- Il taglio dei parlamentari è la risposta sbagliata a una domanda giusta: come contrastare la tendenza allo svuotamento e alla verticalizzazione della decisione democratica?
- La retorica anti-casta pretende di ripristinare il legame di fiducia tra rappresentanti e rappresentati attraverso un lavoro di costante delegittimazione.
- La strada per riconquistare la legittimità perduta non passa dalle forbici ma dal richiamo di Weil alla giustizia..
Forbice vince su Carta: così si conclude, con una maggioranza di Sì, il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari.
Un risultato che, oltre a modificare gli assetti istituzionali, con effetti ancora da misurare appieno, sembra destinato a confermare l’ideologia anti-casta nella sua pretesa di rappresentare l’unica soluzione percorribile alla deriva oligarchica della democrazia.
Mentre si posa la polvere referendaria, è però proprio questa pretesa, o illusione, che va messa in discussione. Non perché non colga un problema reale, ma perché sbaglia la risposta.
Il taglio dei parlamentari è la risposta sbagliata a una domanda giusta: come contrastare la tendenza allo svuotamento e alla verticalizzazione della decisione democratica? Come affrontare la crisi di legittimità del sistema politico?
Sul problema della legittimità rifletteva Simone Weil, in esilio a Londra, dopo l’invasione della Francia da parte della Germania nazista. Osservava la filosofa come il suo paese, ben prima della sconfitta, avesse esaurito il sentimento di legittimità delle istituzioni. L’illegalità diffusa, la sfiducia verso i governanti, l’indifferenza per la politica, tutto ciò ha fatto sì che il popolo francese, «dalle élite alla massa dei lavoratori», abbia «aperto la mano lasciando cadere a terra il tesoro», la legittimità, «senza neppure abbassare gli occhi per vedere dove rotolava» (Legittimità del governo provvisorio, in Una costituente per l’Europa. Scritti londinesi, Castelvecchi, 2013).
Il compito di un governo futuro, dopo la vittoria degli Alleati, sarebbe stato quello di raccogliere questo tesoro calpestato da tutti. E cioè avrebbe significato ricollegare il proprio operato a quella che è la fonte di ogni legittimità: «la giustizia».
La giustizia, scrive Weil, significa orientamento al bene pubblico, autolimitazione del potere, responsabilità verso gli elettori.
Solo così si induce fiducia verso i rappresentanti, si produce quel consenso senza cui non c’è legittimità.
Queste pagine risuonano nel nostro presente, in cui una politica delegittimata perché sempre più autoreferenziale e ininfluente ha smarrito un linguaggio capace di parlare a cittadini e cittadine, ha lasciato crescere l’indifferenza e allontanato la partecipazione.
Ma per chi intenda davvero raccogliere il «tesoro» lasciato in terra, la retorica anti-casta è una soluzione paradossale, pretendendo di ripristinare il legame di fiducia tra rappresentanti e rappresentati attraverso un lavoro di costante delegittimazione dei primi e di radicalizzazione antipolitica dei secondi.
La strada per riconquistare la legittimità perduta non passa dalle forbici ma dal richiamo di Weil alla giustizia, come principio e misura della capacità degli ordinamenti, e di chi li abita, di essere responsabili, di rispondere ai bisogni e interessi del demos.
Un obiettivo a cui il risultato referendario non ci avvicina, che resta ancora lì, da perseguire.
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