C’è una frase che si usa su internet e che racchiude la quintessenza del presente: «Pics or it didn’t happen», se non hai una foto o un video di ciò che dici di fare, non è vero che lo hai fatto. Si usa per rispondere a chi si vanta, ai colpevoli di bragging, altro termine assimilabile al vocabolario della rete, la koiné digitale che unisce il globo intero sotto la bandiera dei meme.

Hai visto un alieno? Pics or it didn’t happen. Sei stato a cena con Dua Lipa? Pics or it didn’t happen. È la regola numero uno del fight club in cui viviamo, nessuno escluso, questo panopticon digitale in cui tutto si può testimoniare e al contempo manomettere, modificare, rielaborare. Una spinta all’autonarrazione che passa dall’idillio quotidiano e arriva fino ai mestieri più seri, istituzionali, tra medici che seguono i trend su TikTok, cardinali che twittano e politici che streammano.

Tutti possono approfittare dello storytelling, tutti ne possono rimanere vittime. Roberto Gualtieri, il sindaco di Roma, ha scelto di seguire l’antico precetto che Google attribuisce a Giulio Cesare: se non puoi sconfiggere il tuo nemico, fattelo amico. Se non puoi governare l’algoritmo, diventa un suo alleato.

Vicinanza

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A differenza delle altre cariche politiche, collocate nell’immaginario collettivo in palazzi di potere con guardie e lasciapassare che tengono alla larga i cittadini comuni, quella del sindaco è una figura che ha sempre avuto un fondamentale elemento di vicinanza con il suo elettorato. Vicinanza che si traduce in un potenziale rappresentativo caricaturale e grottesco; due ottimi esempi: Cetto La Qualunque o il sindaco Quimby, primo cittadino di Springfield, eccentrici truffaldini con le mani in pasta e la fascia in bella vista, presenzialisti corrotti che sguazzano nel micro strapotere di cui dispongono.

Il sindaco può venire a controllare la buca in strada, scappare in diretta con uno slancio da supereroe per salvare una statua dalle grinfie di un attivista, farsi intervistare per caso come un passante qualsiasi, «Scusi, lei è genovese?» «Sono il sindaco, veda un po’ lei», la famosa gaffe della giornalista di Sky Tg24 è rimasta negli annali. Il sindaco è presenza, intervento, concretezza, è l’anello mancante tra la politica e gli elettori. È l’influencer perfetto.

Munito di un’attrezzatura minimale, il sindaco oggi può girare per i siti che visita raccontando al suo pubblico le sue azioni sul mondo. Oltre la troupe di una televisione privata, oltre il trafiletto sul giornale locale, oltre il comizio, il sindaco influencer può prendere in mano uno smartphone e parlare chiunque lo segua, all’orario che vuole, di ciò che preferisce.

C’era già il seme di questa intuizione nei Buongiorno Milano di Beppe Sala, calzini arcobaleno, playlist in stile Obama, un podcast con la Torre Velasca in copertina, un hashtag non troppo fortunato – #milanononsiferma, Milano poi si è fermata eccome – un video con i Club Dogo che scimmiotta la vulgata di Milano Gotham City d’Italia. Dove, se non nella città del marketing, nella capitale morale e digitale, un sindaco-manager poteva fare meglio l’influencer? Eppure, stavolta ha vinto Roma.

Un rapporto difficile

Roberto Gualtieri è sindaco dall’ottobre del 2021. Chiunque viva a Roma sa che il rapporto dei suoi abitanti con la città eterna e con chi la amministra è quantomeno paradossale. L’umore oscilla dalla mitopoiesi epica all’apostrofe senza vie di mezzo, e così anche il racconto dell’operato del sindaco, difficile da analizzare dall’esterno senza incappare nella damnatio memoriae o nella leggenda.

Le stagioni gloriose sono quelle delle giunte rosse dei primi anni Ottanta, Petroselli, Vetere e Argan, poi ci sono i nomi della lista nera, i più recenti: Alemanno, il sindaco spalaneve, e Raggi, la sindaca Spelacchio. Gli epurati, Marino su tutti, quelli che abbandonano la carica preferendo la poltrona alla sedia da osteria, Veltroni anche noto come «L’Obama italiano», Rutelli «Cicciobello» e la sua grande giunta, i Rutelli Boys, da cui proveniva anche il candidato del 2016 Giachetti.

Di Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia, professore di Storia alla Sapienza, inizialmente non si sa molto. Quello che emerge a livello pubblico è la sua grande passione per la chitarra classica, che sfoggia ogni volta che può, in televisione, alla radio, agli eventi istituzionali. Il repertorio di Gualtieri va da Bella ciao a Baglioni, l’atmosfera da falò in spiaggia con lui è assicurata, i cantieri per il Giubileo sparsi per la città in tutta fretta a ridosso della scadenza del 2025 e che fanno tanto arrabbiare i tassisti pure. E poi?

Una benedizione

Poi arriva TikTok. Sulla piattaforma che spaventa i governi occidentali, Roberto Gualtieri trova una forma straordinaria. È un Alberto Angela delle borgate, un eroe gentile che illustra le bellezze della nuova flotta Atac.

Caschetto di sicurezza in testa, gilet catarifrangente, il primo cittadino ci porta nelle sue piccole avventure quotidiane tra voragini che si aprono sul manto stradale capitolino, inghiottendo macchine e alberi, e demolizioni di ecomostri. È un confidente per i giovani, un amico per la comunità, è l’amico che tutti vorrebbero, quello che ti rasserena anche nei momenti di caos: se la metro B di Roma è sempre in ritardo, lui compra nuovi treni.

È il sogno di tutti i sindaci, avere sempre con sé una telecamera che testimoni ogni sanpietrino poggiato a terra, ogni fontanella che si accende, ogni area verde che viene inaugurata.

L’ipernarrazione, per chi deve dare prova giornaliera del suo operato, è una benedizione, è il pic or it didn’t happen diffuso, perenne. Certo, non sono tutti precettori gentili come Gualtieri, e c’è chi al format educativo preferisce un film western, tra sceriffi e pattuglie, e chi come Marco Ballarini, sindaco di Corbetta, indugia nello slang giovanile, parlando ai suoi bro, esclamando «Ziopera», pushando con le ruspe.

Divertente o funzionale che sia, la strategia del sindaco social, con il suo piccolo emittente personale che gli consente di dare prova delle sue azioni, può tornare utile, anche se resta da capire quanto follower sia sinonimo di elettore, e quanto views sia sinonimo di consensi. Nel frattempo, tra un trend e un video virale, da cittadini non ci resta che augurarci che non sia solo bragging, e che oltre alle pics le cose succedano davvero.

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