- Nel Mezzogiorno, oltre a Giorgia Meloni ha vinto anche Giuseppe Conte; hanno vinto due forze, una che è sempre stata all’opposizione dall’inizio della legislatura, e l’altra che è stata percepita come contraria alla permanenza di Draghi.
- Conte è stato aiutato dalla rappresentazione fatta da Tv e giornali come il principale responsabile della caduta del governo Draghi che, lo dicono i numeri, non era popolare nel Mezzogiorno.
- Perché ha avuto successo nel Mezzogiorno arrivando in Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata davanti al Pd e addirittura in Campania davanti anche alle destre?
Partiamo dagli sconfitti nel Mezzogiorno. Può non piacere, e a molti non piacerà, ma il primo, grande sconfitto è Mario Draghi con la sua agenda che solo Letta, Calenda e Renzi vedevano pur non essendo mai esistita nella realtà e ove mai fosse esistita era comunque il frutto della presenza di scelte anche della Lega e di Forza Italia. È un caso se sono stati travolti nei loro progetti politici e sono state frustate le loro ambizioni?
Nel Mezzogiorno, oltre a Giorgia Meloni ha vinto anche Giuseppe Conte; hanno vinto due forze, una che è sempre stata all’opposizione dall’inizio della legislatura, e l’altra che è stata percepita come contraria alla permanenza di Draghi.
Conte è stato aiutato dalla rappresentazione fatta da Tv e giornali come il principale responsabile della caduta del governo Draghi che, lo dicono i numeri, non era popolare nel Mezzogiorno. Questo vestito cucito addosso a Conte, e che lui ha saputo ben indossare, ha oscurato la responsabilità, e gli errori, del movimento che ha governato con i tutti i governi dell’intera legislatura.
Già! Conte. Perché ha avuto successo nel Mezzogiorno arrivando in Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata davanti al Pd e addirittura in Campania davanti anche alle destre? Perché nel voto meridionale ai 5 stelle hanno giocato più componenti.
La prima è la questione del reddito di cittadinanza la cui difesa, davanti ad attacchi venuti da più parti e di varia natura, è apparsa affidata ai soli 5 stelle. Durante la pandemia, senza il reddito di cittadinanza molti sarebbero precipitati nel baratro. E oggi molti hanno votato avendo in mente la crisi economica che si sta affacciando davanti alla soglia di casa e si sono aggrappati ad una misura che non risolve i problemi ma che, in caso di bisogno, dà una qualche forma di protezione.
Hanno visto questa misura come forma di protezione in vista in un futuro fosco. Non c’è allegria in questi comportamenti, né voto di scambio come s’è detto, ma solo l’espressione di una situazione irrisolta, di dolore, di disagio, di smarrimento, di protesta. Non sta bene il Mezzogiorno, e non da adesso, anche se ci sono in quelle realtà punte di eccellenza in molti campi.
Eppure le voci di chi indicava i mali del Mezzogiorno e ha tentato di individuare alcune soluzioni, non sono state ascoltate. Perciò quella misura è stata vista non come una delle tante promesse, ma come un atto concreto, tangibile.
Conte s’è avvantaggiato anche del fatto che la sinistra, e il Pd in particolare, è stata afona rispetto ad alcuni temi tipici della sua storia recente e più antica, quelli legati al tema della disuguaglianza, della diminuzione delle opportunità di lavoro stabile e dignitoso, dei salari che non sono mai cresciuti in questi ultimi decenni e di una moderna e radicale visione legata ai mutamenti climatici che tanta attenzione hanno tra i giovani.
Il vuoto della sinistra
L’agenda sociale è stata dimenticata dal Pd e dalla sinistra. Ed è paradossale che ciò sia avvenuto nel mentre c’è papa Francesco che ad Assisi ha pronunciato parole forti di fronte ai giovani e altrettanto potenti di fronte ai rappresentanti di Confindustria indicando una strada: «È il modello di ordine sociale da mettere in discussione». E ha aggiunto: «Occorre ribadire con forza il ‘no’ ad ogni forma di sfruttamento delle persone e di negligenza della loro sicurezza» sollevando anche la questione della forbice tra i salari, la quota «che va alla rendita finanziaria» e le retribuzioni dei top manager. È la sinistra che deve riappropriarsi di queste tematiche che un tempo le appartenevano e tradurle in azioni politiche, in battaglie sociali, parlamentari, culturali.
Nel voto meridionale c’è stata protesta, ricerca di una protezione immediata e assenza di un’alternativa credibile che si è tradotta nel voto di astensione; si, molti hanno votato astenendosi. In altri momenti della sua storia pezzi di Mezzogiorno si sono affidati alla destra sperando in una palingenesi. La differenza è che oggi le destre non hanno trovato un argine e sono maggioritarie.
Si può aggiungere – e non per consolazione, tutt’altro – che ciò non è accaduto solo per i meriti ma per i tanti e vistosi demeriti degli avversari che avevano un’autostrada davanti e hanno scelto i viottoli di campagna.
Infine, e non è questione secondaria, il Pd non ha saputo offrire una proposta di rinnovamento nelle candidature, non si è saputo aprire alla società civile e ha dato l’impressione di dover difendere apparati e gruppi dirigenti scollegati dalla realtà e catapultati a caso in vari collegi sacrificando realtà di amministratori seri e legati al territorio.
Un discorso a parte merita la Sicilia perché lì, alle comunali di Palermo di qualche mese fa e alle regionali, c’è stata la restaurazione di vecchi equilibri che si pensava fossero oramai superati. Si è sottovalutata la questione siciliana, ed ora è tempo di correre ai ripari.
© Riproduzione riservata