Nei giorni scorsi, ha sollevato polemiche un’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato che ha consentito «la prescrizione, sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico, dell’idrossiclorochina ai pazienti affetti da SARS-CoV-2 nella fase iniziale della malattia».

I giudici hanno accolto il ricorso di un gruppo di medici e sospeso la nota dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) che ne vietava la prescrizione off label (ossia per un uso non previsto dal bugiardino), quindi anche per contagi da Covid-19.

Dalla pronuncia possono trarsi una serie di lezioni utili, specie in epoca di pandemia. 

L’ordinanza sull’idrossiclorichina

La decisione considera «due basilari canoni» a tutela della salute (articolo 32 Cost.): «l’appropriatezza – in termini di efficacia terapeutica – e la sicurezza della cura». «Solo se mancasse una di tali condizioni – l’efficacia o la sicurezza – Aifa potrebbe legittimamente sospendere l’uso off label del farmaco» e «limitare l’autonomia decisionale e la libertà prescrittiva del medico». Quindi, i giudici hanno verificato l’effettiva assenza di queste condizioni.

Circa l’efficacia, il Consiglio afferma che «non esistono allo stato evidenze sperimentali (…) che dimostrino in modo incontrovertibile l’inefficacia dell’idrossiclorochina nei pazienti, con sintomi lievi e/o moderati, che si trovino nella fase iniziale della malattia e, quindi, non siano stati ancora ospedalizzati».

Cioè l’inefficacia non è certa, ed è la stessa Aifa ad ammetterlo: «Il livello di incertezza può giustificare l’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati».

Circa la sicurezza, sempre l’Aifa dice che i dati degli studi più recenti «non sembrano confermare il maggiore rischio di gravi tossicità, soprattutto cardiologiche, riscontrate nei primi studi osservazionali e in nessun caso si è evidenziato un eccesso di mortalità».

Dunque, non pare esservi «alcuna attendibile correlazione tra la somministrazione a dosi non elevate e per breve tempo dell’HCQ (idrossiclosirichina, ndr) ed eventi cardiaci mortali o altri eventi avversi di particolare gravità (tanto che la stessa Aifa riconosce …trattarsi di eventi “non gravi” e del tutto tollerabili)». Pertanto, mancano i due presupposti su cui la decisione di divieto dell’Aifa dovrebbe basarsi.

Le conclusioni del Consiglio di Stato

Dall’assenza di certezza circa l’inefficacia e la dannosità del farmaco discende che, «fermo ogni ulteriore approfondimento istruttorio», non può precludersi «l’utilizzo off label dell’idrossiclorochina e la prescrizione del medico curante, sotto sua precisa responsabilità, nella cura domiciliare dell’infezione da SARS-CoV- 2».

Tanto più perché «non esiste allo stato una adeguata e precoce terapia domiciliare ad hoc per curare la malattia», circostanza «non contestata dalla stessa Aifa».

Inoltre, vietarne l’uso «in una fase di riespansione della pandemia, come quella attuale, rischia di pregiudicare l’erogazione delle cure nei reparti di terapia intensiva e subintensiva».

Dunque, secondo i giudici, è giustificata la scelta di «consentire, dietro indispensabile prescrizione medica, l’utilizzo di una terapia che possa avere una pur minima efficacia terapeutica, in condizioni di sicurezza, fino alla eventuale attendibile prova contraria della sua inefficacia».

Le lezioni della decisione. Il metodo.

Dalla pronuncia del Collegio si può trarre un primo principio: «nNl dubbio circa l’efficacia della terapia, e acclarata la sicurezza di essa almeno per moltissimi pazienti, lo Stato sociale di diritto (…) non vieta, ma richiede alla scienza medica di curare anziché astenersi dal curare i cittadini, laddove ovviamente il singolo medico ritenga, in scienza e coscienza, la cura appropriata per il singolo paziente». Ma l’ordinanza assume rilievo anche per altri due profili: da un lato, il metodo usato nell’affrontare un tema attinente a una branca specialistica; dall’altro lato, la sindacabilità degli atti di un’autorità sanitaria.

Circa il primo aspetto – il metodo – il Consiglio di Stato ha affermato di non avere competenza a «valutare e men che mai decretare l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina nel contrasto al SARS-CoV-2».

E infatti il collegio si è limitato a vagliare se le decisioni dell’Aifa di vietare l’uso off label del farmaco fossero connotate da «coerenza e correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo», quindi «assistite da una credibilità razionale supportata da valide leggi scientifiche e correttamente applicate».

Pertanto, un’altra lezione che si trae dalla vicenda è che i giudici possono – anzi, devono - verificare la razionalità intrinseca degli atti di un’autorità amministrativa, al fine di «evitare che la discrezionalità tecnica del decisore pubblico trasmodi in un incontrollabile, e dunque insindacabile, arbitrio».

La scienza è sottratta ai tribunali?

Circa il secondo aspetto - la sindacabilità degli atti di un’autorità sanitaria - l’ordinanza è stata criticata in quanto i giudici non avrebbero titolo a pronunciarsi su un farmaco, sostituendosi agli scienziati. Una serie di esperienze, dal caso Stamina al metodo Di Bella alla vicenda Xylella, dimostrano i danni prodotti nelle aule dei tribunali.

Ma nessuna delle decisioni di un’autorità amministrativa, «anche le più delicate come quelle sull’utilizzo di farmaci off label», può essere sottratta al sindacato del giudice amministrativo «sul corretto esercizio della discrezionalità tecnica». Questo è un altro dei principi che la pronuncia ribadisce.

È la Costituzione a prevedere che «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti» e che tale tutela «non può essere esclusa o limitata (…) per determinate categorie di atti» (art. 113, c. 2). È uno dei fondamenti dell’ordinamento.

La Costituzione si può cambiare. Ma oggi i magistrati, investiti da un ricorso, non potrebbero astenersi dal giudicare, cedendo il passo alla “superiorità” delle scelte di una qualche autorità.

Le decisioni dei tribunali sono criticabili, e la pronuncia di merito potrebbe ribaltare quella assunta in sede cautelare. Ma attenzione a ritenere al di sopra della giustizia e, quindi, della legge, chi eserciti un potere amministrativo – inclusa un’autorità sanitaria – lasciando così sprovvisti di tutela giurisdizionale diritti anche garantiti costituzionalmente. Potrebbe essere una deriva pericolosa.

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