La manifestazione convocata dal leghista per il 4 novembre, festa delle Forze armate. Il generale Camporini: «Idea improvvida e contaminazione impropria». Il generale Fioravanti: poca attenzione per i soldati all’estero. E, dopo l’avviso della premier e la diffida del nipote di Oriana Fallaci, il ministro potrebbe essere criticato dal collega Crosetto
Nell’ultima versione della card, la scritta “per la Difesa” si è rimpicciolita. In quella precedente, “per la Difesa” era a caratteri cubitali, seguita da (piccoli piccoli) «dell’Occidente, dei diritti, della sicurezza, della pace, della libertà», con il faccione di Matteo Salvini accanto. È l’effetto grafico dei malumori che si appuntano sulla manifestazione di domani pomeriggio a Milano, a Largo Cairoli, voluta dal vicepremier in qualità di segretario della Lega nel giorno della Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate.
Giovedì sono cambiate le dimensioni del carattere. Prima avevano ballato le parole d’ordine: all’inizio erano la «difesa della civiltà occidentale», e la «rabbia e l’orgoglio», titolo del saggio di Oriana Fallaci, la quale, aveva detto Salvini, «sarà il nostro manifesto».
Però il 25 ottobre Giorgia Meloni alle camere ha scandito chiaro: «L’Italia ha un ruolo di ponte tra Europa e Mediterraneo» che deve servire «a impedire che si cada nella trappola dello scontro tra civiltà. Messaggio all’indirizzo del leghista, che aveva appena annunciato l’intento di rispondere alle piazze “pro Palestina”. Tra l’altro quello pronunciato da Meloni è il cuore della linea estera e di difesa del governo nella crisi del Medio Oriente: e lì raccoglieva il suggerimento di Elisabetta Belloni, la direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Non è la linea di Salvini. Che poi ha dovuto anche sbianchettare il riferimento a Oriana Fallaci: gli è arrivata la diffida legale del nipote della scrittrice, Edoardo Perazzi, a utilizzare il nome della zia.
La Difesa, quella vera
Ma in realtà i primi a storcere il naso sono stati i veri titolari della difesa, i militari. Che dopo il caso Vannacci, cioè la composta ma inflessibile reazione del ministro Crosetto davanti a un «generale che sbaglia», stanno attenti a non uscire dal seminato. Eppure è stato proprio un generale, sebbene a riposo, il primo a dare voce al disappunto. Maurizio Fioravanti, già comandante della Folgore in Libano e capo delle forze speciali italiane.
«Un’idea quasi folle», ha detto a botta calda a L’Aria che tira (La7) apprendendo dell’iniziativa convocata proprio nel giorno delle Forze armate, «abbiamo contingenti in Libano, in Libia, in Niger, in Iraq, in Kosovo, in Bosnia, tutti paesi in cui la presenza musulmana è elevatissima» per cui la manifestazione «rappresenta un pericolo per tutto il personale italiano».
Il generale ha poi raccontato a Domani che dopo quella uscita «mi hanno chiamato in tanti colleghi per darmi ragione. È la prima volta nella vita che mi concedo una considerazione un po’ fuori dalla stretta valutazione militare. Ma perché quando si ha personale fuori dai confini nazionali, una parola fuori posto può scatenare reazioni. Mai generalizzare: anche perché è quello che gli integralisti vogliono, trasformare tutto in una guerra santa».
Ci sono anche altre obiezioni: quella di Salvini è «un’iniziativa improvvida fatta per motivi di politica interna. Ma questo è un giudizio politico del signor Camporini». Solo che il “signor Camporini” è il generale Vincenzo, anche lui a riposo ma dopo essere stato capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e della Difesa. Indire una manifestazione partitica il giorno della festa delle Forze armate, dice, «è una contaminazione impropria. Le forze armate sono fedeli e leali esecutrici delle direttive del governo, utilizzare la festa per una manifestazione di parte non è elegante». Tanto più che il titolare della festa, il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha praticamente azzerato tutte le celebrazioni.
Camporini gli dà ragione: «Evitiamo di offrire a chi avesse cattive intenzioni l’opportunità per gesti eclatanti». Il generale Domenico Rossi, già sottosegretario alla Difesa e ora consulente di Crosetto, non entra nel merito politico, ma certo «la festa delle Forze armate è sacra». Domani a Milano Largo Cairoli sarà blindato, anche per evitare che la manifestazione degli «occidentalisti» venga in contatto con il puntuale contro-corteo (il movimento nonviolento invece festeggia in giro per l’Italia la «giornata del lutto»). E non c’è un bel clima, dopo la comparsa a via Libia di minacce di morte contro Salvini.
Invece Crosetto
Invece il ministro Crosetto ha fatto una scelta serissima: quest’anno il 4 novembre doveva essere celebrato in grande spolvero, con la consueta esposizione di elicotteri e carri armati al Circo Massimo di Roma, e poi un appuntamento istituzionale alla Nuvola. E invece il ministro ha deciso di ridurre al minimo le ostentazioni della festa, dove accorrono famiglie con bambini. Ufficialmente per questioni di livelli di sicurezza, ovviamente, come sta succedendo in tutta Europa. Ma in questo caso anche per quello che al ministero chiamano «contegno, responsabilità e decoro», tenuto conto appunto delle quotidiane notizie delle vittime in Medio Oriente. Resta naturalmente la deposizione della corona alla tomba del milite ignoto da parte del presidente Mattarella, e la cerimonia ufficiale che quest’anno si svolgerà a Cagliari, sempre alla presenza del capo dello stato. Lì Crosetto parlerà. E se sulla piazza del collega Salvini si è ben guardato da fare nessun commento, c’è da scommettere che da Cagliari ripeterà la sua convinzione: «No a allo scontro di civiltà, bisogna impedire che l’attacco barbaro di Hamas e la reazione di Israele scatenino una nuova battaglia di Lepanto».
Dalle opposizioni neanche a dirlo, tutti contro Salvini, al netto della solidarietà per le minacce di morte. La scelta del 4 novembre per una manifestazione in difesa della civiltà occidentale è «imbarazzante», secondo Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione difesa della Camera, «ed ormai è così su tutto, dalla politica estera alla finanziaria a quella di difesa: il governo è diviso su tutto». E infatti, spiega Enrico Borghi, capogruppo Azione-Iv al senato e membro del Copasir, alla fine l’iniziativa milanese, se tutto va bene – e cioè se non finisce in qualche tensione di piazza – sarà un problema solo per la maggioranza: «È un attacco a Giorgia Meloni, che a differenza sua sta sta sulla linea del presidente Usa Biden e e del suo
segretario di Stato Blinken. Ed è problema politico non banale, visto che invece la Lega sta sulle posizioni di Vox, Afd, Le Pen. Poi non parliamo dell’opportunità e della sicurezza. La preoccupazione di un vicepremier dovrebbe essere quella opposta allo scontro della civilità: e cioè non versare benzina sul fuoco».
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