C’è uno scenario che si sta profilando negli Stati Uniti, con echi presto avvertiti anche da noi: Donald Trump sta governando agli estremi della legalità e colpendo duramente gli avversari, di ieri e di oggi. Per cui è costretto a restare alla Casa Bianca. Meloni scommette su questo scenario, ma il rischio è alto
La politica ha questo di originale: l’originalità è spesso figlia dell’amnesia. Era solito dire Michael Walzer nelle sue lezioni, che la politica è un tentativo permanente di dare risposte giuste alle stesse questioni (giustizia, pace, guerra, libertà, autorità, ecc.); le risposte sono quasi sempre non proprio giuste e spesso ricalcano schemi che sembravano in disuso e di cui si è persa memoria.
Questa introduzione ci serve a commentare uno scenario che si sta profilando negli Stati Uniti, con echi presto avvertiti anche da noi. Questo è lo scenario: Donald Trump sta governando agli estremi della legalità e colpendo duramente gli avversari, di ieri e di oggi. Per cui è costretto a restare alla Casa Bianca.
Lo ha detto papale papale Steve Bannon alla stazione radiofonica Real America’s Voice: «Dio non voglia, se non vinciamo nel 2028, il presidente Trump finirà in prigione. Siamo in guerra. Se non capisci che siamo in guerra politica, non sei sveglio».
Pacifica alternanza
Lo scenario non è di fantapolitica ed è tutt’altro che ignoto ai politici, antichi e moderni. Le democrazie sono caratterizzate dalla pacifica alternanza al potere – da una maggioranza eletta a un’altra. Una delle ragioni, è che chi sta nel gioco politico non teme le conseguenze delle sconfitte: il lusso delle democrazie è che perdere non è pericoloso.
Ma questo “spirito di tranquillità” funziona se i giocatori stanno alle regole e, soprattutto, se governano rispettando i limiti costituzionali. Abbiamo visto in questi due mesi di seconda amministrazione Trump, che le costituzioni possono essere stiracchiate fino a un punto estremo di rottura. E anche se la rottura non dovesse avvenire, nella stiracchiatura, i diritti vengono così tanto umiliati e calpestati che chi ne soffre le conseguenze al momento giusto se ne ricorderà.
Avversari-nemici
Trump sta governando come i leader populisti e autoritari: usa il potere a sua personale discrezione, per premiare con favori gli amici e punire gli avversari. In effetti, la lista degli avversari-nemici si allunga ogni giorno; e forse non sono tutti disposti a dimenticare.
L’inquilino della Casa Bianca in due mesi ha puntato il dito inquisitore contro cinque importanti (e grossi) studi legali che hanno rappresentato suoi avversari politici o si sono impegnati in cause civili o penali contro di lui. Pochi di questi hanno scelto la strategia del muso duro; nella maggioranza dei casi hanno cercato di accondiscendere. Così ha fatto anche Columbia University.
Diceva Machiavelli, che le persone dimenticano facilmente il bene ricevuto, ma difficilmente le offese. L’eletto che sfodera mezzi vendicativi non ha per questo molta scelta: deve restare al potere. E così si stanno elucubrando scenari, per alcuni irrealistici, come per esempio quello per cui Trump potrebbe presentarsi come vice di un suo fedele (J.D. Vance?) alla corsa per la presidenza nel 2028 per poi farlo dimettere.
Ha detto recentemente Trump che ci sono vari «metodi» per fare cose. I costituzionalisti dubitano che un metodo sia quello di aggirare gli emendamenti 21 (che vieta a un presidente di competere come vicepresidente) e 22 (che vieta più di due mandati presidenziali). Alla domanda su quale «metodo» egli contempli, Trump ha escluso la violazione della costituzione. Però non ha escluso di pensare a un «metodo». Ora è troppo presto, ha detto, ma ha confessato che «gli piacerebbe lavorare ad un terzo mandato».
Il rischio per Meloni
Con questi chiari di luna, si comprende perché alcuni capi di stato si comportino come si sono comportati gli studi legali colpiti o Columbia: meglio tenersi Trump amico. Quindi, mentre alcuni, come i canadesi, vogliono entrare a muso duro nella guerra delle tariffe, altri pensano di ingraziarselo, come la nostra presidente del Consiglio, che sta scommettendo su un lungo periodo Trump (non le è oltretutto difficile, condividendo la stessa parte politica). E su questa scommessa preferisce distanziarsi dall’Unione europea e presentarsi come ponte sull’Atlantico.
Il suo metodo è, dunque, stare qui e là. Il messaggio lo ha dato a Trump nella sua intervista al Financial Times: è «infantile» scegliere con chi stare. Gli adulti sono trasformisti e stanno dove conviene. Il rischio, gigante, è che attaccandosi a una corda, benché ritenuta forte e “amica”, non si abbiano salvagenti se dovesse spezzarsi.
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