- È utile rileggere la dichiarazione dei sovranisti europei di qualche mese fa per capire cosa sia davvero il sovranismo contemporaneo e cosa i suoi sostenitori hanno in mente per il futuro di noi europei.
- Non esiste uno stato originario di purezza (nazionale o popolare che sia) che avremmo abbandonato e a cui dovremmo tornare. Sia la sovranità nazionale che quella popolare hanno bisogno di limitazioni e regole.
- Nella Costituzione è scritto che la “sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La frase va letta per intero e le due parti di essa non possono mai essere disgiunte. L’idea generale e lo spirito con il quale fu scritta la nostra Costituzione è che nessun diritto sovrano può essere assoluto (né del popolo né della nazione) perché deve incontrarsi con quello degli altri (dentro il popolo e nei confronti delle altre nazioni)
Mentre ferve la polemica tra Lega e Fratelli d’Italia su chi sia più in grado di rappresentare il verbo sovranista, è utile rileggere la dichiarazione dei sovranisti europei di qualche mese fa per capire cosa sia davvero il sovranismo contemporaneo e cosa i suoi sostenitori hanno in mente per il futuro di noi europei. Si tratta di un testo abbastanza generico e breve, per la maggior parte scritto dai francesi del Rassemblement National, il partito di Marine Le Pen. Ovviamente il nucleo del documento si concentra sul concetto di sovranità.
I sovranisti utilizzano il termine sempre legato a quello di nazione: anche nel testo si parla di “sovranità nazionale” o delle nazioni. D’altro canto molti ideologi della sinistra marxista (dai socialdemocratici ai trotzkisti) legano invece il termine sovranità a quello di popolo.
Il senso del limite
Nelle democrazie popolari del socialismo reale si parlava sempre di “sovranità popolare”. Anche nella nostra Costituzione è scritto che la «sovranità appartiene al popolo» ma le scuole di pensiero cattolica e liberale vi hanno aggiunto indissolubilmente la frase: «che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Non esiste sovranità senza limitazioni e regole.
L’idea dei popolari e dei liberali è che qualunque potere assoluto è pericoloso per la società dei cittadini. La destra da sempre preferisce l’idea di sovranità nazionale ma per i liberali, i cattolici e i protestanti, anch’essa ha le sue limitazioni nella nostra Costituzione, come ad esempio nel caso del ripudio della guerra.
Nello spirito dei padri costituenti anche l’interesse nazionale si autolimita negandosi il diritto di usare le armi, senza considerare le ragioni o i torti: si tratta di un principio -questo sì- assoluto secondo il quale i contenziosi vanno risolti altrimenti.
L’idea generale e lo spirito con il quale fu scritta la nostra Costituzione è che nessun diritto sovrano può essere assoluto (né del popolo né della nazione) perché deve incontrarsi con quello degli altri (dentro il popolo e nei confronti delle altre nazioni). Ciò vale a livello interno così come nelle relazioni internazionali.
Tale è il portato della tragica esperienza delle due guerre mondiali che hanno condotto l’Europa quasi al suicidio collettivo: i due conflitti mondiali sono esplosi a causa dei presunti diritti delle nazioni che si sono scontrate a morte pensando (tutte) di aver ragione.
La letteratura nazionale (e non solo nazionalista) di ogni stato europeo è piena di lamenti vittimistici sui propri diritti violati, su trattati ingiusti ecc. Il concetto di sovranità nazionale doveva dunque essere limitato: da qui la nascita del processo d’integrazione europea.
Anche il principio di sovranità popolare doveva autolimitarsi: nessuno poteva più ergersi a unico rappresentante del popolo e parlare da solo in suo nome. Si respingeva così il sistema marxista che aveva distorto il concetto stesso di popolo mediante la divisione in classi e la conseguente polarizzazione e necessità del trionfo di una di esse sulle altre.
In Europa liberali, laici, ebrei, cattolici e protestanti –ai quali ad un certo punto si è associata una parte dei socialdemocratici- hanno gradualmente postulato un popolo non monolitico ma plurale e perciò stesso una nazione articolata, unita da principi e leggi e non da “sangue e suolo”, né solo dai vincoli di un’unica cultura o lingua.
L’Europa sovranista
Cosa cercano di fare ora i sovranisti contemporanei? Affermano di volere anche loro l’Europa (che una volta aborrivano) ma solo come relazioni tra Stati-nazione: un’Europa confederale di nazioni sovrane. Rispetto al passato è già un passo avanti ma è ancora troppo poco se confrontato con la realtà.
I sovranisti riaffermano un nazionalismo puro e valoriale cioè, alla fin dei conti, un nazionalismo etico. Nel loro ragionamento la nazione stessa ha una sua etica unitaria e pura, se non della razza almeno della cultura, della lingua e di certi valori archetipi inclusa la religione.
Chiunque può rendersi conto quanto questo sia impossibile, come già lo fu in passato. Qui non c’entra la globalizzazione né l’Ue: quando ancora entrambe non esistevano, le nazioni erano al loro interno già plurali ed articolate. Sappiamo che il funesto tentativo di forzarle all’omologazione è costato la Shoah e milioni di morti. Non esiste né mai esisterà nessuna nazione pura o omologata.
I sovranisti contestano la “trasformazione di civiltà” di cui l’Europa sarebbe colpevole mirando a un “super-stato”. Ovviamente non c’è nulla di tutto questo nei trattati ma tale denuncia serve ai sovranisti per criticare la «super attività moralizzatrice» (cioè etica) dell’Ue che vorrebbe cambiare le tradizioni nazionali.
L’obiettivo della dichiarazione sovranista è stilare una «lista di competenze inviolabili degli Stati membri» basate sulla tradizione, senza entrare nel merito. A cosa si fa riferimento? Alla lingua, alla cultura, alla religione…? Non potendolo ammettere, si preferisce tacere.
È difficile se non impossibile stabilire quali siano le tradizioni nazionali pure e inviolabili di ogni Stato membro, a meno che non si tratti di folklore.
Così facendo, e qualunque sia la loro intenzione iniziale, i sovranisti giungono essenzialmente a decostruire il tessuto connettivo che ci tiene assieme, malgrado le nostre differenze.
In Europa non esiste uno stato originario di purezza (nazionale o popolare che sia) che avremmo abbandonato e a cui dovremmo tornare. Ogni volta che si è cercato di forzare un’omologazione è avvenuto un disastro. Meglio la nostra democrazia cioè il ragionevole, disordinato e permanente dialogo del convivere, che ci unisce senza cancellare nessuno.
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