Negli ultimi tempi sta prendendo piede una nuova categoria sociale, quasi una moda, il fascismo degli antifascisti. Sembrerebbe un ossimoro – nessuno si sognerebbe, al contrario, di dare del comunista a Renzi, Berlusconi o Meloni – eppure dietro questo gioco di parole si nasconde un obiettivo sempre più chiaro: denigrare l’antifascismo, trasformarlo in un’accezione negativa.

La conferma viene dalle parole della ministra Eugenia Roccella dopo la contestazione subita al salone del libro di Torino. «La definizione è di Pasolini e il primo ad applicarla ai fatti di Torino è stato Matteo Renzi». Vero, Renzi, intervistato da Carlo Bertini per La Stampa, ha detto che quello che è successo «è un atto di fascismo degli antifascisti, come avrebbe detto Pasolini». Lo hanno affermato in due, con sicurezza, per non dire con sicumera e persino con iattanza. Roccella: «La definizione è di Pasolini»; Renzi: «Come avrebbe detto Pasolini». In sostanza, si fanno scudo con Pasolini. Da dove nasce tanta sicurezza? Avanzo un’ipotesi: nel 2018 è stato messo in rete da Garzanti un librino di Pier Paolo Pasolini dal titolo Il fascismo degli antifascisti. Il libro è scaricabile gratis in rete. Probabilmente i due hanno visto il titolo, è parso loro molto seducente e l’hanno utilizzato come una clava, per non dire manganello dato l’argomento, contro gli antifascisti senza aver letto il libro. Anzi, senza neanche aver letto la nota al testo dove è scritto: «Il titolo Il fascismo degli antifascisti è quello utilizzato in Scritti corsari per l’articolo originariamente apparso sul Corriere della sera come Apriamo un dibattito sul caso Pannella».

La nota è esplicitamente chiara: il titolo è posteriore e diverso rispetto al titolo originario anche se a me appare incomprensibile dato che il testo di Pasolini parlava d’altro. Titolo e contenuto dell’articolo fanno a pugni. Appare incomprensibile, ma solo a prima vista perché in realtà è comprensibilissimo a chi conosca il vezzo di Pasolini che certo non era nuovo a provocazioni fulminanti. Ad esempio, quando attribuiva la schiacciante vittoria al referendum sul divorzio al solo Pannella senza tener conto minimamente della forza numerica ed organizzativa del Pci che, con tutti i tentennamenti iniziali dovuti alla necessità di mantenere un buon rapporto con il Vaticano e i cattolici che pure erano una componente rilevante di quel partito, mise a disposizione della battaglia referendaria tutta la sua forza e l’impegno dei suoi militanti, a partire dalle donne che fecero una straordinaria campagna nelle piazze e casa per casa. Io ricordo molto bene quella battaglia perché come dirigente del Pci di Catanzaro facemmo, assieme a tutti gli iscritti e militanti, la nostra parte. Ma se ne potrebbero citare tante altre di provocazioni che Pasolini amava fare.

L’articolo con il titolo Il fascismo degli antifascisti che, ripeto, originariamente e in modo corretto era Apriamo un dibattito sul caso Pannella, parla proprio di Pannella e del suo lungo sciopero della fame che aveva superato i settanta giorni e perciò, scrisse Pasolini, «i medici cominciano a essere veramente preoccupati e, più ancora, spaventati». Se la ministra Roccella avesse letto l’articolo forse si sarebbe ricordata dei suoi trascorsi radicali oramai relegati nel dimenticatoio.

Perché Pannella fece quello sciopero della fame? Lo sciopero era una forma di protesta, tipica e usuale di Pannella, per protestare contro la protervia della Rai che non voleva occuparsi e dare spazio ai temi della campagna per divorzio, riforma del diritto di famiglia, voto ai diciottenni.

Addirittura – scrisse Pasolini – Pannella voleva «la garanzia che fosse presa in considerazione dalla commissione sanità della Camera la proposta di legge socialista sulla legalizzazione dell’aborto». Pensate un po’ che pretese aveva! Pannella si sentiva escluso – e lo era – dal potere del tempo che usava la TV per oscurare le richieste sue e del suo partito.

Sinonimo di comunista

Faccio una parentesi. Basta dare un’occhiata alla TV meloniana per comprendere come certe cose in Italia si ripetono sempre uguali e sempre peggio. Ci vorrebbe un nuovo Pannella per scuotere coscienze addormentate davanti ad una macroscopica mancanza di informazione. I TG sono tutti uguali e Meloni ha sostituito Salvini nelle presenze in video.

È, per così dire, in cielo, in terra e in ogni luogo “dell’orbe terraqueo” come direbbe Giorgia Meloni. Non mi si venga a dire che così hanno fatto tutti. Ammettiamo che così abbiano fatto tutti; ma se la destra ha vinto le elezioni dicendo di voler cambiare e poi ha fatto come gli altri ha ingannato chi l’ha votata. Chiusa parentesi. Dunque, Pasolini ragiona per tutto l’articolo di Pannella e delle battaglie dei radicali italiani.

È singolare che una ministra e un ex presidente del Consiglio facciano politica utilizzando un titolo di un articolo che parla d’altro. È un uso strumentale di un titolo. Ma penso che ci sia dell’altro in questa virulente insistenza sul fascismo degli antifascisti. C’è, prima di tutto, il tentativo di equiparare, di mettere sullo stesso piano, fascismo e antifascismo, come se non ci fossero differenze tra l’uno e l’altro.

Cattivo e violento era l’uno, cattivo e violento è l’altro. Se hanno sbagliato i fascisti hanno sbagliato anche gli antifascisti. Pari e patta. Sembra di essere tornati alle elementari quando giochini simili erano molto frequenti. In realtà è in atto un tentativo di rielaborare, inventandolo, quello che è accaduto in Italia nel ventennio fascista e durante gli anni della Resistenza.

I tempi sono cambiati e ha ragione Aldo Cazzullo a dire che «il pasoliniano “fascismo degli antifascisti” citato pure da Renzi non c’entra nulla» ed ha ancora più ragione quando scrive che «ormai si parla di “antifascisti” come se fossero una setta, un corpo estraneo alla società, un gruppo di retrogradi fanatici che non hanno capito come va il mondo; mentre l’antifascismo dovrebbe essere un’ovvietà e insieme un patrimonio prezioso e comune, come l’aria e l’acqua».

La storia dell’antifascismo è una storia gloriosa. Ha dato all’Italia la liberazione dal nazifascismo e la Costituzione. E nessuno può cancellare questi fatti. Che sia in atto un’operazione politica è evidente e lo dimostra un’affermazione fatta da Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio che nella pagine romane del Corriere della Sera dice: «Non posso associarmi all’antifascismo fascista che mi ha portato via un amico». Non cita Pasolini, ma la sostanza non cambia. Se ci pensate bene, hanno sostituito il termine comunista con quello di antifascista.

Oramai l’anticomunismo ha fatto il suo tempo e ha dato tutti i suoi frutti; adesso è il tempo dell’anti-antifascismo. Preparatevi: mi sbaglierò, ma tra un po’ ci sarà l’anti-antimafia. Un’ultima notazione: dire fascismo degli antifascisti o antifascismo fascista vuol dire dare uno stigma, una connotazione molto negativa, sprezzante e violenta del fascismo inteso come un regime di violenza e di prevaricazione. La ministra Roccella ha avvertito di ciò la presidente del Consiglio e il presidente del Senato?

 

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