Giorgia Meloni insiste sul presidenzialismo condendolo con assicurazioni di moderazione. Lo associa alla stabilità ordinata (ma la riforma non sarebbe un maquillage). Molti commentatori si sono allineati: il presidenzialismo è democratico, dicono, attaccarlo è un inutile vezzo degli oppositori che sono i veri radicali! I social fanno eco a questa retorica e voilà: la proposta di presidenzialismo penetra nell’opinione con l’esito sperato che non muoverà le piazze come in passato.

Meloni realizzerebbe un piano di antica data, in un tempo nel quale le energie contrarie si sono consumate, anche a causa di periodici governi tecnici e di parlamenti inetti (a causa di pessimi sistemi elettorali). Dovremmo tranquillizzarci? No. Soffermiamoci sulle motivazioni del presidenzialismo. Nel passato, era la “governabilità” oggi è la stabilità disciplinata. Dice Meloni: un presidente eletto direttamente dal popolo darebbe stabilità al paese. “Basta elezioni anticipate!” Il piedistallo sul quale viene eretto il presidenzialismo è l’antiparlamentarismo.

L’antiparlamentarismo

L’antiparlamentarismo è innestato nella destra missina. Giorgio Almirante (autore di due volumi, Processo al parlamento del 1969 e Processo alla Repubblica del 1980) attaccava in egual misura “partitocrazia” e parlamento, «il sistema costituzionale nato ufficialmente in Italia con il primo gennaio ’48, cioè con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana».

A esso opponeva il presidenzialismo. Il mito di Charles de Gaulle conquistò del resto anche diversi democristiani e socialisti. La proposta di Meloni non è quindi un lampo a ciel sereno. E si comprende come Matteo Renzi si allinei, quasi a lenire la sua sconfitta del 2016. L’argomento meloniano della stabilità è un trucco. Il presidenzialismo coinciderebbe con un presidente espresso dalla maggioranza, con due conseguenze destabilizzanti: uno scivolamento fuori della democrazia deliberativa; la trasformazione del presidente in un’istituzione di una parte.

Dopo il plebiscito

L’esito sarebbe la fine della presidenza come istituzione rappresentativa di tutti, e l’incremento di conflittualità politica. La stabilita sarebbe in effetti il dominio della maggioranza. È il principio del comando che ispira la proposta di Meloni. Scriveva Alexis de Tocqueville che la democrazia è un permanente processo collettivo di discussione e decisione che corregge sé stessa senza posa. La democrazia si corregge con più non con meno democrazia.

Certo, il presidente sarebbe eletto dal popolo. Ma dopo il plebiscito, il governo si allontanerebbe dal popolo, diventando un affare del capo e del suo esecutivo, salvo riassicurare gli elettori con una permanente propaganda. Si deve diffidare di un presidenzialismo che deprime il sistema parlamentare; che toglie potere ai cittadini per darlo a uno o ai pochi; che rende tutte le istituzioni espressione diretta della maggioranza, quale che sia.

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