- Il governo non cadrà sull’aumento delle spese militari. Il leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte ha provato a cavalcare il malessere diffuso contro la guerra per risalire nei sondaggi, Draghi ha drammatizzato la polemica per mandare un messaggio a tutti i partiti della maggioranza.
- I due governi Conte hanno quindi varato aumenti di spesa per la difesa del 7 e del 7.2 per cento, la prima legge di Bilancio del governo Draghi, votata anche dai Cinque stelle, ha previsto un ulteriore aumento del 5.6 per cento nel 2022.
- Vogliamo tutti più sicurezza, se qualcuno pensa che questa derivi da una maggiore spesa militare deve dimostrarlo, non metterlo in premessa.
Il governo non cadrà sull’aumento delle spese militari. Il leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte ha provato a cavalcare il malessere diffuso contro la guerra per risalire nei sondaggi, il premier Mario Draghi ha drammatizzato la polemica per mandare un messaggio a tutti i partiti della maggioranza: non si fa campagna elettorale sulla legge di Bilancio, che inizia ora il suo percorso con il Documento di economia e finanza.
Questa micro-crisi è che ci ha rivelato quanto poco si discuta di un pezzo significativo della spesa pubblica, quella destinata alla difesa e quanto sia facile manipolare i dati, per esempio parlando di spesa in rapporto al Pil. Un governo controlla il numeratore (la spesa) ma non il denominatore (il Pil), e quindi le oscillazioni possono dipendere non da quanti soldi si mettono su carri armati e droni ma da come va la crescita, che tra 2020 e 2021 è stata falcidiata dal Covid.
Se guardiamo le spese finali del ministero della Difesa autorizzate dalle leggi di Bilancio in questa legislatura, vediamo che sono salite da 20.968,9 miliardi del 2018 a 21.432,2 nel 2019 a 22.941,8 nel 2020 poi 24.5832,2 nel 2021 e 25.956,1 nel 2022.
I due governi Conte hanno quindi varato aumenti di spesa per la difesa del 7 e del 7.2 per cento, la prima legge di Bilancio del governo Draghi, votata anche dai Cinque stelle, ha previsto un ulteriore aumento del 5.6 per cento nel 2022 e riduzioni dell’1.8 e del 2 per cento nei 2023 e 2024. Che titolo ha Conte per proclamarsi pacifista?
Ora si parla di un aumento fino a 38 miliardi, ma la polemica di Conte non è sul “se” aumentare la spesa ma “in quanto tempo”.
E invece bisognerebbe discutere le premesse di questo ragionamento e le sue conseguenze. Nel 1957 i paesi fondatori della Comunità europea spendevano il 4 per cento del Pil per la difesa, poi sono scesi sotto il 2: certo, si sono appoggiati agli Stati Uniti, certo ma anche nel 1957 la Guerra fredda c’era già da oltre un decennio. Il punto è che il progetto europeo voleva costruire un ordine internazionale fondato sulle istituzioni, non sulla deterrenza, e ha funzionato.
Lo sanno anche quegli europeisti che ora cavalcano il riarmo nella convinzione che Vladimir Putin abbia offerto l’occasione di compattare l’Ue su difesa e politica estera così come il quasi-default della Greca nel 2009 ha spinto all’unione bancaria e la pandemia all’emissione di debito comune nel 2021.
In questo il cinismo degli europeisti non è diverso da quello delle lobby della difesa che vogliono usare Putin e l’Ucraina per accelerare commesse miliardarie (fino a un mese fa le priorità erano salute e transizione ecologica).
Vogliamo tutti più sicurezza, se qualcuno pensa che questa derivi da una maggiore spesa militare deve dimostrarlo, non metterlo in premessa.
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