Caro direttore,
ci speravamo davvero, nella pandemia, che il mondo avesse capito la lezione: non siamo i padroni del mondo, e per sopravvivere dobbiamo proteggere ed accudire tutta la vita - umana, non umana, del pianeta. Ricordate? «Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema».
Da allora, molto è cambiato. Ma in peggio. Il collasso climatico prosegue, e colpisce duro comunità e territori. La guerra è tornata in Europa e la guerra mondiale a pezzetti rischia di diventare totale e nucleare, mentre la diseguaglianza sociale cresce a livelli mostruosi.
La scena politica nel mondo è piena di destra reazionaria, di autocrazie, di nazionalismi aggressivi, di democrazie svuotate. La destra estrema prova l’assalto del Parlamento Europeo nelle prossime elezioni.
A questo ci ha portato il neoliberismo: la frustrazione, la solitudine, la paura nutrono il consenso ad ideologie che offrono al disagio sociale facili capri espiatori - i migranti, i più poveri, le minoranze, la libertà delle donne e di genere.
La reazione occidentale ed europea alla guerra in Ucraina è stata, e continua ad essere, un gigantesco regalo al pensiero reazionario. Invece che mettere in campo tutta la forza della nostra Costituzione e del diritto internazionale, tutta la potenza della della diplomazia, tutto il valore dei principi democratici, si è scelto di consegnare la narrazione europea ed italiana al militarismo guerriero.
L’obiettivo non è fermare la guerra, ma la vittoria militare. Il paese invaso deve vincere, a costo del sacrificio totale, invece che essere protetto dalla distruzione. Armarsi fino ai denti torna un dovere assoluto, mentre non si trovano i soldi per le spese sociali e per mettere in sicurezza il territorio.
Non c’è uno straccio di politica europea indipendente. Siamo nelle mani della Nato, che usa l’Europa e l’Ucraina come pedine nel suo gioco. Dopo le guerre per la democrazia, siamo passati alla guerra per la libertà. Ma nessuno si fa scrupoli a usare, per i propri fini, autocrati in tutto il mondo - dalla Turchia alla Tunisia.
Il militarismo porta con sé la chiusura degli spazi democratici. Anche in Europa si restringe lo spazio civico, che consente i diritti di associazione e manifestazione. I corpi intermedi - associazioni, sindacati, movimenti - sono sempre più umiliati e vessati. Ma senza i corpi intermedi, che organizzano il potere popolare, non c’è democrazia reale.
E allora è proprio vero: pace, democrazia, diritti delle persone e del pianeta sono legati a triplo filo. E da solo non si salva nessuno, davvero.
C’è solo un modo per dimostrarlo: far convergere lotte, bisogni, desideri in un fronte comune. Creare un riferimento visibile, che restituisca la speranza di cambiare le cose, che faccia tornare alla nostra gente la voglia di alzare la testa e di lottare insieme.
Bisogna dimostrare che esistono tutti gli elementi per comporre un forte progetto pubblico di un’altra società, una società che curi le persone e il mondo con la pace, con la giustizia climatica e sociale.
È il disegno iscritto nella nostra Costituzione e nel diritto internazionale, a cui chiunque - politica e istituzioni per primi - dovrebbe sentirsi vincolato.
Il governo Meloni, a un anno dal suo insediamento, va in direzione opposta e contraria: ogni giorno produce ulteriore diseguaglianza, frammentazione e contrapposizione sociale. L’autonomia differenziata e il presidenzialismo aggraverebbero tutti questi problemi e spaccherebbero in modo irreversibile la nostra società.
Nel nostro paese esiste un numero infinito di pratiche sociali e culturali di prossimità che sostengono i diritti delle persone e della natura e, così facendo, dimostrano che si può vivere in pace e con giustizia. Ma contano niente in politica, e sono frammentate in mille rivoli. Bisogna che le tessere di questo mosaico compongano un disegno leggibile, e che insieme si diano forza e potere.
Il 7 ottobre ci proviamo. Ed è solo l’inizio. Il potere è nell’unione, e la cura è rivoluzione.
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