- «Bevi troppo», dice mia madre al telefono. E forse ha ragione. Ma la colpa non è mia, mamma, è del sistema. Ho sempre amato scaricare la colpa sul sistema e ci provo anche questa volta. Ma è davvero difficile condurre la mia vita coi bicchieri d’acqua.
- La rassicurazione è arrivata da Maye Musk, 75 primavere, ben portate. Tanto da far passare in secondo piano il fatto di essere la madre di Elon, patron di Tesla e Twitter. L’ho incontrata a San Siro, allo stadio, nella saletta riservata dell’Ac Milan, dove, dopo l’uno a zero contro l’Atalanta, sono cominciati i cin cin.
- Dovrei darmi allo sport, Milano è la città dei personal trainer. La scorsa settimana Lazza è arrivato a cena al ristorante col suo.
«Bevi troppo», dice mia madre al telefono. E forse ha ragione. Ma la colpa non è mia, mamma, è del sistema. Ho sempre amato scaricare la colpa sul sistema e ci provo anche questa volta. Ma è davvero difficile condurre la mia vita coi bicchieri d’acqua.
Stimo chi ci riesce chiedendo con solennità «ghiaccio e limone», che a tratti sembra qualcos’altro. Per questo ammetto di aver ammirato Damiano dei Måneskin quando, nel backstage del concerto di Torino, a chi gli porgeva un bicchiere di prosecco rispondeva: «No grazie, sono astemio».
Bello come il sole e con la voce più sexy del pianeta – non osate contraddirmi – ha detto tante cose l’altra sera. Ma a me è rimasta in testa quella. Da una rockstar non te lo aspetti. Ma, forse, la verità è che a noi adolescenti negli anni Novanta, Kurt Cobain, il grunge e tutto il resto ci hanno rovinato. È stato il sistema, non colpa nostra, mamma.
La mamma di Musk
La rassicurazione è arrivata il giorno dopo da Maye Musk, 75 primavere, ben portate. Tanto da far passare in secondo piano il fatto di essere la madre di Elon, patron di Tesla e Twitter. L’ho incontrata a San Siro, allo stadio, nella saletta riservata dell’Ac Milan, dove, dopo l’uno a zero contro l’Atalanta, sono cominciati i cin cin.
Al due a zero il clima era effervescente e il brindisi con Maye è stato d’obbligo, io con una birra piccola da dilettante mentre lei aveva un Negroni, esplicitamente richiesto. Tutto sotto gli occhi divertiti di Eleonora Berlusconi e l’amica dai tempi delle elementari Roberta Gatti (entrambe solidali con una birra piccola).
Meno divertita, a pochi passi da noi, c’era la top model milanista Bianca Balti, che «non importa se la madre di Musk è simpatica, ha pur sempre fatto nascere l’insopportabile Musk», ha detto tornando sugli spalti.
Nella saletta sono passati per un saluto, e nessun brindisi, anche Melissa Satta e l’attore Saul Nanni, di cui sono fan. Se non lo avete visto nel film Brado, non potrete perderlo al cinema nella versione giovane Rocco Siffredi (il Rocco adulto sarà Alessandro Borghi).
I personal trainer
Dovrei darmi allo sport, Milano è la città dei personal trainer. La scorsa settimana Lazza è arrivato a cena al ristorante col suo. E con lui era anche a Parigi in questi giorni della moda. Tra i più stimati dagli artisti c’è Paolo Zotta, che allena Marracash, Mamhood, Elodie per dirne alcuni. Peccato che con lui abbia in comune solo la passione per le nostre piccole pitbull di cui ci scambiamo le foto su WhatsApp.
«Proverò a sentirlo nei prossimi giorni», dico all’amica Sveva che mi ha proposto un miracoloso corso di spinning che inizia alle 7.10 del mattino, sempre sold out. Per fortuna mi viene in soccorso il pierre Simone Baudo che m’invita alla cena dell’amico comune Andy Albeck.
L’amicizia con Andy si perde nella notte dei tempi, e poco importa se oggi è brand director di Hamilton, marchio di orologi sportivi. Alla sua cena io vado perché so che mi diverto. Così mi attovaglio con Maria Sole Brivio, Matilde Borromeo, Francesco e Ottavio Missoni, Francesca Versace, Luca Gervasi e un’altra sessantina di amici al ristorante Dav, spin off del tre stelle Michelin Da Vittorio, sulla torre Allianz.
I bicchieri d’acqua che volevo si dissolvono nell’aria quando scopro che i partner della cena sono lo champagne Veuve Clicquot e il rum cubano Eminente. Con cui brindiamo anche a fine serata, per festeggiare le 37 candeline del mio vicino Stefano Colombo, che ci invita presto nel suo locale, il Circolino di Monza. E addio buoni propositi.
Rap in carcere
I sensi di colpa mi accompagnano la mattina successiva a correre al parco Indro Montanelli e i buoni propositi, nel pomeriggio, al carcere di San Vittore. Si inaugura la nuova aula sonorizzata del Cpm Music Institute con un breve saggio dei detenuti. I cellulari rimangono negli armadietti all’entrata, si entra solo col tesserino da giornalista e dopo un controllo al metal detector.
Nella sala, allestita tra il secondo e il quarto raggio, non si fanno brindisi, però gli applausi sono sentiti quando i quaranta detenuti si esibiscono. La musica può essere terapia, per qualcuno salvezza. Tra i più bravi c’è Baby Black, che si presenta rappando.
Lo intercetto, mi dice che è dentro per una rapina, e se tutto va bene uscirà a giugno. Se c’è una casa discografica in ascolto potrebbe valutare un provino. Se poi il disco funziona, un vero brindisi però lo facciamo.
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