La caratteristica comune delle guerre attuali (grandi e piccole) è l’azzardo. La proprietà dell’azzardo è il presentismo: si azzarda un attacco senza averne calcolato le conseguenze a medio e lungo termine.

Azzardata fu l’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina che per poco non è finita in un’immediata sconfitta: solo la profondità strategica della Russia le ha permesso di resistere e contrattaccare. Azzardata la controffensiva ucraina di due estati fa, così come la recente spinta su Kursk: non si è calcolato quanto sarebbero costate in termini umani e di quanto avrebbero sguarnito le difese.

Da quel momento l’Ucraina è solo arretrata. Azzardato è stato il 7 ottobre di Hamas: una carneficina tipo pogrom senza quantificare la possibile furiosa reazione israeliana (anch’essa un azzardo non ponderato) che oggi lascia Gaza un cumulo di rovine.

Quale velenoso serpente colmo d’odio vendicatore striscerà fuori da quelle macerie? Un azzardo le infinite provocazioni di Hezbollah e la successiva offensiva di Tsahal in Libano sud: è morto Nasrallah ma Israele sa bene che non potrà gestire il piccolo paese del cedri.

Chi ha calcolato il dopo? Così come il botta e risposta tra Iran e Israele a colpi di missili e bombardamenti, non prevedono strategie e rischiano ad ogni momento di deragliare verso qualcosa di peggio.

Anche altrove è lo stesso: azzardo in Sudan è stato l’attacco a sorpresa di Hemedti e delle sue Rapid support forces contro l’alleato esercito sudanese: il risultato è la frattura del paese dove oggi nessuno controlla più nulla. Azzardate le mosse militari in Etiopia con un ribaltamento continuo delle coalizioni, così come quelle libiche che ormai dovrebbero far da lezione a tutti. E si potrebbe continuare…

L’azzardo delle decisioni militari contemporanee corrisponde ad una logica schiacciata sull’immediato: si ricerca il colpo di scena dimostrativo senza saper nulla di strategia. La “trappola di Tucidide” di cui tanto si parla era un’altra cosa: Sparta e Atene calcolarono a lungo se andare in guerra aperta, cosa conveniva fare e cosa sarebbe potuto accadere.

Ovviamente ogni buon piano – come dicono i militari - svanisce al primo colpo di fucile, ma questa non può essere una scusa per non averne alcuno o per non farsi coadiuvare dalla politica e dalla diplomazia. Oggi chi decide un conflitto lo fa senza alcun calcolo, senza previsioni non solo sul dopo ma anche sul durante.

L’azzardo è parola derivante dall’arabo che significa etimologicamente “dado da giocare”. La guerra decisa lanciando i dadi sul terreno significa sacrificare vite umane senza calcolare nemmeno i possibili rischi e/o benefici.

Per questo vengono legittimate le forze che usano i propri popoli come scudi umani: è il modus operandi di Hamas e Hezbollah. In realtà entrambe le milizie non sarebbero degne di essere considerate soggetti militanti e rappresentanti della propria gente: non c’è causa giustificabile per chi si nasconde dietro donne e bambini.

Ma nemmeno il governo Netanyahu calcola cosa potrebbe avvenire in futuro e non pensa al domani nemmeno in termini egemonici: vale solo la furia dell’oggi, come si è visto nelle parole del primo ministro al Palazzo di vetro. Netanyahu è un tattico, come d’altronde Putin, senza una vera strategia politica: parla di sopravvivenza di Israele ma per lui conta solo la sua legata ai sondaggi.

Mancano politici e capi militari dallo sguardo profondo e strategico: coloro che includono nelle possibili mosse anche la geopolitica e puntano ad un risultato futuro. Non sempre si realizza quel piano e quasi mai lo si ottiene come era stato programmato. Ma almeno si riflette sulle opzioni e si prepara l’avvenire in maniera ragionevole. In passato ciò è accaduto anche in vista della vittoria, con la consapevolezza tuttavia che essa è sempre transitoria.

Azzardare guerre con il solo progetto di sradicare, annientare, eliminare, annullare o schiacciare (sono i termini che abbiamo sentito in questi terribili anni sia in Ucraina che a Gaza) non porta da nessuna parte e in genere alla lunga fallisce. L’unico risultato che si ottiene è un continuo bagno di sangue di civili innocenti, che ne prepara altri. 

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