- Il 20 ottobre scorso Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, si è dimesso, lasciando libera dal prossimo gennaio la guida della banca centrale tedesca e con essa uno dei seggi più pesanti nel Comitato direttivo della Bce.
- Sarà il peso dei Verdi nel futuro governo tedesco a giocare un ruolo importante nella scelta del prossimo governatore della Bundesbank.
- Se i liberali premono per una figura in continuità col rigorismo di Weidmann, gli ecologisti spingono invece per un programma di forte spesa pubblica per finanziare la transizione energetica.
Il 20 ottobre scorso Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, si è dimesso, lasciando libera dal prossimo gennaio la guida della banca centrale tedesca e con essa uno dei seggi più pesanti nel Comitato direttivo della Bce. Il suo successore, il cui nome sarà indicato dalla nuova coalizione di governo tra socialisti, liberali e verdi, dovrà giocare un ruolo inedito nei rapporti tra banche centrali in Europa, e in particolare tra la Bundesbank e la Banca Centrale Europea.
Due sono i dossier più caldi che il nuovo governatore si troverà a gestire. Innanzitutto il ritorno dell’inflazione. Dopo anni di inflazione zero, in Europa il livello dei prezzi sta tornando a crescere, anche se non accompagnato da un equivalente aumento dei salari.
La Banca centrale europea, guidata dalla francese Christine Lagarde, stima che l’inflazione resterà comunque bassa nei prossimi anni, intorno a quell’obiettivo del 2 per cento annuo che garantisce al tempo stesso stabilità dei prezzi e crescita economica.
Non sono d’accordo i cosiddetti “falchi” rigoristi, che si sono opposti negli ultimi anni alle politiche monetarie espansive di Mario Draghi prima e di Lagarde poi.
I rigoristi, di cui il governatore Weidmann era forse il più illustre rappresentante, temono che la Bce non reagisca per tempo al rischio di inflazione, e continui ad iniettare liquidità nell’economia. Questi timori sono probabilmente stati alla base delle dimissioni di Weidmann, che ufficialmente ha lasciato «per ragioni personali».
Con l’uscita della Cdu dalla coalizione di maggioranza tedesca, e l’arrivo di un nuovo governo più sbilanciato a sinistra, Weidmann rischiava di trovarsi ormai isolato su due fronti: in patria, dove la presenza dei socialisti e soprattutto dei verdi nel prossimo governo potrebbero segnare un punto di svolta nelle politiche economiche tedesche, così come all’interno del consiglio direttivo della Bce, dove per anni ha rappresentato quasi da solo le ragioni dei “falchi”.
Transizione ecologica e politica monetaria
Sarà proprio il peso dei Verdi nel futuro governo tedesco a giocare un ruolo importante nella scelta del prossimo governatore della Bundesbank. Se i liberali premono per una figura in continuità col rigorismo di Weidmann, gli ecologisti spingono invece per un programma di forte spesa pubblica per finanziare la transizione energetica.
Questo sarà il secondo dossier fondamentale nell’agenda del prossimo governatore. La posizione della Bundesbank, in linea con l’ortodossia monetarista, è sempre stata quella della “neutralità” delle banche centrali rispetto ai mercati.
Si crede da quelle parti che acquistando titoli per iniettare liquidità nell’economia, le banche centrali non debbano favorire determinate categorie di obbligazioni, di imprese o di settori, poiché la politica monetaria deve restare appunto “neutrale”.
Ampi settori di opinione pubblica, e molti economisti, ritengono invece che la politica monetaria possa indirizzare la crescita economica futura, sostenendo alcuni settori – ad esempio quelli legati alla transizione energetica – e penalizzando invece le obbligazioni più “pesanti” in termini di emissioni di CO2.
Quanto e con che efficacia il nuovo governatore della Bundesbank potrà intervenire su questi due temi è poi un altro punto di discussione. Weidmann, nei suoi anni da continuo oppositore delle politiche accomodanti della Bce – tanto che Draghi lo aveva soprannominato nein zu allem, “no a tutto” – ha giocato più un ruolo di testimonianza che di reale impatto sulla politica monetaria.
Se alla fine degli anni Novanta la Bce era stata plasmata sul modello della Bundesbank, dall’inizio della presidenza Draghi in poi i rapporti di forza tra le due istituzioni si sono in effetti invertiti.
Il dopo Weidmann
Un chiaro sintomo di questo cambiamento nei rapporti di potere è nascosto nella rosa di nomi che vengono discussi per prendere il posto di Weidmann. In Germania, molti pensano che sia giunto il momento di avere una donna a capo della banca centrale.
Uno dei nomi più papabili è quello di Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della Bce (l’equivalente del suo consiglio di amministrazione). Schnabel riveste il ruolo di responsabile delle operazioni di mercato, ovvero supervisiona il programma di acquisto di titoli di stato da parte della Bce per miliardi di miliardi di euro.
Tra gli addetti ai lavori ci si chiede se davvero Schnabel voglia lasciare questa posizione di reale potere all’interno del comitato esecutivo per assumere un ruolo – quello di governatore della Bundesbank – che si è dimostrato sempre più secondario.
Una possibile risposta è data da un altro fattore che dovrà essere preso in conto nella scelta del successore di Weidmann. Il presidente uscente aveva subìto un duro colpo quando – due anni fa - era stato battuto da Lagarde nella corsa per diventare governatore della Bce al posto di Mario Draghi.
Nel 2027, quando il mandato della francese scadrà, sarà forse giunto il momento di avere un tedesco – o una tedesca – a capo della Bce. In fondo, la seconda e la terza economia dell’eurozona hanno già occupato questo posto: l’Italia con Draghi, la Francia con Trichet prima e Lagarde poi.
Se nel breve periodo, dunque, il nuovo governatore tedesco occuperà tutt’al più un ruolo da comprimario - con forse un po’ di peso nell’indirizzare la politica monetaria verso la transizione energetica – in una prospettiva più lunga la scelta del successore di Weidmann è potenzialmente la scelta di chi tra sei anni si troverà alla guida dell’Eurozona.
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