Dopo il forte messaggio di papa Francesco all’apertura dell’anno giubilare dedicato alla speranza, stasera aspettiamo i convenzionali saluti di fine anno, e in primis il discorso del nostro Capo dello stato.

Non sappiamo da quali riflessioni muoverà, abbiamo ascoltato in tutto questo anno la sua quotidiana pedagogia costituzionale. Eppure, alla fine di questo anno 2024, il ragionamento sulle attuali condizioni del paese deve fare, ci sembra, di un salto di qualità, deve abbandonare le letture ordinarie della dialettica politica, pena non riuscire a seguire il salto logico che è in corso nel dibattito politico italiano. Il salto è una presa d’atto necessaria alla fine del secondo anno di governo della presidente del consiglio nonché presidente di Fratelli d’Italia: il melonismo non è un movimento politico, è la malattia di una società in decomposizione.

Questa valutazione grave, ne siamo consapevoli, cambia i termini del dibattito e, vedremo, anche del necessario atteggiamento delle opposizioni: perché tutto il sistema dei partiti politici e delle istituzioni nazionali e delle entità sovranazionali, dall’Italia all’Unione dunque, è incardinato sul fatto che in Italia è al governo un movimento politico, che ha un suo estremismo, ma anche una sua storia e una sua evoluzione, e che dunque ha la legittimità di appartenere a un sistema politico tradizionale e ordinato.

Aggiungiamo che da decenni il populismo gonfia partiti diversi, dal Movimento Cinque stelle alla Lega a – oggi – Fratelli d’Italia. Dunque siamo tentati di considerare ormai questo fenomeno come fisiologico alle società occidentali moderne e in particolare della nostra. 

Ma non è così: questa parte in Italia oggi assume proporzioni enormi perché sommando la destra di governo agli astenuti raggiunge e supera il 50 per cento del paese. Non si tratta di un partito che si è gonfiato e dunque si sgonfierà, lasciando il posto al prossimo movimento populista.

II ragionamento parte da lontano. Non aver affrontato trent’anni fa la crisi degli stati democratici in Occidente, ha prodotto la decomposizione della capacità di guida delle forze politiche dell'epoca. Questo, principalmente, ha portato alla nascita dei populismi. Ma ora il populismo senza controllo ha prodotto la malattia.

Il melonismo nasce da un salto populistico di Fratelli d’Italia, ma oggi non è un movimento populista, è piuttosto la malattia di un movimento populista che a suo tempo non è stato sufficientemente valutato e combattuto.

La non coscienza di questo processo è un errore e una rimozione. In Italia nasce da un clima generale di decomposizione del sistema politico ordinato. Un clima che in Italia oggi è aggravato dal fatto che a essere intaccate sono le istituzioni centrali di governo. Mentre in altri paesi europei le destre populiste non sono al potere, per ora, in Italia invece dalla posizione di governo e di potere, questa destra rischia di portare modifiche irreversibili alle istituzioni perché assume il carattere di agente del nuovo ordine.

La sinistra non si illuda

C’è una responsabilità delle opposizioni. Ed è lo sfuggire alla responsabilità di un coraggioso atto di denuncia di quello che si va diffondendo all'interno dello Stato. Inutile convincersi che si tratti di una forza, sebbene della destra radicale, appartenente alla dialettica politica ordinaria. Sfuggire a questa responsabilità è rinviare una resa dei conti: che si sta realizzando per conto suo.

Aspettiamo il messaggio al paese del presidente della Repubblica. Ma siamo convinti che chiunque voglia fare una valutazione di ciò che è avvenuto in quest’anno che finisce deve partire dalla denuncia dello stato di salute attuale delle nostre istituzioni. Altrimenti il rischio è che i richiami agli ordinamenti in disgregazione diventino solo l’espressione di ultimi desideri.

Le stesse esortazioni alla Costituzione rischiano di essere fuori tempo quando ormai la Costituzione di fatto è stata intaccata da questa malattia. Il Capo dello Stato nei suoi messaggi precedenti ci ha parlato delle virtù a cui bisogna tendere, e dei principi della Costituzione a cui tornare: ma non è con un'esortazione che possono essere modificati i rapporti strutturali delle istituzioni indebolite. Il cui stato di salute è grave. La decadenza delle istituzioni porta alla decadenza dello stato democratico.

La politica nazionale non è più in condizioni di autosanarsi. Serve un appello sul piano sovranazionale. Anche le istituzioni europee non se la passano bene, ma la differenza rispetto all’Italia è che in altri paesi le destre populiste non sono alla guida dei governi. In Italia siamo, al momento, il modello alla rovescia delle democrazie occidentali. E questo ci trasforma, anziché nel governo leader di un bilanciamento del trumpismo, nel suo apripista. 

Il modello alla rovescia

Anche perché, al netto delle diverse dimensioni, fra il melonismo e il trumpismo ci sono molte similitudini. Entrambi non sono un movimento politico, ma malattie delle democrazie già indebolite dal populismo. 

Tutto questo in un quadro internazionale sempre più grave: divampano nuovi focolai di guerra, si estendono quelli esistenti. Nel Medio Oriente si stanno ponendo le basi al prolungamento della nuova fase dell’età della guerra. Il 2024 è stato l’anno dell’annuncio definitivo che si è aperta una nuova età della guerra nel mondo.

L’opposizione non si illuda di imboccare la semplice via della critica, né di blandire la premier chiedendole di mediare al suo interno:  il morbo per sua natura non tratta, la guarigione non arriverà con un miracoloso e pietoso intervento di Padre Pio. Fratelli d’Italia non ha imboccato la via sbagliata della demolizione della Costituzione: ha imboccato la via per cui è nato. Il tema non è chi è il segretario del Pd, o la segretaria, né e se è più o meno efficace per una fase ordinaria della vita democratica del paese: la verità è che l’opposizione più importante, più organizzata, più presente nel territorio, quella che ha una classe dirigente diffusa nel paese, continua a non vedere il salto di qualità in corso. Il melonismo sta intaccando i poteri di controllo interno delle democrazie, dall’informazione ai bilanciamenti costituzionali. Tutto si affievolisce. Quando finirà, non ci restituirà la Repubblica italiana, non potrebbe farlo: se riuscisse nell’intento, l’intento è quello demolirla.

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