- Queste elezioni decideranno i destini dell’Italia. Sono a rischio i fondi del Pnrr e, se le destre arrivassero ai due terzi dei seggi, potrebbero cambiare anche la costituzione.
- Occorre una proposta per riaprire la partita e l’onere spetta al Pd: un’alleanza tecnica, non politica, per i seggi del maggioritario; da ripartire fra tutte le forze alternative alle destre e convintamente europeiste.
- Ogni forza farà poi campagna elettorale autonomamente e avrà il suo programma. Il Pd dovrà puntare sulla giustizia sociale e ambientale e indicare Letta premier come migliore garanzia, per il dopo Draghi.
Le elezioni di settembre decideranno i destini dell’Italia. Lo schieramento dato vincente è ormai una coalizione di destre estreme i cui storici modelli internazionali (da Viktor Orbán, a Vladimir Putin, a Donald Trump, a Jair Bolsonaro) quando sono andati al potere hanno sovvertito gravemente, o ci hanno provato, perfino le regole della democrazia e le libertà fondamentali (e hanno fatto peggiorare le disuguaglianze e la crisi ambientale); e hanno votato contro il Pnrr e cercato di mettere in crisi l’Europa. Occorre poi ricordarsi che le persone tendono ad andare con chi vince: se Giorgia Meloni è la vincitrice designata, il suo risultato potrà poi essere ancora migliore.
Ora, questo esito dipende in sostanza da come andrà il maggioritario (37 per cento dei seggi). Nel proporzionale, le destre in fondo sono intorno alla metà dei voti, forse anche meno. Ma più al maggioritario le altre forze andranno divise, più le destre faranno il pieno, puntando a conquistare oltre i due terzi dei seggi totali: a quel punto potrebbero anche cambiare la costituzione, senza passare per il referendum. Mentre sul versante economico, in questo contesto, rischiamo di perdere il Pnrr e poi la crisi più drammatica della nostra storia.
L’alleanza
Nell’altro campo, a questo punto non c’è modo di costruire una coalizione politica e, viste le profonde divergenze (dall’ambiente al lavoro), forse è un bene che sia così. Ma si tenga presente che l’attuale legge elettorale rende di fatto impossibile anche la desistenza: voto al maggioritario e voto al proporzionale non possono essere disgiunti, pena la nullità.
Data questa situazione, c’è una sola strada che tutti coloro che non vogliono una deriva “ungherese” dell’Italia, e che credono fermamente nell’Unione europea e nei suoi valori, dovrebbero percorrere: costruire una alleanza tecnica, come hanno proposto La Malfa e Prodi, che punti a rendere contendibili i seggi del maggioritario.
Superare i veti
Spetta al Pd di Letta l’onere di proporla: ripartire i candidati del maggioritario fra tutte le forze che si riconoscono in questo orizzonte di fondo, ad esempio in base alla media dei sondaggi. Deve essere un invito rivolto a tutti, senza veti personali. Ma superare i veti incrociati sarà possibile perché non si tratterà di una alleanza politica. Non ci dovranno essere foto di gruppo e auspicabilmente nemmeno un programma comune, se non il massimo impegno a garantire il Pnrr. Ogni partito farà la campagna elettorale autonomamente.
Chi aderisce, sa che eleggerà più parlamentari. Al contempo, sarà libero di portare avanti il suo programma. Il Pd, ad esempio, dovrebbe puntare sulla giustizia sociale e sull’ambiente, sui diritti e il lavoro: e indicare Letta premier come migliore garanzia, per il dopo Draghi. È una proposta che conviene a tutti, ma soprattutto conviene all’Italia. Chi non vorrà aderirvi (per stupidità? Avrebbe detto Cipolla), se ne assumerà la responsabilità davanti alla storia.
© Riproduzione riservata