Prima escluso dalla cena parigina con i colleghi tedesco e francese, poi scavalcato sul Mes dal Parlamento. Il ministro dell’Economia ha fornito prove lampanti dell’incapacità a portare sulle proprie posizioni i colleghi stranieri e il suo governo
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è stato due volte umiliato, sul nuovo Patto di stabilità e crescita (Psc) e sulle modifiche al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Le opposizioni chiedono le dimissioni, la premier Giorgia Meloni non si svena a difenderlo; l’interessato dice che la scelta spetta a lui.
A chi non conoscendolo ne ha seguito la carriera, il commercialista varesino pare un politico ordinario, non brillante ma quadrato, di letture e levatura ordinarie, una persona onesta. Dovrebbe essere il minimo sindacale.
Il Patto indigesto
Con Giorgetti è stata umiliata la nostra Repubblica, nome proprio della “Nazione”, quando i colleghi francese e tedesco l’hanno escluso dalla cena parigina dove han cotto l’accordo sul nuovo Psc; l’Italia ha dovuto trangugiarlo intero, senza masticare. Il solo accettabile a Berlino, resta pessimo perché tratta la Ue come una piccola economia, anziché il secondo attore economico globale; ne ha qui scritto Francesco Saraceno.
La seconda botta gliel’ha inflitta il governo, quando ha deciso - fingendo di lasciare la scelta al sempre negletto Parlamento - di non ratificare l’accordo sul nuovo Mes. Giorgetti, che voleva la ratifica, è stato scavalcato su un tema di sua pertinenza e di grande peso; per spargere sale sulla ferita, la spinta a bocciare il nuovo Mes viene dal segretario del suo partito Matteo Salvini.
Se dice che deciderà, Giorgetti non esclude di dimettersi. Se lascia, lo scossone agiterà il governo, ma egli ha fornito prove lampanti dell’incapacità a portare sulle proprie posizioni i colleghi stranieri e il suo governo. All'Italia non conviene farsi rappresentare da un ministro umiliato dall'esecutivo, su grandi temi di cui è responsabile. Non si sa chi gli succederebbe, ma bisognerebbe solo sostituire un laborioso mediano; forse non un fuoriclasse, ma si può ben scovare persona capace e indipendente.
Subalterno a Salvini
La premier potrebbe evocare le superiori esigenze della “Nazione”, puntando su un rimpiazzo capace di ridarle respiro in campi a lei alieni, su cui sta pasticciando; e al Quirinale c'è qualcuno che soppeserebbe bene la propria firma.
Le dimissioni converrebbero anche a Giorgetti, certo imbarazzato dalla subalternità a Salvini, alla guida dell'auto leghista in una folle corsa eurofoba. Fino alle elezioni europee sarà solo peggio; si butti giù dall’auto Giorgetti finché è in tempo, per non farsi stritolare dagli opposti nazionalismi.
Il “trilogo” della Ue prevede che il nuovo Psc, cucinato a Parigi, sia approvato dal parlamento europeo, dove gli alleati di Salvini - l'olandese Wilders, la tedesca Alternative für Deutschland etc. - attaccheranno il nuovo Psc, non per la visione stretta, ma come un favore a noi, meridionali cicale; esso passerà, ma col voto contrario d'una sghemba coalizione di alleati su posizioni l'un l'altra ostili, volte solo a ridicolizzare la Ue.
Che cosa accadrà
Quando la Ue deciderà come procedere sul nuovo Mes, che credibilità avrà un Giorgetti ancora ministro? Egli ha perso la faccia – feroce la vignetta di Giannelli sul Corriere - con la Ue e con chi detiene titoli italiani.
Fin qui si voleva capire cosa conviene all'Italia ma veniamo a quanto davvero accadrà; pur coi suoi limiti, il pavido ministro dell’Economia è comunque il meglio di un governo imbarazzante.
Se si dimette, Meloni dovrà trovare una persona che abbia l'ok dell'eurofobo Salvini, ma convinca pure il Quirinale. Questo domestico trilogo è un'equazione con troppe incognite: dunque Giorgetti resterà, e l'Italia ne soffrirà.
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