- Più ci esponiamo ai media, televisivi e social, più radicalizziamo le nostre posizioni.
- Pro e contro: che si tratti di Covid-19 o di Ucraina o di riarmo dell’Europa. Ed è paradossale, perché il paradigma binario non consente il pluralismo di cui l’informazione ha bisogno.
- E infatti, chi oggi parla più di contagiati in terapia intensiva o nuove povertà? Tutto è scomparso. C’è solo la guerra.
Più ci esponiamo ai media, televisivi e social, più radicalizziamo le nostre posizioni. Lo abbiamo abbondantemente sperimentato con la pandemia, con il vaccino, con il green pass; con l’elezione del presidente della Repubblica. E lo viviamo oggi, da quando è cominciato l’attacco di Vladimir Putin all’Ucraina.
In tutti questi casi, i media hanno spettacolarizzato facili dualismi e poco informato. Pro e contro: che si tratti di Covid-19 o di Ucraina o di riarmo dell’Europa. Ed è paradossale, perché il paradigma binario non consente il pluralismo di cui l’informazione ha bisogno. E infatti, chi oggi parla più di contagiati in terapia intensiva o nuove povertà? Tutto è scomparso. C’è solo la guerra.
Il paradigma della logica binaria ammette una sola direzione di marcia. Un fatto estremo per volta. E come ogni approccio monotematico tende a estremizzare. Crea un ambiente retorico che non lascia (non deve lasciare) spazio al dubbio; che non favorisce un’analisi degli eventi, ma solo reazioni emotive a quegli eventi che trangugiamo come fossero vino buono; che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione.
Le opinioni che sono confezionate dal rullo compressore del paradigma binario si impongono a noi come fatti granitici e oggettivi – impermeabili al giudizio critico. In questo clima si promuove non la conoscenza degli eventi ma una religiosa adesione.
Non si facilita la simpatetica disposizione verso le sofferenze umane, ma si alimenta l’emozione unidirezionale pro/contro, come se fossimo tutti noi sul campo di battaglia. Come ci proteggiamo da questa guerra di emozioni? Come davanti a un fascio di luce abbagliante che non consente zone d’ombra, cerchiamo refrigerio nel distacco dalle fonti di opinione.
Andiamo sull’Aventino, ci ritiriamo. Spegnere la televisione, staccare la spina dei social per rientrare in noi stessi, come a ritrovare la nostra mente; fuori del bailamme del vero/falso che i media ci propinano. Per non cadere nella trappola di stare in guerra, anche noi.
Una guerra che genera mostri – come quando un’università decide di sospendere un corso di letteratura su Dostoevskij o un’orchestra di estromettere orchestrali russi, e via di seguito con un’escalation di posizioni fideistiche tanto radicali quanto assurde ed effimere.
La logica binaria, che non è buona consigliera, ammalia tutti, anche i governanti, attratti da decisioni estreme, senza troppo ponderare le conseguenze che avranno nel vicino futuro, quando si dovrà governare la pace.
Ci sarebbe bisogno di un ragionare saggio e prudente, ché di estremismo ce n’è già in abbondanza nella guerra guerreggiata.
© Riproduzione riservata