con un Silvio Berlusconi che sembra avere ancora un rapporto solido con Vladimir Putin, nonostante la condotta allineata a quanto deciso da Draghi da parte di Forza Italia.
Di conseguenza la russofilia di una parte rilevante del centrodestra italiano rende guardinghe le cancellerie occidentali.
I rapporti con gli Usa
Sul versante dei rapporti con gli Stati Uniti il panorama è chiaroscuro. Meloni in primavera è stata ospite del CPAC, la grande kermesse internazionale dei Repubblicani americani, ma al momento Fratelli d’Italia sembra avere legami più solidi con la controversa ala trumpiana.
Un elemento che può pesare considerando che una volta andata al governo la leader italiana dovrà confrontarsi con una amministrazione democratica e con un establishment militare, burocratico e finanziario sicuramente più vicino a Joe Biden e ai “vecchi” Repubblicani moderati che al trumpismo.
Da Meloni l’atlantismo è stato coltivato con decisione sia con i viaggi oltreoceano che con la posizione filo-Ucraina e con l’approccio strategico anti cinese, ma i risultati si potranno misurare soltanto dopo l’insediamento di un eventuale governo da lei guidato.
Una mano per la destra italiana potrebbe arrivare dalle elezioni di midterm a novembre, quando i democratici potrebbero essere indeboliti, perdendo in tutto o in parte la maggioranza a livello congressuale.
Ungheria e Polonia
Resta poi il rapporto ideologico e politico tra Meloni e Salvini con l’Ungheria e la Polonia, due paesi dell’Unione europea, ma non dell’Eurozona, governati stabilmente dalla destra nazionalista. Le convenienze di questa alleanza, se ci fosse un governo di destra, non sono chiare.
Polonia e Ungheria non sono partner commerciali forti per l’Italia, sono paesi periferici rispetto a uno fondatore della Comunità europea come il nostro, il loro conservatorismo nazionalista post sovietico c’entra davvero poco con il centrodestra di un paese mediterraneo che è al cuore dell’Unione europea sin dal principio e che ha avuto una grande tradizione di popolarismo.
Se sarà premier, Meloni dovrà costruire geometrie prevalentemente con Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Pedro Sánchez abbandonando la primazia delle alleanze orientali. Tuttavia, con la Germania ci sono rapporti soltanto con la Cdu, che al momento è all’opposizione, a mezzo di Forza Italia, cioè il partito meno forte della coalizione; con la Francia i contatti ci sono stati solamente con Marine Le Pen e Fratelli d’Italia ha criticato aspramente il trattato del Quirinale; e in Spagna Meloni è andata per trascinare le folle al comizio dei neo-franchisti di Vox.
La strada è in salita e ricucire in tempi brevi non sarà semplice. Tuttavia, la crisi energetica offre una opportunità alla destra italiana sul piano politico. I suoi leader dovrebbero dichiarare subito di essere disposti a collaborare con tutti per trovare una soluzione in Europa al problema energetico, indipendentemente da colore e idee politiche degli altri governanti europei.
Se ci fosse lungimiranza si potrebbe osare ancor di più: di fronte a una emergenza così grave si potrebbe tendere una mano anche all’opposizione, usando una prassi che in genere si attua per le riforme istituzionali, al fine di stendere un piano nazionale ed europeo da discutere sia in parlamento che a Bruxelles. Utopia? Quasi certamente, ma in questo caso governare a lungo il paese potrebbe essere una missione molto difficile. E i rischi per il sistema economico e politico del paese molto maggiori.
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