Negli Usa gli elettori aumentano, da noi crollano. L’Italia è l’unico grande paese europeo che non ha un meccanismo per votare a distanza. Alle europee c’è stata una sperimentazione solo per gli studenti: ora cresce la coalizione di categorie che chiedono il voto per i fuorisede, ma la legge delega è immobile al Senato
Sono più di 82 milioni gli elettori americani che hanno votato per posta o si sono recati alle urne in anticipo. Se eravamo abituati a considerare gli Stati Uniti un paese a bassa partecipazione elettorale al contrario dell’Italia, nell’ultimo decennio le tendenze si sono invertite: mentre in America gli elettori aumentano, da noi crollano. Sono molte le ragioni che alimentano l’astensionismo (o che, viceversa, fanno crescere la partecipazione) ma balza agli occhi una differenza strutturale tra Stati Uniti e Italia: Oltreoceano esistono modalità di voto che azzerano, potenzialmente, l’astensionismo involontario.
Anomalia italiana
L’Italia, invece, rimane l’unico grande paese europeo a non aver ancora introdotto misure che consentano il voto a distanza (ad eccezione del voto per corrispondenza degli italiani all’estero). In Spagna c’è il voto postale; in Francia il voto per delega; in Danimarca il voto anticipato in seggi speciali. Misure che consentono di conciliare la partecipazione elettorale con il profilo molto più mobile e precario delle nostre società: oggi si studia lontano da casa; si trovano impieghi temporanei a centinaia di chilometri dal luogo di residenza; si svolgono professioni che obbligano a frequenti trasferte, spesso anche nel fine settimana. Le nostre società sono cambiate, ma in Italia non è cambiato il modo in cui poter esprimere il voto: sempre e solo recandosi al seggio nel luogo di residenza, ad eccezione di poche categorie come i militari e i pazienti ospedalieri.
Da tempo il Comitato Iovotofuorisede, The Good Lobby, la rete Voto sano da lontano supportati da Will Media si battono per avere una legge che garantisca anche in Italia il voto a distanza. Anche perché il fenomeno ha assunto proporzioni assai consistenti: se l’Istat stimava in circa cinque milioni i lavoratori e studenti fuorisede, i numeri aumentano considerando anche le persone non autosufficienti, i loro caregiver e tutti quei lavoratori in trasferta nel periodo elettorale (questo vale particolarmente per tutto il settore dello spettacolo e dello sport). Si tratta di più del 12 per cento dell’elettorato, una percentuale non esattamente irrilevante e trascurabile.
Dopo presidi nelle piazze e nei principali atenei, un’incursione al Festival di Sanremo, decine di migliaia di firme raccolte online e molti incontri con deputati e senatori, alle ultime elezioni europee siamo riusciti a ottenere un provvedimento temporaneo che ha consentito agli studenti universitari fuori sede di votare a distanza.
La sperimentazione ha ottenuto risultati incoraggianti: oltre 24mila studenti ne hanno approfittato (circa l’8 per cento degli aventi diritto), spesso esercitando per la prima volta il loro diritto di voto. Un dato in linea con la «prima volta» dei paesi che hanno introdotto nuove modalità di partecipazione e, soprattutto, che deve tener conto del pochissimo tempo che gli studenti hanno avuto per conoscere e usufruire del voto anticipato. Un risultato ottenuto grazie all’impegno trasversale delle forze politiche ma voluto particolarmente da Fratelli d’Italia.
Le misure ancora attese
Dopo quella sperimentazione, però, non è stato fatto alcun nuovo passo avanti: la legge che delega il governo a intervenire è da mesi ferma al Senato e l’esito del voto fuorisede, che ha premiato i partiti progressisti, sembra aver spaventato la maggioranza. Sebbene non ci sia alcun dato che dimostri che rendendo finalmente strutturale la misura ed estendendola anche ai lavoratori, i risultati premierebbero le forze di opposizione. I dati, ovviamente, sarebbero in linea con i trend politici nazionali. Con l’aggiunta che il coraggio di introdurre un provvedimento atteso da molti avrebbe comunque i suoi effetti.
Questa lunga attesa ha avuto una sua prima (positiva) conseguenza: far crescere i partecipanti alla coalizione per il voto fuorisede, a cui ora aderiscono lavoratori, sportivi, rappresentanti delle persone non autosufficienti. Proprio perché la partecipazione elettorale deve essere un diritto di tutti i cittadini, non potremo mai accettare che solo chi ha i soldi, il tempo, la salute per recarsi al seggio il giorno delle elezioni possa esprimere le proprie preferenze politiche.
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