La tesi di rito è che Cl sia un movimento votato all’educazione alla fede che, come tale, non fa politica. Tuttavia il Meeting riminese, da sempre, rappresenta un appuntamento politico. Più precisamente l’evento con il quale, in chiusura della pausa estiva, la politica riprende parola. I politici fanno a gara per parteciparvi.

Del resto, il programma del Meeting è da sempre infarcito di interventi affidati a personalità politiche e persino dei vertici delle istituzioni. Premier e presidenti della Repubblica. Dunque, fuor di ipocrisia, non è impropria la domanda circa l’orientamento politico di Cl. Solo – questo sì – con la seguente avvertenza: che ci si interroga sui responsabili del movimento, non sui suoi aderenti o simpatizzanti, ove gli orientamenti politici sono i più diversi e diversa è l’intensità del rapporto con la politica. Spesso decisamente esile e rapsodico, come in genere tra i giovani.

L’edizione del Meeting di quest’anno ha registrato la partecipazione di ben tredici ministri del governo Meloni e l’assenza dei leader dell’opposizione. Non è casuale. È in linea con la tradizione di Cl, la quale fa perno su due costanti.

Filogovernativi

La prima: la tendenza a stabilire una sorta di collateralismo con le forze di governo pro tempore, al centro e nei territori. Un rapporto che si spiega anche in relazione alla estesa rete di opere e di attività riconducibili direttamente o indirettamente a Cl (il suo braccio, la Compagnia delle opere) che necessitano di una interlocuzione o di un sostegno da parte dei governi rispettivamente nazionale e locale. Una prassi ispirata dalla idea-forza della sussidiarietà – parola amata da Cl e a volte un po’ tirata – ovvero di una cooperazione tra pubblico e privato, tra formazioni sociali e istituzioni.

Lo stesso Meeting, pur avvalendosi della generosa disponibilità di centinaia di volontari, è evento che molto deve anche al sostengono materiale di ministri, di amministratori a tutti i livelli, di aziende pubbliche e dello Stato. Quest’anno in particolare di Matteo Salvini e del suo ministero delle Infrastrutture.

Resta da spiegare come l’enfasi sulla sussidiarietà, sul protagonismo dei corpi intermedi e contro la disintermediazione non conducano a una recisa opposizione alla riforma del premierato, per definizione ispirata alla logica contraria della concentrazione e della verticalizzazione del potere.

Rotta a centrodestra

Seconda costante: un rapporto privilegiato con il centrodestra. Salvo qualche “scappatellla” con De Mita e con Craxi regnanti. I due leader più amati dal popolo di Cl, puntualmente accolti con entusiasmo ai meeting che si sono succeduti nel tempo, sono stati Andreotti e Berlusconi.

Di nuovo due sono le chiavi di lettura di tale affinità prevalente: la prima di natura ideologica, ovvero, come accennato, una visione che enfatizza l’autonomia delle forze economiche e sociali e coltiva una certa diffidenza verso l’intervento diretto dello Stato e delle amministrazioni locali, salvo che esso si concreti nel “sussidio” alle azioni del privato-sociale (cui non è estraneo il modello sanitario lombardo).

La seconda ha a che fare con il rapporto tra autorità e autonomia personale praticata dentro il movimento. Uno stile delle relazioni interne che forgia una mentalità, un costume gerarchico il quale, per definizione, presuppone e insieme propizia una vicinanza alla visione gerarchica della destra.

Letture sbagliate

Ragioni ideali e pratiche che spiegano l’orientamento politico prevalente di Cl o almeno dei suoi vertici. A dispetto di certe letture che, da sinistra, si sono volonterosamente adoperate per accreditare una trasversalità di Cl agli schieramenti, l’impressione da tale esposizione politica è che – dopo un’impasse originata da un lato da un intervento correttivo del papa sui responsabili adulti del movimento, dall’altro dalle dimissioni non indolori del sacerdote ex responsabile don Julian Carron con la sua maldigerita “scelta religiosa”, nonché dal trauma delle disavventure giudiziarie di Formigoni, il politico più rappresentativo di Cl – il movimento abbia ripreso il suo tradizionale protagonismo politico nel campo che gli è più congeniale.

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