Lo strumento antico della petizione rinasce in forma digitale, come stiamo vivendo con il tema del salario minimo. Era stato superato dall’intermediazione democratica, dal ruolo di partiti, sindacati, associazioni civili. Ma ora il suo ritorno offre la possibilità di unire i cittadini dissociati
Come avevano promesso all’uscita dall’incontro a palazzo Chigi con la premier e il suo governo, le opposizioni hanno lanciato una petizione a sostegno della proposta di legge sul salario minimo. Immediata la risposta dei cittadini, che hanno preso d’assalto il sito salariominimosubito.it tanto da mandarlo in tilt per qualche ora. Che cosa è la petizione e perché può essere molto importante?
Uno strumento antico
La petizione è uno strumento antico, riattivato da pochi anni grazie ai nuovi mezzi di comunicazione. È nata prima della democrazia, per riparare un’ingiustizia subita. Uno dei primi esempi proviene dalla Repubblica di Venezia dove circa alla metà del tredicesimo secolo, un tribunale riconobbe i diritti dei creditori nei confronti dei debitori insolventi.
Le petizioni hanno avuto lo scopo non di mettere in discussione un sistema di potere ma di rendere giustizia. Furono numerosissime nelle colonie britanniche del nord America e in quelle spagnole del centro e sud del nuovo continente.
La petizione portava con se due ingredienti fondamentali per la democrazia a venire: in primo luogo, esaltava il momento della voce chiedendo che una rivendicazione venisse “ascoltata” da chi deteneva il potere e dall’opinione pubblica (ha creato di fatto un pubblico); in secondo luogo, creava un’opposizione, tanto che si potrebbe dire che l’idea di un’opposizione legittima sia storicamente nata con la petizione.
La contestazione aperta, piuttosto che il risentimento segreto, è intrinsecamente democratica e suggerisce la possibilità di un progetto consapevole di autogoverno.
Quindi, nonostante non metta in discussione il sistema, la petizione mette in moto un processo di rivendicazione – o di rappresentazione nel senso più ampio del “dare voce” – che definisce alcune persone in contrasto con altre. I firmatari sono unificati attraverso la loro petizione, in opposizione a coloro da cui si attendono una risposta concreta.
Ecco la peculiarità della petizione: nasce con una richiesta specifica e crea un soggetto collettivo. Diventa una sfida a chi governa; una dimostrazione di forza democratica che sta nell’unione dei firmatari (il numero di firme).
Mediazione nuova
La nascita e il consolidamento della democrazia dei partiti hanno fatto deperire questo strumento: i partiti, i sindacati, le associazioni civili hanno preso il posto delle petizioni. Il ritorno della petizione mette quindi in luce un deficit nelle democrazie rappresentative, senza dubbio la debolezza dei corpi politici intermedi, che non sanno tenere insieme società e istituzioni attraverso un progetto politico di governo e quindi un’idea di giustizia che leghi le varie rivendicazioni.
In fondo, anche chi onestamente critica la proposta del salario minimo perché sposta nella legge quel che dovrebbe restare nella contesa sociale e politica presume quel che non c’è più: un lavoro organizzato e dei corpi intermedi rappresentativi e forti. Il ritorno all’uso della petizione può significare che, nella democrazia disintermediata dell’audience, l’antica strategia della petizione potrebbe consentire di creare mediazione ovvero unire cittadini dissociati.
Certo, unisce intorno a un tema singolo (one issue) tuttavia offre ai partiti un’evidente opportunità: prima di tutto perché misura la quantità delle opinioni e in secondo luogo perché mostra che esiste una volontà associativa, al di là della specifica petizione. Come in passato così nel presente: la petizione può essere un inizio.
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