L’Inghilterra apre forse una nuova era nei trasporti, con l’annuncio alla celebre mostra aerea di Farnborough dell’autorizzazione del primo “corridoio protetto per droni” di 265 km, che collegherà una serie di città industriali nell’area di Londra. Sarà per ora limitato a veicoli elettrici senza pilota addetti al trasporto merci.

La tecnologia dei droni sta aprendo nuove frontiere. L’applicazione pratica al trasporto di persone sembra imminente, sotto forma di taxi-droni. Per ora con forti vincoli molto: un pilota a bordo, anche qui corridoi aerei delimitati, servizi solo urbani. Si parla di servizi attivi a Guanzhou (Cina) e forse a Dubai nel 2024.

Avere dei taxi volanti che evitino la congestione urbana è certo un’ottima cosa, ma all’inizio si tratterà di servizi costosi per pochi eletti. Ma l’evoluzione tecnologica di questo mezzo promette ben altro: prima la graduale la scomparsa del pilota, sostituito dalla guida a distanza, poi dalla collaborazione del sistema a distanza con viaggiatori abilitati al controllo del mezzo.

Poi sono sicuramente prevedibili due “migrazione tecnologiche”: la prima avverrà dai rilevanti investimenti in corso in sistemi di controllo per la guida automatica delle automobili, veicoli che devono affrontare contesti a due sole dimensioni ma irti di ostacoli (la strada con pedoni, ciclisti ecc.).

I droni dovranno affrontare le tre dimensioni, ma appunto all’interno di corridoi aerei dedicati e sorvegliati. La seconda “migrazione” avverrà dall’altro segmento che vede rilevanti investimenti a scala mondiale, quello delle batterie, che diventeranno più leggere e più performanti (in particolare quelle allo stato solido).

La convergenza tecnologica potrà dar luogo a droni sicuri e non inquinanti destinati alla mobilità individuale, con le conseguenti rapide economie di scala per ridurne drasticamente i costi di produzione.

E anche gli investimenti diretti nei progetti di taxi-droni incominciano ad essere rilevanti: l’Economist li stima già nel 2021 in più di 5 miliardi di Euro, ma in crescita esponenziale. Sono coinvolte molte start-up, con solidi investitori privati europei, americani e cinesi. Anche Boeing e Airbus sono della partita, come lo sono alcuni costruttori di automobili, e la piattaforma di taxi Uber.

I problemi maggiori sono di ordine normativo, sia per quanto concerne i veicoli (standard di sicurezza) che le licenze a operare servizi commerciali. Ma l’avvio inglese di servizi di distribuzione di merci consentirà ampie sperimentazioni sia sulle tecnologie che sulla sicurezza, e ottenere economie di scala iniziali.

Da segnalare anche la recente messa in commercio di un drone monoposto svedese per uso turistico-ricreativo (il Jetson 1), a 92.000 euro, non certo per tutti, ma neppure proibitivo, e si consideri che è prodotto ancora in numeri limitatissimi.

El’Italia?

La nostra assenza in questo settore è poco nota, mentre certo più nota invece è la scarsa presenza dell’Italia nelle due frontiere tecnologiche del trasporto terrestre: i veicoli stradali non inquinanti (a batterie e a idrogeno), e le guida automatica.

Per i primi sembra mancare nel Pnrr una strategia organica del potenziamento dei punti di ricarica, in cui siamo arretrati rispetto ai paesi nordici europei, mentre per la guida automatica non siamo nemmeno partiti. Anche se il suo sviluppo ha avuto un rallentamento non previsto, le tecnologie relative stanno già dando importanti contributi alla sicurezza dei veicoli.

La perdita di ruolo dell’industria automobilistica italiana non sembra scindibile da un qualche fattore ideologico che vede nel mezzo individuale un simbolo consumistico-capitalistico. Ovviamente l’elettrificazione dei veicoli stradali, anche merci, annullerà gradatamente negli anni futuri i benefici ambientali delle scelte tutte ferroviarie del Pnrr.

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