- Nella NATO può entrare ogni Stato europeo in grado di rispettare e promuovere i principi sanciti nel Trattato istitutivo e di contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale. È la politica definita “della porta aperta”.
- I Paesi interessati a entrare devono soddisfare requisiti politici, economici e militari, tra i quali «un sistema politico democratico funzionante basato su un'economia di mercato» e «la capacità e la volontà di dare un contributo militare alle operazioni della NATO».
- Negli ultimi anni, la NATO ha sostenuto l’Ucraina, soprattutto al fine di rafforzarne la capacità di difesa, oltre a predisporre un pacchetto di assistenza globale, che include programmi di supporto in diversi settori.
Dopo l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, si discute sull’allargamento della Nato. Finlandia e Svezia hanno fatto istanza di adesione, mentre l’Ucraina al momento vi ha rinunciato. Può essere utile spiegare la procedura per l’ingresso nell’Alleanza e chiarire a che punto dell’iter fosse arrivata l’Ucraina, prima della guerra.
L’ingresso nella Nato
L’adesione di nuovi Stati è prevista dal Trattato di Washington (art. 10), in base a cui gli Stati membri, previo accordo unanime, possono invitare a far parte dell’Alleanza atlantica ogni Stato europeo in grado di rispettare e promuovere i principi sanciti nel Trattato stesso e di contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale. È la politica definita “della porta aperta”: «la porta della Nato rimane aperta a qualsiasi paese europeo in grado di assumere gli impegni e gli obblighi dell'adesione e contribuire alla sicurezza nell’area».
I Paesi interessati a entrare devono soddisfare una serie di requisiti politici, economici e militari, delineati dallo “Studio sull’allargamento della Nato”, commissionato dall’ONU nel 1995 al fine di valutare preventivamente i possibili impatti di un’inclusione dei Paesi ex-sovietici nell’organizzazione.
Secondo lo Studio, i paesi che vogliono aderire devono conformarsi a «principi di democrazia, libertà individuale e stato di diritto», dimostrando di aver soddisfatto determinati requisiti, tra i quali «un sistema politico democratico funzionante basato su un'economia di mercato; il rispetto delle minoranze; un impegno per la risoluzione pacifica dei conflitti; la capacità e la volontà di dare un contributo militare alle operazioni della Nato», contribuendo così anche alla deterrenza riguardo ogni potenziale aggressione contro di essa.
«Non esiste un elenco fisso o rigido di criteri per invitare nuovi Stati membri ad aderire all'Alleanza» - si legge nello Studio - ma gli alleati decidono per consenso un nuovo ingresso se, secondo il loro giudizio, ciò contribuisce alla sicurezza e alla stabilità nell'area del Nord Atlantico.
Le fasi dell’ingresso
Sul sito della Nato sono riportati i passaggi principali del processo di ingresso. Il primo consiste nello svolgimento di colloqui con ciascun Paese interessato ad aderire. Si tratta del cosiddetto “dialogo intensificato” (intensified dialogue) sulle intenzioni di entrata nella Nato e sulle riforme a ciò necessarie. I colloqui riguardano la volontà e la capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, legali e militari dell'adesione, stabiliti nel Trattato di Washington e nel citato Studio sull'allargamento.
In una prima sessione vengono affrontate questioni politiche e di difesa o militari, essenzialmente per stabilire se le precondizioni per l'adesione siano soddisfatte. Nella seconda sessione, più tecnica, la discussione riguarda risorse, sicurezza e profili legali, nonché il contributo al bilancio comune della Nato, determiNato su base proporzionale, secondo le dimensioni dell’economia di ogni paese. Il paese interessato è inoltre tenuto ad attuare misure per garantire la protezione delle informazioni classificate dell’Organizzazione.
Gli Stati che intendano fare ingresso nella Nato possono essere ammessi a un Piano d'azione per l'adesione (MAP, Membership Action Plan), cioè un programma di consulenza, assistenza e supporto pratico di preparazione all’entrata nell'Alleanza.
Nell’ambito del MAP vengono valutati i progressi fatti in tale senso, anche attraverso un rapporto annuale sulle riforme del Paese candidato. Il Montenegro ha aderito al MAP a fine 2009 ed è diventato membro dell’Alleanza nel 2017. La Bosnia-Erzegovina è entrata nel Piano d’azione nel 2010, ma non è ancora nella Nato.
Nella seconda fase, il Paese fornisce conferma della sua accettazione degli obblighi e degli impegni di adesione sotto forma di lettera di intenti che ciascun ministro degli Esteri indirizza al Segretario generale della Nato. Insieme a questa lettera sono presentati anche i calendari delle riforme.
Nella terza fase, la Nato predispone i protocolli di adesione al Trattato di Washington, che si traducono in emendamenti o aggiunte al Trattato stesso e che, nella fase successiva, sono firmati e ratificati dagli alleati secondo l’iter previsto nei rispettivi Paesi.
Una volta che tutti gli Stati membri della Nato abbiano notificato al governo degli Stati Uniti d'America, depositario del Trattato di Washington, la loro accettazione dei protocolli relativi ai potenziali nuovi membri, questi ultimi aderiscono secondo le procedure nazionali. E, dopo aver depositato i loro strumenti di adesione presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, essi entrano formalmente nella Nato.
L'Ucraina e la Nato
I rapporti tra l'Ucraina e la Nato erano iniziati nel 1991, quando il Paese aveva dichiarato la propria indipendenza e aderito al Consiglio di cooperazione del Nord Atlantico (1991) e al Programma di partenariato per la pace (1994). In seguito, la “Carta su un partenariato distintivo” (1997) aveva istituito la Commissione Nato-Ucraina (NUC), per valutare la cooperazione tra i due soggetti e la progressiva integrazione dell’Ucraina nell’Alleanza.
Nel 2005, tra la Nato e l’Ucraina era stato avviato un “dialogo intensificato” circa la possibilità di un ingresso del Paese e le riforme a ciò necessarie. L’Ucraina non è andata oltre questo stadio. Nel 2008, il vertice dell’Organizzazione discusse se all'Ucraina dovesse essere concesso un MAP, ma rimandò la decisione a un futuro imprecisato.
Nonostante ciò, come si legge sul sito della Nato, la cooperazione è proseguita, con la partecipazione dell'Ucraina a operazioni e missioni guidate dall’Alleanza e con il sostegno di quest’ultima allo sviluppo democratico del Paese e al rafforzamento della sua capacità di difendersi. Dal 2016, il sostegno si è tradotto in un pacchetto di assistenza globale (PAC) che include programmi di supporto in settori come la protezione informatica, la logistica e la lotta alla guerra ibrida.
Nel 2017, il Parlamento ucraino ha approvato una legge che riconosce l’adesione alla Nato come obiettivo strategico della politica estera e di sicurezza del Paese. Lo stesso è stato sancito da un emendamento del 2019 alla Costituzione. Nel settembre del 2020 il presidente, Volodymyr Zelensky, ha approvato la nuova Strategia di Sicurezza Nazionale, nell’ambito della quale si prevede il consolidamento della collaborazione con l’Alleanza Atlantica.
L’Ucraina al momento ha rinunciato all’ingresso nella Nato, come detto. Del resto, lo Studio sull'allargamento considera specificamente gli Stati che aspirano all’entrata, ma che hanno controversie territoriali esterne. La risoluzione non pacifica di tali controversie avrebbe impatti riguardo alla clausola difesa collettiva di cui al Trattato (art. 5).
A maggior ragione l’ingresso sarebbe impensabile per un paese oggetto di aggressione. Cosa potrà accadere dopo la fine della guerra in corso è un capitolo ancora tutto da scrivere.
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