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Il problema del Pd non è il partito in sé, la sua esistenza o il fatto di essere l’unica presenza significativa a sinistra.
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Il problema del Pd è l’attaccamento del suo apparato ad equilibri interni che non si vogliono assolutamente cambiare.
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Ora pare che Elly Schlein sia candidata alla segreteria ma le correnti che sarebbero in procinto di sostenerla già tingono di vecchio la sua designazione.
Le primarie ormai fanno male alla sinistra. Quando qualcuno nel Pd le invoca è solo per bloccare aperture (di qualunque tipo), concentrando lo sforzo solo sull’apparato interno. Le primarie di coalizione fanno la medesima fine.
Quando furono inventate erano una forma di apertura; ora lo sono di chiusura. Il problema del Pd non è il partito in sé, la sua esistenza o il fatto di essere l’unica presenza significativa a sinistra.
Il problema del Pd è l’attaccamento del suo apparato ad equilibri interni che non si vogliono assolutamente cambiare.
E’ comprensibile che tale apparato non ceda finché ha (almeno un po’) i voti ma ciò rischia di portare ad un lento declino. Ci vuole un salto vero e non apparente.
Ora pare che Elly Schlein sia candidata alla segreteria ma le correnti che sarebbero in procinto di sostenerla già tingono di vecchio la sua designazione.
Sarà una Elly dimezzata che non avrà la libertà di manovra auspicata e dovrà comporre con il solito apparato anche perché non ha una corrente sua. Non pare proprio un’ipotesi da “coraggiosa” malgrado ogni retorica.
Analogamente in Lombardia per bloccare l’ipotesi Letizia Moratti si invocano le primarie: è solo un ulteriore prova che l’apparato non vuole nemmeno prendere in considerazione un’ipotetica novità.
Al di là di ciò che si potrebbe ragionevolmente pensare (Moratti è l’unica che in Lombardia può sconfiggere la destra) la cosa che scandalizza è che nel Pd milanese e lombardo non se ne vuole nemmeno discutere, né all’interno né con lei.
Questo non è politica, è burocrazia spaventata e a Roma i vertici nazionali reagiscono allo stesso impulso.
Il Pd vuole ancor fare politica o risponde soltanto a stimoli di sopravvivenza (dell’apparato)? Finché sarà così, lascerà buone possibilità alle navi corsare che lo attaccano, come Carlo Calenda, abile nel movimento a tutto campo sullo scacchiere politico, colpendo continuamente di ultimatum (che poi sono dei penultimatum).
Alla fin fine il tema del Pd è la mancanza di coraggio politico. Enrico Letta ha provato ad uscire dallo schema con il dialogo.
Anche Matteo Renzi ci ha provato, a modo suo scuotendo l’albero. Da sempre ci prova Goffredo Bettini. Ma il risultato è sotto gli occhi di tutti: i vecchi apparatchik non si sono spostati di una virgola.
Le primarie hanno un senso se c’è un partito grande all’interno del quale vi sono varie sensibilità anche molto distanti fra loro, come tra i democratici americani.
Nel Pd italiano tali sensibilità vengono continuamente assimilate nel vecchio schema o escluse. Intendiamoci: è anche colpa della debolezza degli apporti esterni, ma come i borg di star trek il Pd assimila senza produrre nulla di nuovo,almeno per ora.
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