Le elezioni europee arrivano a un tornante decisivo della storia. Il bivio fra la pace e la guerra, la riforma dell’economia per evitare la catastrofe climatica e ridurre le disuguaglianze, il governo delle nuove tecnologie, per ancorarle ai diritti. Su ciascuno di questi enormi problemi l’Italia da sola, come ogni singolo stato europeo, è quasi impotente.

L’Europa invece potrebbe fare molto, in teoria. Ma com’è messa di fronte a queste sfide? Nelle regole per le nuove tecnologie ci sono stati progressi, proprio grazie al parlamento europeo. Su tutto il resto, però, l’Unione appare afona, perché timida e contraddittoria, priva com’è di una politica estera comune e di una politica economica e industriale efficace, oltre che condivisa.

Il punto è che per affrontare queste sfide l’Unione europea avrebbe bisogno di ripensare profondamente sé stessa, di superare l’attuale assetto confederale basato sul primato degli stati nazione per trovarne uno compiutamente (e finalmente) federale, dove a primeggiare siano le istituzioni comuni. E la più importante di queste istituzioni comuni è il parlamento europeo.

Questo è il primo motivo per cui queste elezioni sono importanti e per cui occorre, innanzitutto, andare a votare. Per dare al parlamento comune un mandato forte, popolare, per dargli tutta l’autorevolezza di cui avrà bisogno.

Il parlamento europeo è stato, in questi anni, l’organo che più di tutti ha spinto per mettere in campo politiche progressiste, sui diritti civili e per la difesa della democrazia, per la lotta alle disuguaglianze e per investimenti comuni nell’ambiente, per regolare le nuove tecnologie ancorandole ai diritti; o per cambiare registro nella politica economica, ad esempio, contribuendo a vincere la resistenza dei falchi di fronte al Pnrr, per superare l’austerity.

L’autorevolezza del parlamento europeo è la migliore garanzia che i cittadini, noi tutti, possiamo avere, per sperare di migliorare l’Europa. È da qui che si passa.

Un’Europa più solidale

Ma perché effettivamente sia così, occorre poi in concreto votare per quelle forze che si impegneranno davvero, nel futuro parlamento, per cambiare l’Europa.

Per un’Europa più solidale, e coesa, che sia diversa dal passato e anche da quello che hanno in mente molti singoli governi (a partire dal nostro). Insomma non solo più Europa: ma un’Europa che investa nella lotta alle disuguaglianze, nell’ambiente, nella riforma dell’economia, nella difesa dei diritti civili e della democrazia.

Questo è quello che propongono con più coerenza soprattutto i partiti legati al socialismo europeo (come il Pd), ai Verdi e, con contraddizioni per residui di nazionalismo, alla sinistra radicale (come Avs). Altri, come le formazioni centriste, vogliono sì più Europa ma sono anche in grande maggioranza per proseguire l’austerity, fallimentare e ormai inadeguata.

Sia chiaro che questa politica progressista è anche nell’interesse dell’Italia. Anzi: è soprattutto nell’interesse dell’Italia. Noi siamo il paese con il più alto debito dell’Unione e, quindi, quello che più ha bisogno della solidarietà europea. Siamo il paese che più beneficerebbe di investimenti europei nell’energia e nella conversione ecologica (e sì, anche di regole stringenti per non sprecarli), di una politica europea per la lotta alle disuguaglianze (ad esempio con una tassazione comune sui grandi profitti e le grandi ricchezze), o sui migranti; proprio noi, in Italia, abbiamo bisogno che l’Europa si erga a garante dei diritti civili e della democrazia liberale; e anche di investimenti comuni nella difesa, dato che in questo campo una politica comune consentirebbe di risparmiare ingenti risorse, spendendo alla fine di meno e non di più.

Proprio per noi italiani, invece, dare forza ai nazionalisti sarebbe una scelta suicida. Eppure c’è questo rischio. C’è il rischio che proprio dall’Italia provenga la spinta decisiva per includere in una nuova maggioranza le forze più nazionaliste: quelle che hanno votato contro il Pnrr e che, in nome di un malinteso “sovranismo”, manterrebbero l’Europa divisa e ininfluente (salvo forse che nel campo militare).

Per questo il futuro dell’Europa passa anche da quello che succederà nelle urne italiane. E dal futuro dell’Europa dipende inevitabilmente il destino dell’Italia. Occorre innanzitutto andare a votare. E bisogna farlo consapevoli che solo le forze che vogliono una maggiore integrazione europea, e un’Europa progressista che investa nella lotta alle disuguaglianze, e nella difesa nell’ambiente e dei diritti, si battono davvero per l’interesse dell’Italia.

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