- Quando l’ideologia si scontra con la realtà di un fenomeno di portata globale, la posizione sovranista si rivela fragile.
- I partiti della destra francese, gli “amici” del governo italiano, rappresentano i suoi maggiori avversari.
- Di fronte a un fenomeno che può essere affrontato solo con strumenti comuni, il sovranismo può essere imbracciato con qualche successo solo da uno stato che agisca come un free rider, contando sulla disponibilità dei vicini a farsi carico del problema.
Non è facile fare i sovranisti a casa propria, quando i partiti sovranisti dettano l’agenda in tutti i paesi e l’Europa intera è rinserrata nella sua “fortezza”. Sembra questa l’evidenza che emerge dalla cronaca delle prime prove di fermezza del governo di Giorgia Meloni contro le imbarcazioni salvano naufraghi nel Mediterraneo.
L’opposizione all’immigrazione è il tema forte che unisce i partiti della destra radicale, che su questo terreno costruiscono gran parte del proprio consenso.
“Sovranità” significa, nel loro lessico, controllo autonomo dei confini esterni, opposizione alle regole europee di ripartizione degli oneri di accoglienza, subordinazione degli obblighi internazionali alle norme nazionali.
Tuttavia, quando i migranti in carne ed ossa si presentano alle frontiere, quando l’ideologia si scontra con la realtà di un fenomeno di portata globale, la posizione sovranista si rivela fragile, inservibile per costruire alleanze tra i fautori dell’«Europa delle nazioni», e nociva per i paesi più esposti agli ingressi.
In Italia, la linea dura del governo contro le navi delle Ong, intesa a bloccarle al largo delle coste italiane, è fallita nell’arco di una settimana. Meloni, ansiosa di non tradire il mandato di difendere a ogni costo delle frontiere, ha cercato un successo di immagine dirottando una delle imbarcazioni, la Ocean Viking, verso il porto francese di Tolone, contando sulla disponibilità «eccezionale» del presidente Emmanuel Macron. La mossa però si è rivelata un passo falso, che ha messo a rischio le relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Macron non può mostrarsi accomodante con la linea del governo Meloni, che contraddice il principio dell’impegno comune europeo, ma nemmeno può dare prova di eccessiva generosità nell’accoglienza, perché è pressato dai sovranisti all’interno.
Marine Le Pen ha infatti protestato parlando di un «drammatico segnale di lassismo». Dello stesso avviso Eric Zemmour, che ha visto nell’arrivo della nave al porto di Tolone un segnale di apertura ai trafficanti e un cedimento alla «sommersione migratoria».
In breve, i partiti della destra francese, gli “amici” del governo italiano, rappresentano i suoi maggiori avversari, quando si tratta di migranti.
Viktor Orbán, pronto a complimentarsi per le misure severe sugli sbarchi («Grazie Giorgia!»), è ben poco d’aiuto quando si tratta di redistribuire le responsabilità di accoglienza. E così i polacchi del Pis o gli spagnoli di Vox.
Di fronte a un fenomeno che può essere affrontato solo con strumenti comuni, di dimensione continentale, se non globale, il sovranismo può essere imbracciato con qualche successo solo da uno stato che agisca come un free rider, contando sulla disponibilità dei vicini a farsi carico del problema. Ma quando in troppi pretendono di fare lo stesso, resta solo l’esibizione impotente di un simulacro di sovranità.
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