- «Ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone». Queste parole le ha scritte il 20enne Seid Visin, prima di togliersi la vita.
- Erano meglio, molto meglio le nostre nonne: anche davanti allo straniero restavano umane e materne. Siamo peggiorati: a quell’epoca, dopo la guerra e fino a qualche decennio fa, a nessuno sarebbe venuto in mente di picchiare un disabile per strada o schifare apertamente uno straniero.
- Dobbiamo dircelo senza relativizzare: siamo peggiori.
«Ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone». Queste parole pesanti come pietre le ha scritte Seid Visin, adottato da piccolo dall’Etiopia, tre anni fa. Due giorni fa si è tolto la vita e qualcuno le mette in relazione. Comunque sia sappiamo che il problema esiste: le sue parole contraddicono il film degli italiani brava gente. Contraddicono anche l’idea sovranista che una società chiusa e dell’autodifesa sia più sicura e giusta.
Non è così: per troppi anni abbiamo accettato la seminagione della zizzania dell’odio; ci siamo abituati a pensare che la minaccia veniva dall’esterno; ci siamo lamentati come se fossimo noi le uniche vittime.
Oggi ci ritroviamo una società più dura, insensibile, all’interno della quale nuotano i serpenti del razzismo. Impressionano “gli sguardi scettici, prevenuti, schifati”: non le parole –che pur ci sono- ma gli sguardi.
Questo significa che nel profondo dell’Italia qualcosa si è rotto. Erano meglio, molto meglio le nostre nonne: anche davanti allo straniero restavano umane e materne. Siamo peggiorati: a quell’epoca, dopo la guerra e fino a qualche decennio fa, a nessuno sarebbe venuto in mente di picchiare un disabile per strada, di insultare e tirare uova a un “ciccione” autistico, a sparare ai “neri” o a schifare apertamente uno straniero.
Dobbiamo dircelo senza relativizzare: siamo peggiori. Su molte cose siamo migliorati: ci sono meno omicidi di una volta, ad esempio. Ma in quanto a clima umano siamo decisamente peggiorati.
Ci giustifichiamo dicendo che avere i propri giudizi o pregiudizi non fa male agli altri. Invece no: fa male, fa molto male e Seid ce lo dice lucidamente. Certamente c’è una responsabilità delle destre che hanno manipolato politicamente la paura e il razzismo. Ma non è solo questo: tutti lo abbiamo in qualche modo accettato e tollerato. Tutti abbiamo pensato almeno una volta che gli immigrati erano troppi; tutti abbiamo consentito nel nostro vicino sguardi e pensieri razzisti e cattivi.
Una società incattivita si prepara al declino: questa è la vera crisi italiana che spiega quella economica. Forse una volta si sarebbe detto che tale declino avrebbe provocato violenza e alla fine la guerra. E’ ancora possibile che ciò accada: una società divisa e con pensieri di odio finisce sempre male, si auto-avvelena. Ma anche se la guerra –quella vera- non scoppierà, ci sarà certamente un’altra forma di conflitto diffuso che farà vivere peggio tutti. Nella sua lettera Seid racconta la mutazione della società italiana di questi anni, vissuta sulla sua pelle. Narra anche di come lui stesso ne sia stato contagiato. La vera pandemia italiana è lo scaricare le paure su capri espiatori, che siano immigrati, stranieri, rom o altro.
Così perdiamo la nostra identità, invece che rafforzarla. Leggendo le lettere dei nostri soldati dal fronte le troviamo più umane: durante la seconda guerra mondiale non parlavamo così nemmeno del nemico. Altroché andare a Kasteloritzo a celebrare l’anniversario dell’Oscar a Mediterraneo: non siamo più così. Siamo diventati antipatici e intossicati d’odio.
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