Una legge sulla cittadinanza è urgente e necessaria, si può fare in poche settimane. Ma non di questo si parla, purtroppo. I distinguo di Forza Italia e le reazioni della Lega sono il segno che è cominciato il logoramento della maggioranza
Il ballo del Gattopardo è finito, ha detto Claudia Cardinale commentando la scomparsa di Alain Delon, quello della politica italiana invece continua. È vagamente surreale leggere in alcuni commenti di Forza Italia come di un partito di centro che guarda verso sinistra, proprio mentre si celebra il settantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi (19 agosto 1954).
Fu lo statista trentino a parlare della Democrazia cristiana come di «un partito di centro che cammina verso sinistra», era il 17 aprile 1948, la vigilia di un voto epocale. De Gasperi e la Dc alzarono la diga anti-comunista, ma restarono al tempo stesso anti-fascisti radicali. Per sventare il progetto di un listone con le destre per il Campidoglio, l'operazione Sturzo, De Gasperi arrivò a disubbidire al papa: «Qualora la Dc si apparentasse con le destre si disintegrerebbe il centro», disse all'emissario pontificio monsignor Pietro Pavan, come ha ricostruito Andrea Riccardi. E Pio XII per dispetto rifiutò di accordagli udienza per i trent'anni di matrimonio e la professione dei voti della figlia Lucia.
La storia di Forza Italia si identifica invece con il centrodestra dal 1993, quando - a proposito di Campidoglio - Silvio Berlusconi disse che come sindaco di Roma avrebbe scelto Gianfranco Fini segretario del Msi. E un mese fa Forza Italia ha accettato che Fratelli d'Italia e Lega nel Parlamento europeo votassero contro la riconferma della presidente della Commissione Ursula von der Leyen senza mettere in discussione la maggioranza di governo. Difficile che lo faccia ora sullo ius scholae. Come ha scritto Igiaba Scego sulla Stampa, sulla nuova legge di cittadinanza la politica è in ritardo di decenni. Quando la Costituzione afferma all'articolo 3 che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti e rimuove gli ostacoli dell'uguaglianza tra le persone, parla anche di milioni di persone che vivono, studiano, lavorano in Italia senza essere cittadini italiani. Nel 2017 il Pd accettò di far malinconicamente calare il sipario sulla legislatura senza mettere in votazione lo ius soli. Nel 2009, d'accordo con la Lega, Berlusconi isolò Fini, presidente della Camera, che voleva allargare le regole sulla cittadinanza. All'epoca andava di moda citare Mario Balotelli, oggi Paola Egonu, ma la verità è che in quindici anni non si è fatto nulla. Hanno vinto i Vannacci d'Italia. Una legge sulla cittadinanza è urgente e necessaria, si può fare in poche settimane. Ma non di questo si parla, purtroppo. I distinguo di Forza Italia e le reazioni della Lega sono il segno che è cominciato il logoramento della maggioranza, in vista di nuove rese dei conti o di prossime spartizioni di poltrone, il piatto forte del confronto tra Meloni e Salvini.
Il tentativo di cambiare agenda denunciando complotti e cospirazioni contro Arianna Meloni appartiene allo stesso capitolo. Il governo non si impantana perché c'è una congiura contro la sorella della premier, ma perché gli alleati vanno in ordine sparso sui dossier più delicati. Ma c'è di più, come dimostra questa domenica la lettera di Giuseppe Conte al Corriere della Sera sullo ius scholae, aperturista con Forza Italia e polemica con la sinistra e soprattutto con il Pd che vogliono lo ius soli «senza il necessario consenso parlamentare»: a prenderla per buona si potrebbe concludere che sullo ius scholae c'è un asse Conte - Forza Italia - Azione. Per uno schieramento ampio e trasversale è partita la manovra per provare a mettere in crisi il nuovo bipolarismo uscito dai risultati dalle elezioni europee, fondato su Fratelli d'Italia e sul Pd, sulle leadership di Giorgia Meloni e di Elly Schlein.
Ogni occasione sarà buona. E su ogni occasione si manifesteranno alleanze inedite e sorprendenti, almeno a parole. Perché poi, al momento del voto, come si vedrà alle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna, Umbria e Liguria, non ci sono alternative all'attuale bipolarismo. Il più rapido a capirlo è stato Matteo Renzi. Alla fine dell'estate di cinque anni fa uscì dal Pd per fondare Italia Viva, nell'estate di due anni fa si candidò con il Terzo Polo, quattro mesi fa prevedeva la perdita della segreteria per Schlein in caso di sconfitta alle comunali di Firenze, oggi corre a farsi invitare alle feste dell'Unità. Trattandosi di un esperto di patti del Nazareno, va preso sul serio. Il ballo continua.
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