- Il Pd ha passato la campagna elettorale a piangere le dimissioni di Mario Draghi, significava la fine dell’esperienza di governo, e non riesce a guardare avanti.
- La caduta dell’ex presidente della Bce è stata la miccia che ha fatto esplodere i piani dei democratici.
- La questione dell’alleanza tra Partito democratico e Movimento Cinque stelle, il cui fallimento ha fatto perdere le elezioni, ora va riaperta subito.
L’infinito intreccio d’incontri che richiama il “Girotondo” di Schnitzler è arrivato alla fine. E’ cominciato con il governo tecnico di Mario Monti, a cui sono succeduti i governi politici di Enrico Letta, Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, Giuseppe Conte, per concludersi con un altro governo tecnico, quello di Mario Draghi.
Ora ci aspettano anni di governo della destra, la "novità” italiana dell’autunno 2022, giusto cento anni dopo la Marcia su Roma. I primi a congratularsi in Europa con Giorgia Meloni sono stati non a caso Marine Le Pen e Viktor Orbán.
In attesa che si svegli il mostro della destra vittoriosa, si può guardare cosa succede dall’altra parte.
Finalmente si dovrà scegliere cosa sarà la sinistra del futuro. Come ricordato da Stefano Feltri su questo giornale, il Partito ddmocratico è diventato respingente. Comunque non si scioglierà.
Il Pd ha passato la campagna elettorale a piangere le dimissioni di Mario Draghi, significava la fine dell’esperienza di governo, e non riesce a guardare avanti.
La caduta dell’ex presidente della Bce è stata la miccia che ha fatto esplodere i piani dei democratici.
La questione dell’alleanza tra Partito democratico e Movimento Cinque stelle, il cui fallimento ha fatto perdere le elezioni, ora va riaperta subito.
È il tema più urgente. Non si può rinnegare anni di alleanza condivisi, in cui Pd e M5s hanno lavorato insieme. I provvedimenti del secondo governo Conte durante la pandemia sono stati fondamentali.
Hanno aiutato la gente durante un momento difficile con concretezza. Era un’alleanza moderna e aiutava sia il Pd che il Movimento.
La rottura è stata una mossa che l’elettorato non ha capito e i risultati del 25 settembre lo dimostrano. Dopo anni di collaborazione è stato spazzato via tutto in un minuto. Da fuori sono sembrati una gabbia di matti.
Ora il Pd vuole guardare alla sua sinistra e tornare a dialogare con i Cinque stelle oppure preferisce forse diventare un partito di centro?
La domanda è semplice, ma il Partito cerca una risposta complicata. Si parla purtroppo di tempi lunghissimi e sembra che prima di febbraio non avremo una risposta. Un grave errore.
Dimostra che il partito pensa solo a se stesso, che non è dinamico e che i signori borghesi incravattati pensano di decidere da soli il futuro della sinistra.
Un’altra possibilità di cui si parla è l’arrivo di un “papa straniero”, termine coniato da Ezio Mauro, un’idea brillante a cui il Pd sembra essere allergico.
Questa volta potrebbe rivolgersi a Elly Schlein, ma andrebbe bene chiunque, a patto che abbia le idee chiare. A meno che non vogliano dialogare con Carlo Calenda e suicidarsi definitivamente.
Il segretario uscente, Enrico Letta, ha parlato di “aprire il Pd”. Bisognerà vedere se, dopo aver perso la fiducia del paese, qualcuno ci vorrà entrare.
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