- La trasferta a Santa Maria Capua Vetere del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro della Giustizia Marta Cartabia è il più enigmatico capitolo dell’azione dell’esecutivo dal suo insediamento.
- Dopo una violenza di Stato, ci si aspettava una reazione di Stato di segno uguale e contrario. Con tutto il rispetto, a nessuno importa dei sentimenti individuali, della compassione dei singoli esponenti delle istituzioni.
- Il premier Draghi ha tenuto un discorso intenso che sembrava la premessa per annunci epocali da parte della ministra della Giustizia Cartabia. E invece niente, solo l’annuncio di una riforma dell’ordinamento carcerario. Vedremo.
La trasferta a Santa Maria Capua Vetere del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro della Giustizia Marta Cartabia è il più enigmatico capitolo dell’azione dell’esecutivo dal suo insediamento. Dopo una violenza di stato, ci si aspettava una reazione di stato di segno uguale e contrario. La compassione dei singoli esponenti delle istituzioni non è il punto in questa storia.
Tutto il mondo ha visto i video di un pestaggio organizzato ai danni di persone inermi, affidate alla responsabilità delle istituzioni, il 6 aprile 2020. E chi ha letto le inchieste di Domani sa che dopo quelle violenze c’è stato un depistaggio avallato a più livelli. Il premier Draghi ha tenuto un discorso intenso che sembrava la premessa per annunci epocali da parte della ministra della Giustizia Cartabia. E invece niente, solo l’impegno a una riforma dell’ordinamento carcerario. Vedremo. Cartabia appare e parla ovunque tranne che in parlamento, dove non ha mai riferito sui fatti di Santa Maria.
Si dimostra empatica ed enfatica, ma finora non ha preso alcun provvedimento: ha sospeso 52 agenti solo dopo le misure cautelari (e ci mancherebbe pure), non ha sostituito il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Bernardo Petralia, non ha neppure preteso le dimissioni della direttrice del carcere di Santa Maria, Elisabetta Palmieri.
Il timore del governo sembra soprattutto una reazione di protesta della polizia penitenziaria, che potrebbe far perdere il controllo delle carceri. E dunque la penitenziaria non si tocca. Ma parlare del problema del sovraffollamento carcerario in una prigione dove i detenuti sono stati massacrati dagli agenti, non dagli spazi angusti, è al limite dello sfregio: un po’ come dire che Stefano Cucchi è morto per problemi di droga e non per aver incontrato carabinieri che lo hanno ammazzato di botte.
Sia nella vicenda di Santa Maria che in quella di Cucchi la verità è arrivata grazie al lavoro della stampa, prima che degli inquirenti. La scelta di prevedere gli interventi di Draghi e Cartabia senza domande dai giornalisti, pur invitati sul posto, è un altro segnale di istituzioni interessate soprattutto a preservare lo status quo più che a correggere le evidenti storture.
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