- Il giudice delle indagini preliminari di Catania ha disposto il “non luogo a procedere” nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti: non ci sarà un processo a carico dell’ex ministro dell’Interno per i reati di sequestro di persona e abuso d'ufficio, poiché il fatto non sussiste.
- L’esito della vicenda era prevedibile sin dall’udienza preliminare dell’ottobre scorso, dato che sia l’accusa che la difesa avevano chiesto il “non luogo a procedere”. Ma il giudice aveva comunque disposto di assumere prove per la decisione.
- A seguito di tale decisione potrà affermarsi che la procedura di ripartizione dei migranti fra Paesi Ue “volenterosi”, pur ritardando lo sbarco, non viola le convenzioni internazionali sul diritto del mare. Ciò potrà influenzare le future politiche migratorie.
Il giudice delle indagini preliminari di Catania ha disposto il “non luogo a procedere” nei confronti di Matteo Salvini per il caso Gregoretti. Dunque, non ci sarà un processo a carico dell’ex ministro dell’Interno per i reati di sequestro di persona e abuso d'ufficio, poiché il fatto non sussiste. Si rammenta che nell’estate 2019 l’ex vertice del Viminale aveva negato lo sbarco ai 131 migranti a bordo della nave della Guardia costiera, in attesa che si concludessero le trattative con Paesi europei disponibili ad accoglierne una parte.
La vicenda giudiziaria nel caso Gregoretti
L’esito della vicenda giudiziaria era prevedibile sin dall’udienza preliminare del 3 ottobre scorso. Infatti, anche la procura, che avrebbe dovuto sostenere l’accusa, aveva chiesto il “non luogo a procedere” nei confronti del senatore leghista, coerentemente alla richiesta di archiviazione avanzata nel settembre 2019 “per infondatezza della notizia di reato”. E il “non luogo a procedere” era stato chiesto ovviamente dalla difesa di Salvini. Il giudice per l’udienza preliminare, anziché chiudere la questione come chiesto da entrambe le parti, aveva disposto «di assumere prove per la decisione di merito».
Da un lato, documenti per verificare «episodi di sbarchi di migranti» simili a quello della nave Gregoretti nel periodo in cui Salvini era ministro dell'Interno, con accertamenti anche su sbarchi avvenuti durante il Governo Conte 2.
Dall’altro lato, la testimonianza di «soggetti qualificati e informati sui fatti di causa» - «il premier Giuseppe Conte, l'allora vicepremier Luigi Di Maio, l'ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, l'ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, l'ambasciatore Maurizio Massari e il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese» - per valutare la gestione dell’immigrazione all'epoca dei fatti e i «rapporti con l'Ue anche con riferimento al cosiddetto Patto di governo».
La lunga udienza preliminare
Dunque, sulla vicenda Gregoretti si è svolta una sorta di giudizio – l’udienza preliminare si è protratta per sette mesi, con otto udienze - e questo rende significativa la pronuncia. La decisione di non instaurare un processo nei confronti di Salvini accoglie evidentemente le motivazioni avanzate al fine di sostenere che la condotta di quest’ultimo non configurasse reato. Tra le altre, il fatto che il governo Conte I approvasse la linea politica dell’ex vertice del Viminale.
In sostanza, come aveva spiegato il pubblico ministero, «tutto il governo condivideva l’idea che si dovesse ottenere dall’Europa un meccanismo diverso, perché chi arriva in Italia arriva in Europa» e tale condivisione è continuata «anche dopo l’uscita di Salvini dal governo come dimostra l’accordo di Malta».
Dunque, la scelta era “politica”. Il magistrato aveva aggiunto che può considerarsi un luogo sicuro, se pur provvisorio, «anche una nave, se vengono garantite le condizioni di sicurezza ai migranti salvati».
Le conseguenze
La decisione sul caso Gregoretti assume rilievo per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, essa consente al leader della Lega di dirsi tranquillo anche riguardo al processo per il caso Open Arms. «Se non esiste sequestro a Catania, non vedo perché debba esistere a Palermo» - ha affermato Salvini, il quale ha aggiunto che «nulla è scontato, ma questo giudice ha approfondito, ha studiato e lavorato e si è preso le sue responsabilità, altri prendono evidentemente vie più comode», avanzando così il dubbio che il rinvio a giudizio per Open Arms sia infondato. Le differenze tra i due casi sono rilevanti, come spiegato su queste pagine, ma ora sarà più agevole per l’ex ministro continuare a dichiararsi vittima della giustizia.
In secondo luogo, a seguito della decisione di ieri, potrà affermarsi che la procedura di ripartizione dei migranti fra Paesi Ue “volenterosi” - formalizzato nell’accordo di Marta, che è in via di riproposizione - pur ritardando lo sbarco, non viola le convenzioni internazionali sul diritto del mare.
Nel 2009 il Tribunale di Agrigento (caso Cap Anamur) aveva invece reputato che fornire un porto di sbarco sicuro significasse non solo provvedere a cibo e assistenza medica, ma garantire ai naufraghi «il diritto universalmente riconosciuto di essere condotti sulla terraferma».
In conformità a ciò, il Tribunale dei Ministri di Catania, nella richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, aveva affermato che il coinvolgimento di altri paesi nella ripartizione non potesse «ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti». Principi di diritto ormai acquisiti tornano, dunque, in discussione. E la pronuncia sul caso Gregoretti potrà influenzare future politiche migratorie.
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