- Il Wwf ha lanciato una raccolta di firme per chiedere al governo l’urgente e totale fuoriuscita del nostro paese dalla dipendenza dalle forniture russe.
- Il Wwf suggerisce al governo di passare in tre anni dai 33 GW di rinnovabili eoliche e fotovoltaiche installati a 60 GW di potenza.
- Aerogeneratori alti più di grattacieli di cinquanta piani non spuntano come fiori di campo ma richiedono, a monte, un massiccio impiego di energia.
Il Wwf ha lanciato una raccolta di firme per chiedere al governo l’urgente e totale fuoriuscita del nostro paese dalla dipendenza dalle forniture russe, ottenibile, ad avviso dei suoi esperti, grazie all’aumento esponenziale delle cosiddette Fer (fonti rinnovabili), costi quel che costi.
Il Wwf suggerisce al governo di passare in tre anni dai 33 GW di rinnovabili eoliche e fotovoltaiche installati (che coprono il fabbisogno globale fino al 3,5 per cento, con fortissime oscillazioni, tamponate dal ricorso sussidiario ai combustibili fossili) a 60 GW di potenza, cosa che causerebbe una contrazione della dipendenza dal gas del 20 per cento e una intermittente copertura del fabbisogno pari al 10 per cento.
Per una fuoriuscita completa da qualunque tipo di fonte fossile, bisognerebbe installare tra i 350 e i 600 ulteriori GW.
La realtà è più complessa e contraddice i troppo superficiali ottimismi: per ottenere la messa in rete dell’attuale il 3,5 per cento di energia dal vento e dal sole sono stati già spesi, sottraendoli agli italiani attraverso le bollette, 240 miliardi di euro. Lascio agli economisti calcolare quanto ci verrebbe a costare il gigantesco passo successivo.
Inoltre, aerogeneratori alti più di grattacieli di cinquanta piani non spuntano come fiori di campo ma richiedono, a monte, un massiccio impiego di energia. Per fabbricare ogni singola pala eolica occorrono 900 tonnellate di acciaio, 2500 tonnellate di calcestruzzo, 45 tonnellate di plastica non riciclabile.
Per costruire e mettere in opera i milioni di aerogeneratori necessari a coprire il 50 per cento del fabbisogno mondiale di energia elettrica (ipotesi ad oggi fantascientifica), dovremmo cominciare con l’usare circa due miliardi di tonnellate di carbone e due miliardi di barili di petrolio.
Senza contare l’energia da fonti fossili necessaria per aprire le strade su cui dovranno passare i tir carichi delle pale, i costi energetici dei trasporti via nave (la stragrande maggioranza delle pale proviene dalla Cina), i costi delle scavatrici e dei movimenti di terra, per le nuove e capillari reti di collegamento e così via.
Dopo quanti anni di attività una pala sarà in grado di ripagarsi in termini di consumi energetici? La sua vita produttiva, però, è di appena vent’anni.
La successiva rottamazione causa problemi anche sul versante di ulteriori sprechi energetici, con costi vertiginosi. Se a questa rottamazione si aggiungesse quella analoga dei pannelli fotovoltaici la valanga dei rifiuti supererebbe, del doppio, a livello mondiale, la quantità degli attuali rifiuti derivati dalla plastica.
Non dissento dal Wwf solo perché ha nascosto al pubblico questi “dettagli”. Lo incolpo di aver dimenticato la sua vera vocazione ambientalistica, evitando di sottolineare i danni drammatici che lo tsunami delle energie prodotte attraverso il sole e il vento, nelle spropositate proporzioni auspicate dai suoi esperti, causerebbe ai paesaggi identitari italiani, alla cultura che in essi si radica, all’economia del turismo, alla biodiversità.
Ci indichi la dirigenza odierna del Wwf dove impiantare altri cinquantamila aerogeneratori sulle dorsali di una penisola notoriamente scarsa di venti adatti, scavalcando le obiezioni delle popolazioni coinvolte, massacrando ogni superstite valore paesaggistico e senza realistiche contropartite a livello planetario.
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