- La prima volta in quel 23 maggio del '92, sull'autostrada. Le cronache sono state impietose fin dalle ore immediatamente successive alla strage: «È morta anche la moglie Francesca Morvillo».
- La seconda volta della dimenticanza risale quando nel 2015 è rimasta sola nella tomba del cimitero di Sant'Orsola, per volere della sorella Maria le spoglie di Giovanni Falcone furono trasferite nella basilica di San Domenico, il pantheon dei siciliani illustri.
- La terza volta con le polemiche sollevate dalla confessione di Ilda Boccassini sulla sua storia d'amore con Giovanni Falcone. Ancora una volta lei che è una comparsa, sempre sullo sfondo.
E' una vittima quasi invisibile, una vittima che continua a subire più di altre l'oblio o l'indifferenza anche dopo la morte. Capita, è capitato di frequente a quelli che cadono per mano mafiosa, uomini e donne ai quali viene rubato il passato. Ma quante volte è toccata questa sorte a Francesca Morvillo, quante volte è stata dimenticata, cancellata dalla memoria, schiacciata nel suo ruolo di moglie come se non fosse altro che un'appendice del giudice Giovanni Falcone, un'ombra del magistrato al tempo più amato o più odiato d'Italia? Almeno tre volte.
La prima in quel 23 maggio del 1992, sull'autostrada che si è aperta in un cratere che ha ingoiato la Sicilia. Le cronache sono state impietose fin dalle ore immediatamente successive alla strage: «E' morta anche la moglie Francesca Morvillo». Come se fosse un effetto collaterale, disgraziatamente allo svincolo di Capaci quel giorno c'era anche lei.
Resoconti in fotocopia, uccisi Falcone «e gli agenti della scorta», ragazzi privi di identità, agenti della scorta come corpo unico e anonimo. E, prima o dopo, uccisa pure «Francesca Morvillo che era al suo fianco». Sempre accanto, un prolungamento, un accessorio.
Non degna fra i “grandi” siciliani
La seconda volta della dimenticanza risale a ventitré anni dopo la bomba, quando nell'estate del 2015 lei è rimasta sola nella tomba del cimitero di Sant'Orsola. Per volere della sorella Maria le spoglie di Giovanni Falcone furono trasferite nella basilica di San Domenico, il pantheon dei siciliani illustri dove riposano anche Francesco Crispi e Ruggero Settimo, Emerico Amari e Camillo Finocchiaro Aprile.
Staccata a forza dal marito, vittima involontaria ma sicuramente consapevole, abbandonata al suo destino di martire di secondo piano, anche lei magistrata ma non così meritevole di sepoltura fra i "grandi” dell'isola. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, uniti nella vita e nella morte ma non nel ricordo.
Così la famiglia Morvillo ha deciso di trovarle posto in un altro cimitero della città, quello dei Rotoli, una cappella requisita dal comune per ospitare le salme dei migranti inghiottiti dal mare. C'è solo una lapide e ci sono solo quattro parole: “«Qui giace Francesca Morvillo». Non c'è scritto altro. Qui giace da sola Francesca Morvillo, avrebbero potuto aggiungere.
Una rimozione ossessiva che ha toccato l'apice la terza volta in questi ultimi giorni, con le polemiche sollevate dalla confessione di Ilda Boccassini, nel suo libro di memorie, sulla sua storia d'amore con Giovanni Falcone. Ancora una volta lei che è una comparsa, sempre sullo sfondo, lei che resta sempre «la moglie».
Una delle prime magistrate in Italia
Francesca Morvillo è stata una doppia vittima. Vittima di mafia e vittima della narrazione che ne è stata fatta (sono comprese le colpe di noi giornalisti, naturalmente), di come è stata raccontata dal 23 maggio di quasi trent'anni fa a oggi passando per la sconcertante vicenda del pantheon di San Domenico. La sua figura è stata indebolita, snervata, esposta non solo alla cancellazione del ricordo ma anche alle incursioni delle malignità.
Senza che nessuno abbia mai cercato di capire chi fosse veramente questa donna che ha scelto di condividere la sua esistenza con un uomo come Falcone, una ragazza che si era laureata a ventidue anni, la sua tesi giudicata la migliore nelle discipline penalistiche nell'anno accademico 1966/1867 dell'Università di Giurisprudenza di Palermo, magistrata (una delle prime in Italia), figlia di magistrato e sorella di magistrato, docente universitaria, consigliere in Corte di Appello e membro della Commissione per il concorso di accesso in magistratura. I più intimi del giudice lo sanno bene che Francesca è stata sempre punto di riferimento e di confronto giuridico per Falcone, nonostante la sua proverbiale riservatezza il magistrato di ciò non ne faceva mistero.
C'è un bellissimo libretto della Melampo editore - è uscito nel 2017 - che s'intitola Canto per Francesca e che è firmato dalla scrittrice e poetessa palermitana Cetta Brancato.
In quelle pagine, che ospitano anche i ricordi di cinque amiche e amici della Morvillo, la Brancato dice che «bisognava come scollarla dalle fotografie che la ritraevano insieme a Giovanni Falcone..(per) rivederla bambina, fanciulla e ancora magistrato ma soprattutto donna». E poi un cenno alla traslazione della salma, lui costretto sempre ad essere eroe e lei «non degna del suo riparo nella morte». Solo quella lapide solitaria, l'intitolazione di qualche scuola, di qualche via, di qualche piazza.
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