- Il fondatore della Quinta Repubblica rimane onnipresente sulla scena. La sua figura opera come un superego che ricorda ai politici i loro doveri di fronte al paese. La sua rettitudine contrasta con le attuali connessioni pubblico-privato.
- Più questa disgiunzione cresce, più il generale diventa un riferimento per i politici: il ricorso al mito gollista nasconde forse più di quanto rivela. La riapparizione del suo fantasma coincide con la chiusura dell'era libertaria aperta con il maggio del ‘68 e il suo ritiro dalla vita politica, e segna lo slittamento a destra della vita politica francese.
- Che uso fanno i candidati della “maschera di de Gaulle”? Le Pen, come Zemmour, la usa per diffondere meglio l'ideologia razzista della grande sostituzione. Macron riafferma la necessità che lo stato sia incarnato da un unico leader; il richiamo è alla nazione e alla provvidenza. Tuttavia, la maggiore parte dei francesi ha capito che l'abito del generale è troppo largo per i suoi successori.
Ogni cinque anni, torna la domanda: chi può assumere la più alta carica dello stato e incarnare la Francia come fece de Gaulle? Questa domanda rivela che la Quinta Repubblica francese è in realtà una monarchia repubblicana.
Lungi dal rimettere in causa questa caratteristica, i candidati alle presidenziali cercano invece di adeguarsi al profilo e rafforzano una concezione conservatrice dell'autorità. In questo modo, l'antico regime si è trincerato nella Repubblica per meglio contrastare i fermenti di guerra civile.
Analizzare il rapporto che i candidati hanno con il fondatore della Quinta Repubblica aiuta a capire le elezioni e gli esiti. La maschera di de Gaulle è una persona ficta nel senso di Hobbes, ma è anche una finzione che permette di offuscare o addirittura di risignificare i fondamenti della cultura politica francese.
De Gaulle e lo slittamento a destra
A ogni ricorrenza, il generale de Gaulle viene celebrato con eventi culturali, programmi tv e pubblicazioni, dall'opera agiografica alla fiction satirica come Il ritorno del generale di Benoît Duteurtre, in cui de Gaulle ritorna dalla morte per salvare ancora la Francia.
Questo romanzo del 2012 fa eco al ritorno dei suoi contemporanei, Hitler e Mussolini, nelle fiction tedesche e italiane. Nel 2019, il generale era sui grandi schermi nelle vesti di Lambert Wilson, in una serie TV, poi in un cartone animato ispirato al fumetto di Jean-Yves Ferri, de Gaulle in spiaggia.
Nonostante il crollo del partito repubblicano, il fondatore della Quinta Repubblica rimane onnipresente sia sulla scena culturale che politica. La sua figura opera come un superego che ricorda ai politici i loro doveri di fronte al paese. Parlare di maschera, in riferimento al generale de Gaulle, significa parlare di identità nazionale in relazione alla presidenza.
L'attuale interesse dei francesi per de Gaulle non è il risultato del suo atteggiamento grandioso, ma del suo impegno disinteressato per il bene pubblico. La sua rettitudine contrasta con le attuali connessioni pubblico-privato.
Più questa disgiunzione è cresciuta, più il generale è diventato un riferimento indispensabile per i politici desiderosi di affermare la loro probità. Quindi il ricorso al mito gollista nasconde forse più di quanto rivela.
La riapparizione del suo fantasma coincide con la chiusura dell'era libertaria aperta con il maggio del ‘68 e il suo ritiro dalla vita politica, e segna la destrizzazione generale della vita politica francese.
La presidenza concepita da de Gaulle pone oggi difficoltà alla sinistra: non si è ancora capito cosa potrebbe essere un presidente di sinistra sotto la Quinta Repubblica. François Mitterand ha assunto il ruolo di monarca dopo averlo criticato, la normalità di François Hollande non ha convinto nessuno (nemmeno i suoi) e la proposta di Jean-Luc Mélenchon di creare una Sesta Repubblica non ha incontrato l'adesione necessaria a un tale cambiamento.
Se questa istituzione è problematica per la sinistra, lo è ancora di più per le donne, indipendentemente dal partito. Nel paese della legge salica, incarnare l'autorità in veste femminile non è evidente. Le loro ambizioni sono sempre accolte da reazioni sessiste. Con la personalizzazione del potere, il corpo reinveste di fatto un ruolo chiave.
Memoriali e presidenziali
Ad ogni anniversario, i candidati alla presidenza accorrono ai memoriali gollisti. Quelli che hanno la fortuna di essere ammessi dalla famiglia de Gaulle, vanno a Colombey-les-deux-églises. Lì si trova il maniero del generale. Tutti i presidenti ci sono andati almeno una volta, a eccezione di Mitterrand.
In autunno 2021, la possibile visita di Éric Zemmour ha generato un clamore: repubblicani e socialisti si sono uniti per ostacolarlo. Resta il fatto che Zemmour - che aveva già visitato il luogo il 18 giugno 2021 - continua a dirsi gollista, a costo di molteplici manipolazioni della storia e nonostante i suoi sostegni storicamente anti-gollisti.
Nel video della sua campagna c'è un riferimento subliminale all'appello del 18 giugno: l'ex giornalista del Figaro parla davanti a un enorme microfono anacronistico che ricorda quello davanti al quale de Gaulle parlava sulla famosa foto dell'appello.
Zemmour si riferisce costantemente a de Gaulle, ipotizzando le posizioni che avrebbe oggi o adattando citazioni mai esistite, prima fra tutte: «Con l'integrazione, il mio paese non si chiamerebbe più Colombey-les-Deux-Eglises, ma Colombey-les-Deux-Mosquées».
Le distorsioni di Zemmour e Le Pen
Marine Le Pen sa di non essere gradita nel maniero dei de Gaulle, dunque per l'anniversario della morte del generale ha deciso di recarsi sulla spiaggia normanna dove il generale era sbarcato nel giugno 1944. Poi ha raggiunto la città di Bayeux per far un discorso come aveva fatto il generale stesso.
Questa piccola città è un luogo politico importante perché fu il posto che de Gaulle scelse per incontrare i francesi appena liberati e quello in cui tornò nel 1946 per delineare ciò che dovevano essere, secondo lui, le istituzioni politiche francesi; prefigurava la costituzione del 1958, emersa dal clima di guerra civile generato dalla guerra in Algeria.
Nel discorso che ha tenuto sotto i fischi e le sirene, Le Pen ha spiegato che è lei l'unica vera erede del generale, e gli altri candidati meri usurpatori. Da Bayeux ha chiamato alla «riconquista» della Francia non più contro l'occupante nazista, ma contro i migranti, proprio come Zemmour.
L’estrema destra usa oggi il luogo simbolo della Resistenza per diffondere meglio l'ideologia razzista della grande sostituzione. Questa manipolazione da cultural war ha scandalizzato il nipote del generale de Gaulle che ha parlato in TV per condannarla.
La nazione secondo Macron
De Gaulle è il grande ispiratore di Macron. Ha fatto sua l'idea della «responsabilità presidenziale» sviluppata da Nicolas Sarkozy: l'ex presidente ha stabilito un legame tra la concezione del ruolo del capo di stato e l'identità nazionale per minimizzare il peso di primo ministro e parlamento. In occasione del cinquantesimo anniversario della morte di de Gaulle, in pieno lockdown, Macron ha twittato da Colombey: «Resilienza e volontà. Questo spirito è stato incarnato da de Gaulle, impegnato per la Francia in tempi di dolore e in tempi di gloria. Questo spirito è l'eredità della Francia». Oggi Macron è in competizione con Le Pen per Bayeux: non vuole lasciarle né la figura del generale né il discorso sulla nazione.
A Bayeux nel 1944 de Gaulle fu acclamato come un salvatore. Ciò gli ha permesso di affermarsi come il legittimo rappresentante della France Libre agli occhi degli alleati per evitare che il suo paese fosse considerato un territorio occupato dall'AMGOT come lo era già l'Italia. Sulla rivista Légende di Éric Fottorino, il presidente in carica loda de Gaulle in un testo intitolato: «À Bayeux, l'esprit de la nation».
Per lui, il discorso di Bayeux suona particolarmente adatto ai tempi che viviamo. Riafferma la necessità che lo stato sia incarnato da un unico leader e spiega che «de Gaulle è soprattutto lo spirito della Nazione, che a volte si confonde con l'uomo e che soffiò così forte a Bayeux». Poi, conclude il suo articolo dicendo che per lui ci sono stati tre momenti in cui è soffiato questo vento: la Resistenza nel 1944, la Repubblica nel 1958 e oggi la Nazione.
Provvidenza e presidenza
Analizzando il mito gollista nel 2010, lo storico britannico Sudhir Hazareesingh affermava già che il provvidenzialismo del generale era diventato un problema nel contesto politico attuale. Un'architettura istituzionale non può basarsi interamente sulle capacità di un unico uomo che concentra le aspettative di un intero popolo.
Jean Guarrigues va anche oltre nel suo recente saggio de Gaulle in spiaggia - L'uomo provvidenziale in transat: dice che il provvidenzialismo gollista è per i francesi un'«eredità avvelenata».
Contrariamente agli italiani, i francesi non percepiscono la figura dell'uomo provvidenziale come una potenziale minaccia per la democrazia. Inoltre, la costituzione del 1958 permetterebbe facilmente a un candidato di estrema destra di attribuirsi tutti in poteri nel caso in cui venisse eletto.
Nonostante l'evidenza, l'attuale sistema non viene messo in discussione, al contrario viene rafforzato. I costituzionalisti hanno addirittura rilevato una maggiore presidenzializzazione della Quinta Repubblica. Questo non è iniziato con Emmanuel Macron: il modello macronista del «Presidente Jupiter» è la continuazione dell'iper-presidenza sarkoziana. Tuttavia, la maggiore parte dei francesi ha capito che l'abito del generale è troppo largo per i suoi successori.
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